OUVERTURE OF SOMETHING THAT NEVER ENDED: quando la moda incontra il cinema

La nuova collezione Gucci diventa una serie di cortometraggi: OUVERTURE OF SOMETHING THAT NEVER ENDED di Gus Van Sant e Alessandro Michele! 

Ouverture of Something that Never Ended è il titolo della serie composta di sette episodi girati dal regista americano Gus Van Sant insieme ad Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, per presentare la nuova collezione della Maison.

Un progetto che nasce dalla difficoltà di organizzare una vera e propria sfilata in tempi di Covid, ma anche e soprattutto, dall’esigenza di Michele di uscire dai luoghi comunemente deputati alla moda.
Così, quella che poteva essere considerata una furba mossa di marketing, diventa un esperimento originale e molto interessante.

Gus Van Sant e Alessandro Michele. Photo by Paige Powell.

La cifra stilistica di Van Sant, autore che ha saputo indagare con una sensibilità tutta personale, l’adolescenza, la sessualità e, più in generale, il rapporto tra realtà e finzione, si sposa perfettamente con la visione creativa e patinata di Michele.
Minimo comun denominatore dei sette corti, è la protagonista Silvia (Silvia Calderoni, attrice, performer e già modella per Gucci) ripresa nella sua stramba quotidianità.
Non c’è trama, la macchina da presa si limita a seguire il lento fluire di eventi sconnessi tra loro, proprio come fosse una finestra sulla vita.

La Calderoni non si fa staccare gli occhi di dosso. Elegante, algida, magnetica… Perfetta in camicia e shorts come in abiti di paillettes, incarna l’essenza della nuova collezione: abiti senza tempo che vestono corpi.

Non c’è più distinzione fra stagioni e generi. Tra estate e inverno, tra donna e uomo.

La fluidità di genere è uno dei concetti chiave di Ouverture a partire dal primo episodio AT HOME in cui da una vecchia TV riecheggia la voce dello scrittore e filosofo spagnolo Paul B. Preciado che spiega alcuni aspetti della teoria queer e che, rivolgendosi direttamente a Silvia, spettatrice come noi, la incita a partecipare alla rivoluzione dell’amore.

Preciado è solo uno degli illustri ospiti-cameo che orbitano intorno al personaggio principale. Tra questi, Achille Bonito Oliva, Arlo Parks, Harry Styles, Billie Eilish, Sascha Walz e lo stesso Van Sant.

Gucci, Ouverture of something that never ended, la protagonista Silvia Calderoni. Photo by Paige Powell.

Il secondo episodio AT THE CAFE’ è uno dei più interessanti. Silvia si reca in un bar per incontrare un’amica.

Fuori, ai tavolini, donne di varie età indossano tutte lo stesso abito facente parte della prima collezione di Michele per la casa di moda italiana. Abito che la protagonista, nel finale dell’episodio precedente, aveva lasciato cadere dal terrazzo di casa.

Queste sembrano schernirla, ma lei, noncurante, entra nel bar che è un tripudio di personaggi, colori, suoni, idiomi diversi, discorsi illogici. Le donne fuori (il passato) giudicano Silvia (il presente) che se ne infischia, che è già nel futuro (l’interno del café), un futuro confuso, ma pieno di vita e libero. Al bancone un ragazzo ed una ragazza completamente nudi portano avanti una discussione ai limiti dell’assurdo nella totale indifferenza degli altri clienti. Se, da una parte, la moda cambia, si evolve, dall’altra, ciò che è universalmente bello e maestoso rimane tale per sempre. Ecco allora il giro in auto per le strade deserte di una Roma assolata, malinconica, a tratti, misteriosa.

AT THE POST OFFICE è la terza parte della serie e quella che più ci ricorda il canonico défilé.

Ma l’attenzione dello spettatore è catturata dalla telefonata tra Bonito Oliva ed Harry Styles in cui si confrontano sulla difficoltà, ma anche sull’opportunità, di vivere nella nostra epoca piena di conflitti e contraddizioni che, stimolano e spingono i vari campi artistici come la moda, il cinema, la musica a fondersi e contaminarsi fra loro.
Sintesi perfetta del progetto stesso.

Fra le arti che si mischiano e si innestano, immancabile la danza, protagonista del quarto capitolo. THE THEATRE segue una compagnia di ballerini durante le prove di uno spettacolo.

I corpi palpitanti, dai muscoli tesi, si avvinghiano, si sfiorano, si afferrano in una coreografia che finisce per coinvolgere Silvia in primis e il pubblico sulle note del Bolero di Ravel. Una danza di unione, vicinanza, speranza che, per un attimo, ci fa dimenticare la triste realtà che ci costringe al distanziamento.
Un aspetto molto interessante che distingue questo particolare esperimento dalle comuni operazioni pubblicitarie di moda, è la totale assenza di richiami e tensioni sessuali. C’è nudità, bellezza, armonia, sensualità, ma mai volgarità. I rapporti interpersonali sono scanditi da sorrisi, sospiri, abbracci, pensieri appuntati velocemente su fogli di carta.

Alcuni degli outfit presentati nel primo episodio di Gucci, Ouverture of something that never ended. Photo by Paige Powell.

In THE NEIGHBOURS siamo complici del voyeurismo della protagonista che spia il vicinato nei suoi gesti intimi e quotidiani.

Chi legge, chi annaffia, chi dipinge, chi suona… Una TV trasmette un videoclip di Billie Eilish e il singolo “Therefore I am” irrompe e interrompe Beethoven.

AT THE VINTAGE SHOP Silvia si lascia incuriosire da un manichino esposto fuori da un negozio di abbigliamento vintage e decide di entrare.

Dopo di lei entra anche Florence (dei Florence & The Machine) che lascia bigliettini con frasi poetiche scritte di suo pugno, nelle tasche e nelle borse degli avventori regalando loro un sorriso.
Il concetto di passato/presente/ futuro ritorna, ora stravolto rispetto al secondo episodio. Non sempre c’è rottura e rifiuto. Il presente può guardare al passato, cogliendone nuovi messaggi da reinterpretare e sviluppare in chiave moderna. Forse non solo nel campo della moda.
Il titolo stesso della serie ne è il significato più puro: variazioni su un tema che in fondo non si è mai concluso, un linguaggio stilistico e creativo, quello di Gucci, che cambia, si evolve, sovverte le regole, ma non si esaurisce.

L’episodio finale A NIGHTLY WALK conclude questa nuova esperienza sensoriale dello spettatore che segue la protagonista fino all’ultima scena in cui sembra svelarsi il labile confine tra realtà e finzione.

Un motivo ricorrente in quasi tutti gli episodi è una frase scritta sotto forma di manifesto, di volantino, addirittura di francobollo:

I just want to say that I could never forget the way you told me everything by saying nothing.

Ed è la dichiarazione che vorremmo fare ai due registi. In fondo, non ci hanno detto nulla di nuovo, ma lo hanno fatto in maniera intelligente e con stile.

Una scena del primo episodio di Gucci, Ouverture of something that never ended. Photo by Paige Powell.

Guardando Silvia i nostalgici si ricorderanno di Ziggy Stardust, l’alieno androgino nato dalla mente geniale di David Bowie, portabandiera di talento, creatività ma anche di promiscuità e ribellione in un’epoca non ancora pronta a comprenderlo del tutto.
La stessa collezione Gucci strizza molto l’occhio agli anni ’70, nelle forme e nei colori, e alle innovazioni artistiche e non solo che quella decade ha rappresentato.

Siamo finalmente pronti ad un mondo senza distinzioni di età, colori, generi?

L’estro di Alessandro Michele sta non solo nel fatto di aver trovato un modo diverso ed alternativo di presentare i suoi abiti, ma soprattutto di aver dato vita ad un progetto unico nel suo genere, elegante, affascinante, ottimamente realizzato, che ipnotizza chi lo guarda.
Con la collaborazione dei grandi talenti di Van Sant, Michele e Calderoni, il marketing è diventato arte.

Ouverture of Something that Never Ended ha inaugurato il GucciFest nel mese di Novembre. Kermesse digitale, ormai conclusa, che univa moda e cinema per presentare la nuova collezione Gucci, ma anche altri stilisti emergenti su cui la Maison ha deciso di puntare. I sette corti sono ancora visibili sul canale dedicato GucciFest.com, YouTube fashion e Weibo.

Violetta Biagiotti

Gus Van Sant e Alessandro Michele. Photo by Paige Powell.

Si ringrazia l’ufficio stampa di Gucci per il supporto.

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