Recensione di HOME, il film di Fien Troch premiato nel 2016 al festival di Venezia, sezione Orizzonti.

 film poster

La locandina internazionale del film HOME

SCHEDA DEL FILM

REGIA: Fien Troch
CAST: Sebastian Van Dun, Mistral Guidotti, Lena Suijkerbuijk
DURATA: 103 min.
PIATTAFORMA: MUBI


RECENSIONE

Il giovane Kevin è appena uscito di prigione ma la sua famiglia a casa non lo vuole più, almeno per ora. Così viene ospitato dalla zia, che gli trova anche un lavoro come apprendista presso un idraulico. Kevin inizia a frequentare il cugino Sammy e il suo giro di amici, fra cui John, la cui madre è psichiatricamente malata e la cosa ricade solo su di lui. Nessuno potrà più stare solo a guardare.

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Sebastian Van Dun in una scena del film Home (2016)

Perché gli adulti, da grandi, si scordano di cosa significhi essere adolescenti? Lo hanno mai davvero saputo, cosa significhi? Home non è proprio il film da guardare per la festa della mamma. Avete poco meno di un mese di tempo a partire da ora per recuperarlo sulla piattaforma MUBI, che in un momento di impossibilità a partecipare ai festival di cinema, mette a disposizione la pellicola che vinse il premio per la Miglior Regia nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia del 2016.

La giovane regista belga Fien Troch, al suo terzo lungometraggio, compone un affresco drammatico, crudo e struggente delle relazioni giovani – adulti.

Struggente perché il film sembra volerci parlare dei problemi dei giovani ma in realtà mette a nudo quelli degli adulti. Di quegli adulti che sono diventati genitori senza avere la minima idea di come si allevi un figlio. Genitori che si riempiono la bocca di belle parole ma poi nel concreto non sanno aiutarli né comprenderli, neanche quando glielo si chiede esplicitamente.

“Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te”, questa la frase con cui i genitori di Home ricattano i figli, come se fornire un tetto o due pasti al giorno fosse sufficiente.

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Loïc Bellemans in una scena del film Home (2016)

I giovani protagonisti, Kevin, John, Sammy e Lina passano le giornate a bere, fumare, nei parcheggi, sullo skateboard, sotto le coperte. Sono intermittenti e confusi come i video che fanno col telefono, che in modo intelligente la regista inserisce qua e là come testimonianza diretta della loro vita instabile. Ed è elettrizzante e spaventosa l’energia che hanno dentro questi ragazzi, tutti noi l’abbiamo vissuta, energia che poi si traduce nel non fare assolutamente niente, e quella rabbia, bombe ad orologeria pronte ad esplodere.

Perché costantemente costretti a fare i compiti, le attività, i dopo scuola, le pressioni sul futuro: ma come si può venire su sani di mente? A volte è solo questione di sfortuna. Conosci le persone “giuste” (giuste per i genitori) che ti tengono sulla retta via, o quelle “sbagliate” che ti portano nel lato oscuro. In questo quadro il sesso fra questi ragazzi diventa solo un’azione, neanche uno sfogo, una cosa che si fa perché è il momento ma che non dà alcuna emozione. Niente dà emozioni, allora uccidere qualcuno diventa l’antidoto alla noia, un modo per sentirsi di nuovo vivi e non zombie con sguardi vacui. Ma diventa anche la soluzione ai propri problemi, se si vive in un mondo in cui gli adulti non ti danno grandi alternative.

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Lena Suijkerbuijk, Loïc Bellemans, e Luka Mortier in una scena del film Home (2016)

Quello che va in scena fra genitori e figli è l’elemosina dell’affetto: “mi vuoi ancora bene?”.

L’amore o è troppo o è troppo poco, i genitori o sono troppo assillanti o troppo assenti, in entrambi i casi non ci si sente mai a casa, per questo la scelta del titolo del film è perfetta. Perché “casa” dovrebbe essere il luogo dove ci si sente al sicuro, e invece ci si trova sempre meglio nelle case degli altri, ma persino in prigione si è più a proprio agio. Per inscenare questo stato d’animo la regista usa il classico stile della camera a mano, con riprese sporche, mosse, insistenti.

Le generazioni sono messe a confronto in ogni frame, ma è un confronto che genera solo disagio in crescendo. L’omicidio diventa quasi un atto di alleanza, terribile sì, ma cosa ci si aspetta in un contesto simile? Dove non solo i genitori, ma anche i professori, i poliziotti e i datori di lavoro fra omertà, convenzione e scarico di responsabilità uccidono quotidianamente la possibilità di un giovane di divenire un adulto che sappia stare in piedi da solo e fare da esempio a qualcun altro.

Forse la fortuna più grande per un adolescente è trovare almeno un adulto che sappia ascoltarlo. Forse ne basta davvero solo uno per non perdersi del tutto.

Ma qui non si salva nessuno. Buona visione.

Margherita Giusti Hazon


TRAILER ORIGINALE

HOME Teaser | Festival 2016