Ragione e Sentimento di Jane Austen resta un imperdibile classico da leggere e da vedere.
A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di avere un calo di zuccheri. Non mi riferisco a quella situazione estrema, in cui a seguito di uno sforzo eccessivo ci si sente svenire, ma a quei momenti di malinconia psicofisica in cui per sentirsi di nuovo in forze e di buonumore è necessario mangiare un dolcetto.
Una signora con cui andavo in palestra anni fa usava dire così: “Il mio corpo mi avvisa quando ha bisogno di dolci”.
A quanti, invece, è mai capitato di avere un calo di romanticismo?
Avere un calo di romanticismo significa avere bisogno di quelle storie in cui eroe ed eroina dopo mille peripezie possono stare insieme.
A me accade spesso: ho bisogno di storie del genere, anche per evitare di mangiare troppi dolcetti che, se fanno bene da un lato, dall’altro possono arrecare danni non indifferenti.
Quindi come si può curare questa carenza di romanticismo?
Semplice: leggendo un libro di Jane Austen.
Ed è quello che ho fatto io poco tempo fa, complice l’uscita in edicola dei volumi della collana Storie senza tempo, dedicata ad opere tutte al femminile, tra le quali ovviamente non mancano i romanzi della Austen.
Di solito, per ristabilire dei livelli ottimali di romanticismo nel mio organismo, mi dedico alla lettura di Orgoglio e Pregiudizio e alla visione di una delle molte trasposizioni cinematografiche – la migliore, per me, è la miniserie della BBC in cui Colin Firth interpreta la parte di Mr. Darcy.
Tuttavia, questa volta ho voluto dare una possibilità a un altro romanzo dell’autrice: Ragione e Sentimento.
La prima volta che lo lessi, circa quindici anni fa, non lo avevo per nulla apprezzato. Però, non sono tipo da non concedere una seconda occasione (a volte anche una terza e una quarta), anche perché per esperienza personale spesso le seconde opportunità sono state miniere di sensazionali scoperte e appaganti soddisfazioni. Almeno, per quanto riguarda i libri.
Ragione e Sentimento è la storia di due sorelle che hanno scelto due modi diversi di gestire le emozioni della vita: Elinor, la primogenita, cerca di non esternare i propri sentimenti e di controllarli; Marianne, la secondogenita, al contrario, si compiace di manifestare in maniera violenta e plateale sia le gioie sia i dolori.
Ai nostri giorni, Marianne sarebbe quella che posta ogni momento della sua esistenza sui social, mentre Elinor sarebbe quella con una sola foto profilo e la bacheca piena più di tag che di post propri.
Come viene giustamente osservato in un meraviglioso film dedicato ai romanzi dell’autrice inglese, Il club Jane Austen, la domanda implicita dietro questi due comportamenti antitetici è quale di essi sia migliore.
Inutile dire che, nell’età vittoriana in cui viveva la Austen, il migliore sia quello di Elinor: soffrire e rallegrarsi nel proprio cuore, ma senza perdere quell’aria di compostezza così tanto cara alla società di allora.
I comportamenti esagerati, per quanto più umani, vengono stigmatizzati come errati e portatori di morte e rovina, a meno di un’inversione di rotta.
Lo stesso romanzo da un punto di vista strutturale enfatizza la propensione per la moderazione, tanto che sia la narrazione sia gli eventi narrati hanno dei toni molto meno sgargianti di Orgoglio e Pregiudizio.
Ragione e Sentimento è un romanzo dai colori tenui, un piccolo mondo antico dove agiscono pochi personaggi, i quali, anche quando compiono azioni di indicibile efferatezza o sono travolti da avvenimenti terribili, mantengono sempre un atteggiamento controllato. Il tipico aplomb inglese, diremmo noi.
L’unico personaggio che crea un po’ di pepe e movimento è l’odiatissima Lucy, grazie alla quale la storia acquisisce una piega più vivace e interessante.
Ma veniamo al rapporto col film. Sì, lo so, io sono una di quelle che “il libro è sempre più bello del film”, tuttavia questa volta sono piuttosto soddisfatta dell’adattamento cinematografico di Ang Lee per molteplici motivi.
Prima di tutto approvo immensamente il cast di Ragione e Sentimento.
Emma Thompson è un Elinor molto convincente. È vero, ai tempi aveva già superato i trenta da un pezzo e interpretava una ragazza di neppure vent’anni; è bionda con occhi azzurri, mentre la protagonista del romanzo è castana con gli occhi scuri. Eppure per i modi e le espressioni riesce benissimo a rappresentare l’interiorità del personaggio.
Kate Winslet è addirittura perfetta nella parte di Marianne. Giovanissima, non aveva che vent’anni, dimostra già la sua incredibile capacità di immedesimazione, tanto che l’attrice scompare e ciò che arriva allo spettatore è solo il personaggio di Marianne in tutte le sue sfaccettature.
Altri sono gli attori assolutamente adatti per i ruoli ricoperti (Alan Rickman nella parte del Colonnello Brandon, Gemma Jones in quella di Mrs. Dashwood, Gren Wise in quella di Willoughby, Imelda Staunton in quella di Charlotte), ma in particolare Hugh Grant nelle vesti di Edward.
Ancora una volta l’attore britannico mostra in tutto il suo splendore la sua poliedricità. Lui, che sa essere il bello e stronzo per eccellenza, ricopre mirabilmente la parte del gentiluomo perbene, un po’ goffo e tontolone. Certe espressioni, certi moti dello sguardo sono talmente vicini a come me li ero immaginati da lasciarmi (quasi) senza parole per l’ammirazione.
Ho trovato, inoltre, davvero ben riuscita e degna di merito la scelta di rendere il personaggio di Margaret più attivo e vivace rispetto a come appaia nel libro.
Di solito non approvo le modifiche rispetto al romanzo, ma in questo caso trovo che questa trovata renda più dinamica e piacevole la storia.
Invece, sono piuttosto dispiaciuta per l’eliminazione di alcuni personaggi, tra cui la fredda e impassibile Lady Middelton e la sciocca ma spassosa Nancy Steele. Mentre l’assenza dei bambini non è stata una grave perdita. Soprattutto perché c’è già Margaret a fare un bel chiasso.
Davvero i miei complimenti al regista per la riproduzione dei paesaggi, degli esterni e gli interni delle dimore che hanno davvero rappresentato il mondo di Ragione e Sentimento in una maniera simile a come me l’ero immaginato.
Niente da eccepire anche per la scelta delle scene da rappresentare: quelle sacrificate sono davvero poca cosa e la loro assenza non impedisce di seguire il filo della narrazione.
In poche parole, al termine della visione del film il mio giudizio è davvero positivo, anche se, come sempre, consiglio di leggere prima il libro per poter avere una maggiore visione d’insieme.
Francesca Meraviglia
Francesca è un’insegnante e un’appassionata di cultura in generale. Si emoziona di fronte a un testo ben scritto e versa sincere e calde lacrime quando un’opera d’arte le comunica emozioni. Canta a livello amatoriale e crede che la lettura sia il modo migliore per stringere legami forti.
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