Recensione di Tár, il film candidato a 6 premi Oscar solo al cinema dal 9 febbraio 2023.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Todd Field
CAST: Cate Blanchett, Noémie Merlant, Nina Hoss, Julian Glover, Allan Corduner
DURATA: 158 minuti
USCITA: giovedì 9 febbraio 2023
DISTRIBUZIONE: Universal Pictures
RECENSIONE
Lydia Tár è la prima donna di sempre a dirigere l’orchestra dei Berliner Philharmoniker. Il palco crolla quando si ritrova al centro di polemiche sull’abuso di potere esercitato nel proprio ruolo e sulla richiesta di favori sessuali fatta a delle dipendenti in cambio di riconoscimenti professionali. Dopo il suicidio di una sua ex assistente, Krysta, cominciano inoltre a circolare prove e video compromettenti, probabilmente diffusi da membri del suo stesso staff.
Presentato in Concorso all’ultima alla Mostra del cinema di Venezia (dove Cate Blanchett ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile) e candidato a 6 Premi Oscar, Tár è una sorta di “mokumentary biopic”, una biografia del tutto inventata che però sembra a tutti gli effetti vera, tanto che alla fine del film in tanti si ritroveranno a cercare la scheda wikipedia di Lydia Tár.
Tár non è solo un finto biopic, è un thriller che affronta la tematica attualissima dell’abuso di potere, solo ed esclusivamente dal punto di vista del carnefice. Il regista pone lo spettatore come davanti a un telegiornale super partes: è lo spettatore a dover compiere una scelta, decidendo se separare sfera privata da sfera pubblica, personaggio privato e professione, oppure no. Field non tiene per sé la verità o presunta tale, fornendo solo un punto di vista: siamo noi a dover valutare se Lydia sia un’artista geniale o una narcisista manipolatrice. O entrambe le cose. Vogliamo discernere l’artista dalla donna? Lo abbiamo fatto con Woody Allen, per fare un esempio fra i molti? O andando ancora più indietro nel tempo: lo abbiamo fatto con Bach? È doveroso farlo?
Field, dal canto suo, mette in campo elementi a favore della difesa, ed elementi a favore dell’accusa, anche se in realtà la sua scelta l’ha fatta, perché decidere di affidare il ruolo dell’abusatore a una donna omosessuale è già di per sé una scelta, che indubbiamente farà discutere.
C’è una frase, meravigliosa e tragicamente verissima, che recita: i sudditi spesso sono più realisti dei reali. Ecco dunque che Lydia Tár finisce per incarnare un uomo mancato che mette in atto tutti quei meccanismi che rappresentano il patriarcato. Lei infatti usa la sua posizione privilegiata per avere e fornire benefit e favoritismi, manipolando persone più fragili, mentendo per mantenere quell’aurea di perfezione. Tar si fa chiamare “maestro”, “padre”, è minacciosa, bugiarda, narcisista, arrogante e vendicativa. Dittatoriale. È il dio del suo mondo, e tutti stanno alle sue regole, fino a quando la doccia fredda della morte non spezza questa comune dissociazione.
Il film però – che è elegante, sontuoso, rigoroso, tecnicamente perfetto – alla fine sembra confondere due piani: la predazione sessuale e la malattia mentale.
Ed è un peccato, perché così facendo perde la possibilità di analizzare il tema preponderante (quello, appunto, dell’abuso di potere) non come il sintomo di una malattia mentale, ma come la conseguenza di un accumulo di potere e di mancanza di empatia che è la piaga della nostra società. Si potrebbe poi pensare che il fatto di aver messo nel ruolo del predatore una donna, possa essere in realtà un tentativo di liberare gli uomini da una responsabilità, come dire: non siamo solo noi i mostri. Insomma, il film potrebbe non sembrare davvero una riflessione neutrale sull’argomento, ma in realtà credo che la risposta sia proprio in quella frase sopra citata: i sudditi spesso sono più realisti dei reali.
Un cast in stato di grazia – dove Cate Blachett veste i panni di Lydia Tar come il migliore degli abiti fatti su misura – supportata da Noémie Merlant, che interpreta la sua assistente, e Nina Hoss, la sua compagna, entrambe in due ruoli bellissimi di esempi femminili positivi.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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