UN LUNGO VIAGGIO NELLA NOTTE: poesia pura fra sogno e realtà

Recensione del film Un lungo viaggio nella notte, il film di Gan Bi ora in streaming su Amazon Prime Video.

La locandina italiana del film Un lungo viaggio nella notte.

SCHEDA DEL FILM

TITOLO ORGINALE: Diqiu zuihou de yewan
REGIA: Gan Bi
CAST: Wei Tang, Sylvia Chang, Meng Li, Jue Hang
DURATA: 110 min.
DATA DI USCITA: 20 luglio 2020
DISTRIBUTORE: Movies Inspired
PIATTAFORMA (streaming): Amazon Prime Video


RECENSIONE

Luo Hongwu fa ritorno a Kaili, a 12 anni di distanza da una relazione che non è riuscito a dimenticare. Nel suo lungo viaggio nella notte fa di tutto per ritrovare la donna e per ricostruire quanto è avvenuto, ma i ricordi si mescolano all’immaginazione, e al sogno.

Una scena del film Un lungo viaggio nella notte. Photo: courtesy of Movies Inspired.

Realtà, ricordi, allucinazioni e sogno in questa immaginifica opera si intrecciano dando vita a un affresco, un puzzle, un viaggio affascinante, sontuoso, realizzato con la tecnica del 3D, del piano-sequenza, ma anche i droni, in un circolo che unisce presente, passato e futuro, vero e falso, illusioni e false speranze.

Questo e molto di più è Un lungo viaggio nella notte (2018), opera seconda del regista cinese Gan Bi, presentato al Festival di Cannes e dopo un brevissimo passaggio al cinema ora disponibile su Prime Video.

Il film si apre con una sequenza in cui il protagonista sta dormendo, e non è un caso.

«Riuscivo a vederla solo nei miei sogni», sono le prime parole che sentiamo, in voice over, perché il regno dei sogni è l’unico dove l’amore perduto può venire a cercarci o dove noi possiamo ritrovarlo, così come negli “angoli più reconditi della memoria”. Ma alla fine di tutto, chi stiamo veramente cercando se non noi stessi? Siamo solo “molecole di idrogeno” che cercano di ricollegarsi agli elementi che ci fanno sentire reali. L’amore è uno di quegli elementi, o meglio: la ricerca dell’amore, lo è.

Una scena del film Un lungo viaggio nella notte. Photo: courtesy of Movies Inspired.

È il tempo a ingannare il nostro protagonista, che non sa riconoscere realtà e finzione, e noi siamo i suoi occhi e la sua mente: anche noi spettatori siamo confusi, quasi alienati, man mano che la visione procede. Ci troviamo in un universo dove gli orologi sono rotti ma conservano i ricordi, a un occhio attento. Il protagonista sembra vivere in una perenne condizione di trance, che ricorda molto lo stato che assumiamo nei sogni, nei sogni agitati, quelli anche chiamati “deliri”, quando nel migliore dei casi si arriva a parlare nel sonno, e nel peggiore si verifica il sonnambulismo. Un déjà-vu continuo, un paradosso temporale da cui non si sa come uscire.

Nei frame di questa pellicola ho trovato tantissime citazioni, da Proust e Joyce, ma anche Chagall, fino ai i noir degli anni ’50, ma anche Hitchcock (il vestito verde della donna non può che far pensare a La donna che visse due volte). Tutto in una cornice estremamente curata, dalla scenografia, affascinante, cupa, suggestiva, alla fotografia, fino al bellissimo tappeto sonoro.

Un’opera in cui tutto è il contrario di tutto, soprattutto se analizziamo la struttura e il modo in cui è girato il film capiamo che il regista vuole stimolare la nostra immaginazione, ma anche prendersi gioco di noi: la seconda parte del film, quella più onirica, è girata con un piano sequenza di quasi un’ora. Tecnica che di solito viene usata per dare linearità alla storia, qui invece ha lo scopo opposto, ovvero farci perdere esattamente come si sta perdendo il protagonista.

Una scena del film Un lungo viaggio nella notte. Photo: courtesy of Movies Inspired.

Un’opera cinefila, o meglio meta-cinematografica, perché nel modo più bello possibile il regista ci regala la sua visione su che cosa sia il cinema per lui: significativo che il protagonista si addormenti proprio su una poltroncina della sala, ed è qui che inizia la seconda parte del film, quella appunto più onirica, meno lineare, più poetica. Ma il cinema è soprattutto un trucco, un’illusione, una bugia, bellissima, sì, ma pur sempre una menzogna.

«I ricordi possono essere veri o falsi, ma il cinema è sempre falso», niente di più vero, da quel 28 dicembre 1895 quando il cinema è nato e ha fin da subito dichiarato i suoi “loschi” intenti: voler giocare con noi e con le nostre convinzioni.

Consiglio la visione di questo film perché è un concentrato di poesia pura, uno di quei film di cui puoi sentire persino il profumo. Ma anche per mettersi alla prova: dopo un anno in cui anche il cinema è diventato un mero intrattenimento e uno dei mille modi per ammazzare il tempo, questa pellicola ci dimostra che là da qualche parte il cinema maestoso che vuole arricchirci e non solo distrarci c’è ancora e vibra, pulsa.

Margherita Giusti Hazon


TRAILER ITALIANO

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