Il film TROY si ispira al poema dell’Iliade. Le differenze piacciono? La recensione!
Martedì alle 21 su 20 Mediaset è di scena Troy. Il “filmone” di Wolfgang Petersen che ripercorre l’Iliade o meglio, che si ispira al poema omerico. Proprio le licenze poetiche rispetto alla trama originale dividono gli amanti delle pellicole storiche e soprattutto gli appassionati di mitologia. Troy lo si odia o lo si ama. A propendere per l’amore o il disappunto sono le varianti alla storia originale.
Quali sono?
La primissima cosa che salta all’occhio è la storia di Briseide (Rose Byrne).
Chiarissima la finzione letteraria: nell’Iliade è sì la schiava di Achille (Brad Pitt), contesa da Agamennone. Il proemio ci dice infatti che Calliope, dea della poesia, ci racconti dell’ira funesta. L’ira di Achille è proprio per il re dell’esercito greco che gli ha sottratto Briseide, per la quale nutre sentimenti profondi.
La fanciulla non è affatto una principessa troiana, cugina di Ettore e Paride e sacerdotessa di Apollo.
Assolutamente no. Al di là delle origini nobili che Petersen regala a Briseide, il regista, però, riesce nell’intento di raccontare quell’amore così intenso che nasce tra i due. Achille non è un dio, è invincibile, certo, ma è mortale e l’amore che ci racconta non è un’avventura passeggera tra un dio e una delle tante donne amate. E’ un amore umano e profondo, sofferto e vero, capace di cambiare l’animo dell’eroe.
La madre di Achille è la ninfa Teti (Julie Christie) e il padre è Peleo, da qui il patronimico Pelide, figlio di Peleo. Teti, che è stata corteggiata da Zeus e da Poseidone, aveva poi sposato un mortale proprio perché la “profezia” annunciava che avrebbe avuto un figlio più forte e virtuoso del padre. Per questo il matrimonio tra Teti e Peleo è “combinato” dagli Dei (né Zeus, né Poseidone avrebbero voluto un erede più potente di loro) e per questa ragione la ninfa immerge Achille nelle acque dello Stige, tenendolo per il famoso tallone. Lei sa che il Destino di Achille, quello che per i Greci è il Fato a cui non ci si può sottrarre, è di combattere a Troia e di morire. Per cui tenta ogni mossa per renderlo invincibile.
Nel film di Petersen si accenna alla sua storia, ma non la si approfondisce. La madre gli spiega che se sceglierà di combattere a Troia, andrà incontro alla morte, ma eterno sarà il suo nome.
E qui c’è un’altra differenza tra il film e il poema omerico: l’aggressività di Achille.
Achille combatte per la gloria, per la fama e non certo per Agamennone (Brian Cox) di cui non riconosce l’autorità, ma non è così spietato come ce lo descrive il regista.
L’Achille di Petersen comincia ad essere più simile a quello descritto nell’Iliade quando placa la sua ira appena ritrova Briseide e quando Efesto gli forgia le armi (nel film non viene ricordato questo particolare) ma è evidente che sono diverse dagli altri guerrieri. Achille è capo dei Mirmidoni e il suo scudo e la sua lancia sono uniche, per questa ragione è riconoscibile anche se l’elmo gli copre il viso. Ed è per questo motivo che quando Patroclo (Garrett Heldlund) indosserà le sue armi, Ettore (Eric Bana) lo scambierà per Achille, così come è scritto nell’Iliade.
Patroclo. Anche qui ci sarebbe da recriminare: non è il cugino di Achille.
Nell’Iliade si parla di compagno fidato, di amicizia intensa, tanto che molti critici hanno attribuito ai due eroi una storia d’amore, una relazione tra l’altro tipica della cultura greca.
Fedele la vicenda tra lui e Ettore ed intensa la pietas latina, che Achille dimostra nei confronti del re Priamo (Peter O’Toole) quando gli concede i dodici giorni di lutto per onorare suo figlio. E’ qui che riconosciamo l’Achille omerico, perché emergono i suoi valori umani, il rispetto dell’altro, il ricordo del padre e l’affetto per quel sovrano anziano e amorevole.
Anche la storia tra Paride (Orlando Bloom) e Elena (Diane Kruger) non è propriamente fedele.
Il principe troiano è rappresentato fragile e ingenuo. Porta con sé Elena a Troia, è vero, ma per volere degli dei e in particolare di Afrodite che gli promette la donna più bella del mondo.
Come per Patroclo nella battaglia e per Elena “rapita”, pretesto per scatenare la guerra, i grandi assenti in Troy sono gli Dei.
Sono citati, ma non compiono mai nella pellicola. Eppure nell’Iliade sono presenti come angeli custodi o demoni che intervengono nella battaglia, determinanti nelle scelte degli eroi e del loro Destino.
Quindi siete tra quelli che odiano o amano Troy? Personalmente, con tutte le differenze e licenze poetiche rispetto all’Iliade, a me piace questo film ed è utile farlo vedere ai più giovani.
E’ comunque un modo immediato di conoscere la mitologia e la grande saggezza dei valori che i poemi omerici ci insegnano.
Sarah Pellizzari Rabolini
Sarah è un’insegnante e una scrittrice. Ha pubblicato poesie, racconti e romanzi (l’ultimo è R come Infinito). Ha partecipato a diverse antologie tra cui La Vita vista da Qui (Morellini Editore), è stata finalista di concorsi e premi letterari. Pratica la mindfulness ogni giorno e crede che scrivere sia una vera terapia per l’anima.
Leave a Comment