Recensione di TRE PIANI, l’ultimo film di Nanni Moretti al cinema dal 23 settembre 2021.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Nanni Moretti
CAST: Margherita Buy, Nanni Moretti, Elena Lietti, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher
DURATA: 119 min.
USCITA: giovedì 23 settembre 2021
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
RECENSIONE
Al primo piano di una palazzina vivono Lucio, Sara e la loro bambina, Francesca. Nell’appartamento accanto ci sono Giovanna e Renato, che spesso fanno da babysitter alla bambina. Al secondo piano vive Monica, alle prese con la prima esperienza di maternità. Dora è una giudice, come suo marito Vittorio. Abitano all’ultimo piano insieme al figlio di vent’anni, Andrea. Queste persone sono legate da un incidente che scatenerà una serie di conseguenze profondamente drammatiche.
C’è una prima volta anche per Nanni Moretti che, appunto, per la prima volta dirige un film che non ha ideato lui: il soggetto di questo suo tredicesimo lungometraggio è infatti tratto dal romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. La storia da Tel Aviv si sposta a Roma, e Nanni Moretti continua a percorrere la strada che il suo cinema ha intrapreso a partire da Mia madre.
Gli amanti del Moretti-Apicella saranno forse scontenti, ma il regista ormai ha abbandonato la verve polemica e la politica, per dedicarsi con tutto se stesso all’umanità, come già ha fatto in altre sue opere (da La stanza del figlio fino appunto al suo penultimo film).
Moretti si immerge in una storia corale, e tratta la colpa, il lutto, la responsabilità, il perdono. I personaggi sono figure che si muovono su uno sfondo confuso che non sembra avere uno schema ma che in realtà, proprio come in un condominio di tre piani, è stratificato. I personaggi si destreggiano – chi in punta di piedi, chi spaccando tutto – fra meschinità, egoismi, noncuranza.
Indagando diverse dicotomie (il rapporto genitori/figli, moglie/marito, casa/esterno, conosciuto/sconosciuto, detto/non detto, vero/falso, reale/immaginario), Moretti non fa sconti a nessuno: nessuno si salva in questo giro sulla ruota panoramica, chi perché non ama, chi perché ama troppo, chi perché non perdona, chi perché non chiede perdono. Se alla fine s’intravede uno spiraglio, è comunque una risoluzione amara.
La sostanza del film emoziona tantissimo: Nanni Moretti è asciutto, struggente senza mai cadere nel melodramma, gioca per sottrazione. Ogni scena è importante per lo sviluppo della trama, non c’è niente di superfluo (se non nella parte conclusiva, dove ogni sequenza potrebbe essere quella finale e invece si dilunga un po’ troppo in una serie di code).
È nei personaggi più rigidi che Moretti riesce ad essere più toccante, come ad esempio in quello del giudice, interpretato proprio da lui, dove le restrizioni tipiche di questo mestiere si incollano al personaggio dandogli uno spessore di ineluttabilità.
La debolezza del film risiede però in alcuni passaggi meccanici e scontati, in alcune battute di dialogo superficiali, in momenti che hanno tutto il sapore di un già visto che da Moretti non ci si aspetterebbe. C’è come una stanchezza di fondo, che sicuramente è la stanchezza dei personaggi, che non lascia che il film abbia il respiro di qualcosa di universale e unico.
Ma l’intento è intimo, e nobile, e vorrei citare proprio le parole del regista, che ci ricorda quanto sia importante non smettere mai di parlare di eredità:
“In un momento in cui si parla molto di cosa lasceremo ai nostri figli in termini ecologici, si parla poco di cosa lasceremo loro in termini etici e morali. Ogni gesto che noi compiamo anche nell’intimità delle nostre case ha conseguenze che si ripercuoteranno sulle generazioni future. Di questo ognuno di noi deve essere consapevole e responsabile: le nostre azioni sono quello che noi lasciamo in eredità a chi viene dopo di noi.
Questa storia racconta la nostra tendenza a condurre vite isolate, ad alienarci da una comunità che non solo non vediamo più, ma di cui pensiamo anche di poter fare a meno. Eppure le vicende di questi personaggi ci mostrano quanto tutti noi siamo coinvolti nello sforzo comune di sentirci parte di una collettività. Il film è un invito ad aprirsi al mondo esterno che riempie le nostre strade, fuori dalle nostre case. Ora sta a noi non rinchiuderci nuovamente nei nostri tre piani”.
Nella sequenza finale il regista mette in scena una danza solo da guardare – nessuno dei protagonisti del film vi partecipa: altro tema caro a Nanni, sentirsi sempre osservatore e non partecipante. Questa è proprio la conclusione perfetta per un film dove le persone hanno smesso di guardarsi intorno e hanno sottovalutato le conseguenze delle loro azioni.
Proprio come ha fatto Woody Allen in tutta la sua filmografia, Moretti ci ricorda quanto ogni nostra azione, dalla più evidente alla più insignificante, sia tragicamente collegata a quelle degli altri. Quanto – che si tratti di un condominio di tre piani o di un’intera comunità – sia importante connettersi anche agli altri, non solo a se stessi, e valutare sempre le conseguenze delle proprie azioni e delle proprie parole. Ma anche dei propri sospetti, delle proprie insinuazioni. Perché le parole sono importanti.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
Scrivi un commento