Dal 18 al 26 marzo, Milano è green e inclusiva con il Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina

L’edizione numero 32 del FESCAAAL ritorna nei cinema e nei luoghi culturali milanesi. Il film d’apertura sarà Under The Fig Trees.  

La locandina ufficiale della 32 ma edizione del Festival del Cinema Africano.

La presentazione alla stampa della 32ª edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina è avvenuta in uno dei simboli di rinascita culturale della città meneghina, il cinema Arlecchino di via S.Pietro all’Orto.

Le due direttrici artistiche Anna Maria Gallone e Alessandra Speciale, nel presentare il programma, le iniziative e le opere in concorso, hanno voluto sottolineare le profonde affinità del festival con una città multiculturale e multietnica come Milano. Numerosi i partner di grande sensibilità pronti a sostenerlo come Fondazione Prada, il Comune di Milano e collaboratori di spessore come La Civica Scuola di Cinema Visconti e l’Istituto Confucio.

Se il cuore del FESCAAAL si trova da sempre nella cinematografia vivace, giovane e vitale di 3 continenti, la tematica ambientale – dal cambiamento climatico allo sfruttamento delle risorse – da anni il suo impegno ecologista, non solo di facciata,  è diventato centrale con la tavola rotonda Afrika Talks, in collaborazione con Fondazione Edu.

“Il festival si ispira visivamente alla simbologia floreale del secolo scorso, dove la natura e la cultura sono da sempre un binomio inscindibile. E il Flower Power dei movimenti pacifisti dell’epoca sono, alla luce dei terribili eventi di questi mesi, ancora più attuali”.

Alessandra Speciale, Anna Maria Gallone e Tommaso Sacchi alla presentazione del 32 Festival del Cinema Africano. Foto: Silvia Levanti per MaSeDomani.

A proposito della selezione delle opere presenti al festival, Alessandra Speciale ha specificato di aver puntato sulla qualità più che sulla quantità: 43 è il numero medio dei film e 15 sono quelli diretti da donne.

“6 film sono opere prime: da sempre ci teniamo a scoprire nuovi talenti”

Se nella scorsa edizione le storie che raccontavano il mondo femminile erano molto in evidenza, il 2023 il discorso cinematografico tra i lungometraggi in concorso nella sezione FINESTRE SUL MONDO sembra essere quello più intimo, all’insegna della famiglia.

Da Tengo sueños electricos di Valentina Maurel, con protagonista una figlia adolescente che deve interagire con un padre artista e psichiatricamente poco equilibrato a Joyland di Saim Sadiq in cui una famiglia molto tradizionale pakistana si scontra con l’amore tra il figlio più giovane e un’artista transessuale.

“Nuclei famigliari non rassicuranti o edificanti ma ben più complicati, segnati da disagi e oppressioni patriarcali”

Il film d’apertura, che si terrà il 19 Marzo alla Fondazione Prada è il tunisino Under The Fig Trees (Il frutto della tarda estate) diretto da Erige Sehiri, che ha debuttato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2022. Un’opera di grande rilievo che coglie la lezione di Éric Rohmer. Il semplice racconto di finzione di una giornata, dall’alba al tramonto, dei lavoranti in un frutteto, serve a mettere a fuoco una pluralità di tematiche. Dai conflitti generazionali ai diritti negati dei lavoratori fino alle voci più belle e spontanee, quelle di giovani donne che parlano di amore, che flirtano, che cercano di farsi rispettare da uomini vili e confusi, divisi tra un passato di sopraffazione e un futuro che si spera equo.

Ulteriori opere visive da non perdere sono racconti di attualità come Le spectre de Boko Haram di Cyrielle Raingou, in cui la regista è riuscita a parlare con i bambini del Nord del Camerun, di come vivano oramai nella loro quotidianità lo spettro del terrorismo.

“Un film puro, senza correzione di colore”

Nella sezione concorso EXTR’A troviamo N’en parlons plus di Cecile Khindria e Vittorio Moroni, un documento inedito che parla degli Harki, combattenti algerini che affiancarono i francesi durante la guerra d’Algeria. Disprezzati dal loro popolo perché visti come traditori, furono portati in Francia per proteggerli ma confinati in veri e propri ghetti. Da quel momento, nessuno di tale gruppo etnoculturale ha più parlato, raccontato il proprio punto di vista. I due registi sono riusciti a raccogliere la loro testimonianza.

Il film di chiusura, l’iraniano Leila’s Brothers, presente nella sezione FLESH, è il racconto di una contrastata emancipazione femminile. Leila, 40 anni, non è sposata, non ha figli e si è sempre occupata dei genitori e dei fratelli. Quando decide di prendere in mano la sua vita e avviare un’attività commerciale, incontrerà l’ostilità del padre e di tutta la famiglia. Ancora una volta, il nucleo famigliare diventa l’incipit cinematografico per raccontare il futuro di intere generazioni.

Il Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, come ha spiegato l’Assessore alla cultura Tommaso Sacchi, è l’antidoto a rimanere seduti sul divano. È la cura, dopo la pandemia, per ritrovare l’amore per il grande schermo.

Lunga vita al Cinema in sala. E ai Festival.

Silvia Levanti


LA SIGLA UFFICIALE DEL FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO 32

Si ringrazia l’ufficio stampa.

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