I’M A CYBORG, BUT THAT’S OK: cortocircuiti esistenziali nella weird comedy di Park Chan-wook

Recensione di I’M A CYBORG, BUT THAT’S OK, il film firmato da Park Chan-wook in home video dal 28 luglio 2022.

La cover dell’edizione bluray di I’m a cyborg but that’s ok.

SCHEDA DEL FILM

TITOLO ORIGINALE: Ssa-i-bo-geu-ji-man-gwen-chan-a
REGIA: Park Chan-wook
CAST: Lim Soo-jung, Rain, Kim Byeong-Ok
DURATA: 107 min.
DATA DI USCITA HOME VIDEO: 28 luglio 2022
DISTRIBUZIONE HOME VIDEO: Koch Media / Midnight Factory


RECENSIONE

In seguito ad un trauma infantile, Young-goon (Lim Soo-jung, Two Sisters) si è convinta di essere un cyborg. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, la ragazza rifiuta così di nutrirsi, trascorrendo i suoi giorni dialogando unicamente con gli apparecchi elettrici che ha attorno.
L’incontro con un altro giovane paziente, il cleptomane Park Il-sun (Rain, Speed Racer), porterà la ragazza a ridiscutere la sua natura e le sue convinzioni trovando il modo di venire a patti, forse, anche con la realtà.

Are friends electric? si chiedeva Gary Numan una quarantina d’anni fa. La domanda, rivolta a se stessa, è quella della ventenne Young-goon protagonista della fantasiosa commedia “sul nido del cuculo” I’m a Cyborg, but that’s Ok diretta dal maestro coreano Park Chan-wook nel 2006 dopo quel Lady Vendetta che concludeva la sua leggendaria trilogia.

Rimasto fino a pochi giorni fa inedito in Italia ed ora disponibile nelle eleganti edizioni limited dvd e bluray di Koch Media / Midnight Factory, I’m a Cyborg but that’s Ok non è solo uno dei titoli più fantastici che si possano affibbiare a un film ma è anche un altro grande esperimento creativo del regista, in cui la sua visione iconoclasta di cinema ed antropologia viene messa al servizio di una comedy scatenata e colorata in bilico tra esistenzialismo, romanticismo ed esplorazione psichiatrica.

Le atmosfere tetre dei film precedenti lasciano il posto a quelle di un umoristico, surreale amore tra diversi che troveranno il modo non solo di cavarsela nonostante le tendenze antisociali ma anche di trovare il senso della propria esistenza. A ricondurre I’m a Cyborg, but that’s Ok al suo diabolico creatore c’è però un sottile ma pulsante strato di scenografica, onirica disperazione, quella della protagonista che eredita le psicosi da una famiglia arida e sfilacciata ed una società (orientale, ma non solo) che non cura ma lega ad un letto in un istituto isolato dagli occhi del mondo.

Park Chan-wook mette una spolverata di Gondry nel suo impasto e lo fa organicamente, il risultato è così un film d’impatto leggero ed estroso – con delle scene di spari che, seppur “immaginarie”, sguinzagliano il lato pulp dell’autore – che progressivamente si insinua in fessure più dark e riflessive.
Ma resta lo sguardo più speranzoso sull’essere umano e la sua resilienza di un regista che subito dopo tornerà nelle tenebre più profonde (con Thirst, tre anni dopo) e allora il cerchio non può che chiudersi nel delicato finale, che tende la mano a qualche visione luminosa: la reciproca comprensione che supera i dati di realtà, un’affezione contro tutte le probabilità, magari una piccola ricarica di felicità.

Luca Zanovello


TRAILER ORIGINALE

 

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