Un commento al finale de L’Amica Geniale 2 Storia del nuovo cognome, la serie diretta da Saverio Costanzo in onda su Rai Uno.
Con gli episodi “I fantasmi” e “La fata blu” si chiude la seconda serie de L’Amica Geniale bissando il grandissimo successo ottenuto lo scorso anno con la trasposizione televisiva del primo capitolo dei romanzi della Ferrante.
DAI ROMANZI ALLA TV
Non è difficile andare ad analizzare i motivi per cui L’Amica Geniale si pone tra i migliori esperimenti televisivi degli ultimi anni.
Come punto di partenza troviamo i romanzi. Quattro libri divenuti in breve tempo best seller mondiali, non solo grazie all’alone di mistero che circonda l’autrice, ma anche e soprattutto ad uno stile di scrittura talmente evocativo da far pensare che la quadrilogia sia stata concepita per essere “vista” più che letta.
Non sorprende quindi scovare il nome della Ferrante tra gli sceneggiatori della serie tv. E’ proprio la sceneggiatura così solida e particolareggiata a spianare la strada a Saverio Costanzo.
LA REGIA
Regista raffinato, da sempre in grado di entrare in sintonia con universi femminili dalle mille sfaccettature, Costanzo vince anche stavolta la scommessa, dando vita ad un prodotto ricercato, realizzato con maestria e che allo stesso tempo arriva al cuore di tutti.
In Storia del nuovo cognome abbiamo apprezzato il cambio autoriale che affida alla Rohrwacher la regia delle puntate girate ad Ischia. Un cambio che sottolinea non solo la differenza tra il rione ed il resto del mondo fuori da esso, ma anche quel clima vacanziero e spensierato che getta Lila nelle braccia di Nino e Lenù in una muta disperazione.
L’episodio “I fantasmi” si apre a Pisa e Costanzo ci regala meravigliose vedute della città. Si respira aria di libertà nella corsa di Elena e Franco per le strade invase dai manifestanti, tra bandiere rosse che sventolano difronte al riverbero dell’Arno assolato.
Quella stessa libertà che caratterizza Elena da quando ha lasciato Lila, la famiglia, il rione… La ritroviamo sicura, colta, disinibita. Elegante e bellissima col suo taglio di capelli nuovo e un filo di trucco.
A un passo dalla laurea, da un nuovo amore, dalla pubblicazione del suo primo romanzo. E ad anni luce da Lila a cui sembra non aver più pensato da quando e’ salita su un treno diretto al futuro.
Sempre fedele e rispettoso del romanzo, il regista riesce ad emozionare unendo stili registici diversi ed efficaci. Così riconosciamo richiami al cinema francese degli anni ’60, ma anche riferimenti al Neorealismo (seppur più presenti nella prima stagione per una questione di ambientazione temporale).
La scena in cui Elena guarda con gratitudine e tenerezza dalla finestra la mamma, che con intercedere incerto si avvia in stazione, ha un’eco Rosselliniana.
In netta contrapposizione la bellissima sequenza dell’incubo di Elena in preda alla febbre, dove Costanzo in un attimo ci fa piombare in un universo grottesco ed angosciante a metà tra Fellini e Lynch.
Con il ritorno di Lenù a Napoli ne “La fata blu”, il montaggio si distende. Le scene si caricano di un sapore quasi epico. Tornano i chiaroscuri del rione, i volti scavati e stanchi delle donne “madri” e “mogli”. Tra di loro, Lila che, scopertasi madre amorevole, si è chiusa in un universo tutto suo.
Non mancano le scene commoventi: l’incontro tra la maestra Oliviero, ormai vecchia e malata, e Lila con il piccolo. La sfrontatezza della ragazza è solo una maschera per nascondere la triste consapevolezza di essersi piegata alle leggi del rione nonostante fosse “destinata a grandi cose”.
O la scena in cui Elena, sulla soglia del bar Solara, rivede se stessa e Lila bambine che giocano a rincorrersi. In quel preciso istante le diventa chiaro che non esiste distanza che possa davvero separarla dall’amica. La loro amicizia è profonda, radicata, viscerale, più forte di qualsiasi altra forma d’amore. Per questo deciderà di raggiungerla sul nuovo posto di lavoro dove la troverà pallida, smagrita, circondata da carcasse e intrisa dell’odore del sangue.
Proprio in questo momento il regista gira una delle sequenze più toccanti e importanti della puntata.
Tra i libri e le carte ricevute in dono dalla maestra Oliviero dopo la sua morte, Elena trova un racconto scritto da Lila in quarta elementare “La fata blu”. Quando lo porta all’amica, al momento di congedarsi, Lila lo butta nel fuoco. La macchina da presa indugia su quel quaderno ingiallito dal passare del tempo che lentamente viene mangiato dalle fiamme. Con una dissolvenza il regista chiude sul quaderno logoro e apre sul libro di Elena, “Divagazioni” durante la presentazione all’interno di una libreria.
Sequenza, dicevamo, bella da vedere e fondamentale a livello diegetico se è vero che la stessa Elena ammetterà a Lila che quel racconto le è sempre rimasto dentro ed è il seme da cui è germogliato il suo romanzo.
LA MUSICA
A portare L’Amica Geniale ad un livello “altro” rispetto alle fiction a cui ci ha abituato la RAI, è sicuramente l’imprescindibile commistione di maestranze coadiuvate dalla sapiente regia. La fotografia, la scenografia, i costumi, tutti elementi che come in un’orchestra hanno dato vita a questo piccolo miracolo televisivo.
Uno su tutti, quello della musica, composta da Max Richter, che riteniamo avere un ruolo fondamentale all’interno della serie. A partire da quella sigla dal retrogusto epico-nostalgico capace di muovere gli animi. Sembra anticiparci infatti che assisteremo alla storia di una vita intera.
IL CAST
Il successo della serie è sicuramente merito anche del cast che ha saputo dar vita ad uno spaccato della storia del nostro Paese in maniera sincera e veritiera.
In primis le due protagoniste che sono entrate nei panni di questi due personaggi femminili con una naturalezza ed una professionalità impressionanti.
Neanche maggiorenni ed entrambe alla prima esperienza lavorativa, Gaia Girace e Margherita Mazzucco hanno conquistato il pubblico trasmettendo il loro amore per Lila e Lenù e dimostrando di averne compreso a fondo la psicologia non sempre immediatamente decifrabile.
Attorno a loro, tutti i credibilissimi attori comprimari che hanno contribuito alla riuscita della fiction.
Sarà destabilizzante per lo spettatore dire addio ai volti ormai affettuosamente familiari di questi due giovani talenti che, inevitabilmente, nel terzo capitolo della saga, dovranno lasciare il posto ad attrici più mature.
CONCLUSIONI
Storia del nuovo cognome conferma le impressioni avute durante la visione della prima serie de L’Amica Geniale.
Un prodotto convincente e raffinato che, nonostante la serialità, non perde mai forza. Un lavoro autoriale che coniuga riferimenti cinematografici “alti” al melodramma; che grazie ad un cast eccezionale emoziona e commuove.
L’Amica Geniale non è solo la storia di un’amicizia. Attraverso le due protagoniste viviamo sentimenti ed impeti in cui ognuno di noi può specchiarsi man mano. La volontà di trovare un proprio posto nel mondo, la ribellione, la rabbia, la voglia di rivoluzione, l’amore, la rassegnazione, la sete di cultura, l’emancipazione femminile… Sono temi che toccano il cuore di tutti, trasversalmente. Ad ogni età. In ogni angolo del mondo.
Violetta Biagiotti
Ndr. Se avete perso il finale di stagione, lo potete ri-vedere su RaiPlay. Il nostro speciale dedicato alla serie L’Amica Geniale lo trovate invece con un clic QUI.
Foto: si ringrazia l’ufficio stampa
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