Recensione di A CLASSIC HORROR STORY il film di Roberto De Feo e Paolo Strippoli ora su Netflix.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Roberto De Feo e Paolo Strippoli
CAST: Matilda Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Will Merrick, Yuliia Sobol
DURATA: 95 min.
DATA DI USCITA (streaming): 14 luglio 2021
PIATTAFORMA: Netflix
RECENSIONE
Cinque sconosciuti si accordano per viaggiare insieme su di un camper e attraversare la Calabria per raggiungere una meta comune.
Si ritroveranno misteriosamente isolati in una foresta fitta dove svetta un’unica inquietante abitazione, teatro di macabri riti. La loro lotta per la sopravvivenza sarà sfiancante.
A partire dal titolo, questo film, originale e davvero ben confezionato, ha un non so che di auto ironico.
La scelta di usare la lingua anglofona sembra sia stata fatta quasi per compiacere un ideale spettatore abituato a denigrare il nostro cinema e ad elogiare, spesso senza motivo, quello d’oltre oceano.
L’aggettivo Classic poi, ci riporta ad un certo filone di film horror e, in effetti, a partire dal trailer e dalla trama, tutto sembra riportarci al tipico film di genere in cui tutto funziona come ci si aspetta.
L’inizio avventuroso stile road movie, l’abbozzo di introspezione psicologica dei personaggi, l’angoscia crescente, i suoni disturbanti, la scoperta della casa e di ciò che vi avviene.
La mossa intelligente e del tutto nuova dei due registi, sta proprio nel creare un universo perfetto che si autodistrugge, suggerendo al pubblico una chiave di lettura completamente inattesa.
Da una parte abbiamo dei riuscitissimi omaggi alla corrente di successo tutta italiana firmata Dario Argento e Mario Bava. Si pensi all’impeccabile fotografia (menzione speciale ai campi lunghi di natura incontaminata bella, ma spettrale), ai bei costumi, ma anche all’uso del sonoro che mixa abilmente suoni striduli o grotteschi, sirene disturbanti, a canzoni che fanno parte da sempre del nostro bagaglio culturale nazionale, come “Il Cielo in una Stanza” di Gino Paoli.
Azzeccatissimo poi l’utilizzo della canzone di Sergio Endrigo che da nenia per bambini diventa colonna sonora di inenarrabili torture.
Dall’altra si strizza l’occhio anche a George A.Romero o a John Carpenter che, attraverso l’horror portavano avanti un’aspra critica alla società moderna. Così De Feo e Strippoli decidono di introdurre il tema della mafia, o meglio, delle mafie, ripescando dal folklore nazional popolare, la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre fratelli fondatori di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra.
Il che può sembrare totalmente fuori luogo, invece funziona alla perfezione.
In primis, perché volenti o nolenti ancora oggi all’Estero spesso Italia=Mafia. In secondo luogo perché il tema della criminalità organizzata è solo un mezzo, una metafora piuttosto pesante, per arrivare al vero scopo del film che è quello di criticare il sistema cinematografico odierno italiano, nessuno escluso: dalla creazione, alla realizzazione, alla distribuzione, persino alla fruizione.
Così sul finale il film subisce un twist inaspettato di carattere meta cinematografico, interessante e “furbo” nell’accezione positiva del termine.
In pochissimo tempo e meritatamente, A Classic Horror Story è uno dei titoli più visti su Netflix.
E voi che aspettate?
Violetta Biagiotti
TRAILER UFFICIALE
Foto: ufficio stampa Netflix, che si ringrazia.
Ma se e un film banale più banale di questo ci sono i teen movie e templetion island non lo consiglierei nemmeno sotto tortura forse lo consiglierei solo se qualcuno a bisogno di un sonnifero potente