Recensione di Pinocchio, il film di Guillermo del Toro e Mark Gustafson al cinema dal 4 dicembre 2022.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Guillermo del Toro e Mark Gustafson
CAST: Ewan McGregor (Il Grillo), David Bradley (Geppetto), Gregory Mann (Pinocchio e Carlo)
DURATA: 117 min.
USCITA: domenica 4 dicembre 2022 (al cinema) | 9 dicembre (in streaming)
DISTRIBUZIONE: Netflix
RECENSIONE
Il regista premio Oscar® Guillermo del Toro e il premiato genio della stop-motion Mark Gustafson reinterpretano l’iconica storia di Carlo Collodi facendo intraprendere al leggendario burattino di legno una serie di avventure bizzarre e fantastiche che spaziano tra vari mondi e rivelano il potere vitale dell’amore.
Fin da piccolo il visionario Guillermo del Toro nutre una profonda e spontanea passione per l’animazione e per la tecnica della stop-motion, e forse l’idea di realizzare la sua versione di Pinocchio gli gira in testa da tantissimi anni, da quando era un adolescente e già sognava di fare grandi cose nel mondo della Settima Arte.
Il Pinocchio di del Toro è inaspettato, sorprendente, struggente ma anche spensierato. Del Toro dona a Pinocchio – un personaggio che dopo tante reinterpretazioni e remake è facile ci sia venuto a noia – uno spessore maggiore, dando più importanza ai toni più cupi e agli aspetti più esistenziali del personaggio: il suo è un Pinocchio “Frankenstein”, sempre a metà, alla ricerca costante dell’approvazione altrui anche uccidendo la propria personalità (e uccidersi anche nel vero senso del termine), fino a comprendere la lezione più importante: abbiamo il diritto di essere amati per ciò che siamo.
Gioia e malinconia si intrecciano in questa opera d’arte che scalda il cuore, e che ha al centro il rapporto padre-figlio, affrontato per certi versi in un modo inedito, estremamente attuale e adatto tanti ai piccoli quanto ai grandi, impreziosito dal riuscire ad essere anche un musical (con la straordinaria voce di Ewan McGregor nei panni del Grillo Parlante).
Impossibile non citare questo passaggio che rappresenta il fulcro di tutto il film:
“Era chiaro per me che Pinocchio non si sarebbe mai dovuto trasformare in un bambino vero, né che tale trasformazione dovesse diventare un obiettivo a cui aspira senza mai raggiungerlo. Da bambino pensavo: Quindi per essere amati bisogna cambiare? Non riuscivo ad accettarlo.”
Qui risiede la bellezza di questa ultima fatica del regista messicano: non è solo una rivisitazione della fiaba classica, ma è molto di più. La riattualizzazione di un’idea, più complessa, sfaccettata, profonda e anche “sana” dal punto di vista dell’educazione sentimentale.
Il film è ambientato durante l’ascesa di Mussolini, un periodo dove molti si comportano come burattini e sanno solo obbedire: e il paradosso messo in scena da del Toro è che l’unico a disobbedire è proprio un burattino.
Siamo distanti dall’immagine disneyana di Pinocchio, che qui ha un aspetto incompleto, pieno di viti, bulloni e buchi, proprio come la sua personalità, che ancora si sta creando e definendo.
Nel cast anche Cate Blanchett che dà la voce a Spazzatura, la triste scimmietta di Volpe, personaggio nuovo nella fiaba, tragicamente perfetto per questi tempi, dove gli animali sono sempre più sfruttati e sempre più sarebbe bellissimo se si ribellassero, una volta per tutte.
Ed è il messaggio finale, insindacabile verità, a fare la forza di tutto il film: non si può chiedere a nessuno di essere qualcuno che non è, ma accettare le persone per quello che sono, luci e ombre. Non si cambia per amore, per amore si accetta.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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