Scaramanzia a teatro: tanta merda e non solo.
Un’altra settimana di teatri chiusi.
La casella mail si è riempita di comunicati stampa che annunciavano quello che ormai tutti sapevamo: spettacoli rinviati, rimandati, biglietti rimborsabili o posti ricollocabili su altre date.
Un periodo davvero difficile per chi fa cultura, per chi lavora nel mondo dello spettacolo.
E allora, nell’attesa di riparlarvi di musical e di storie meravigliose raccontate dai palchi delle città italiane, ecco cosa si deve e non deve fare per invocare la Dea Bendata.
Dunque, partiamo dal primo detto: lo sapevate perché si augura tanta merda in occasione di uno show?
L’espressione risale alla fine del XVII secolo quando la gente si recava alle prime in carrozza. I molti escrementi, lasciati dai cavalli sulla piazza antistante il teatro, indicavano dunque le persone accorse: se le cacche erano tante, significava la presenza di moltissima gente e dunque di uno spettacolo di successo.
Andare a teatro era prerogativa di aristocratici e borghesi, un passatempo non per tutti.
Augurarsi che ci fosse tanta merda significava avere un pubblico pagante in sala, culturalmente preparato e numeroso. Di conseguenza lo spettacolo sarebbe stato di successo e di altissima qualità.
Per questo è rimasto un augurio importante che il cast invoca, in cerchio, prima di andare in scena.
Una storia più simpatica, riporta l’etimologia di questo modo di dire ad una delle esibizione dell’attore Tristano Martinelli, vissuto a Mantova tra 1557 e il 1630 e inventore dalla maschera di Arlecchino.
Martinelli era famosissimo all’epoca: era amato dai Gonzaga e dai Medici, ma anche da Enrico IV di Borbone, il re che si convertì al cattolicesimo per poter salire sul trono di Francia e che pronunciò la famosa espressione “Parigi val bene una messa”.
Si racconta che proprio in occasione di uno spettacolo Tristano Martinelli, vestito da Arlecchino con un vaso da notte in mano, diede le spalle al pubblico e fece finta di fare i bisogni.
Aveva riempito il vaso di castagnaccio fumante e cominciò a lanciarlo sulle dame inorridite gridando: “Tanta merda per tutti, tanta merda che porta fortuna!”
Enrico IV ricevette anche lui il castagnaccio in faccia ed essendo amante del teatro e delle commedie, iniziò a ridere a crepapelle.
Il detto di Martinelli si diffuse rapidamente ed ancora oggi augurare tanta merda ad un artista significa invocare un grande successo!
E il copione che cade per terra?
Dovesse mai capitare ad un attore, è bene prenderlo subito e batterlo per tre volte sul palco nell’esatto punto in cui è caduto. Mica si voglia mandare a picco lo spettacolo?
E perché non va indossato il viola a teatro?
Perché è il colore usato dalla Chiesa in tempi di Quaresima, quando nel Medioevo venivano sospese le manifestazioni e di conseguenza, il mancato guadagno metteva in ginocchio le compagnie teatrali.
Con il tempo, dunque, si è abbinato il colore della quaresima al teatro chiuso.
Ma il colore varia a seconda del paese.
In Spagna, ad esempio, è vietatissimo il giallo perché è l’interno del mantello del torero, segno di sconfitta per lui e di vittoria per l’animale!
Tutti conoscete la tragedia di Macbeth?
Ebbene, se desiderate avere fortuna, non pronunciate mai le battute relative agli incantesimi.
La leggenda racconta che Shakespeare avrebbe copiato la formula di un sortilegio senza chiedere il permesso alle streghe, le quali avrebbero maledetto il dramma per vendicarsi.
In ultimo, alla prova generale, che nulla vada liscio e che ci sia solo un gruppetto di amici a sostenervi.
Se proprio gli attori sono impeccabili anche in prova, la fortuna vi assiste se non dite almeno la battuta finale! Un modo per lasciare tutta la perfezione per la prima dello spettacolo.
Dunque, cari attori, performer, registi e team creativi: tanta merda, tanta davvero!
Provate e riprovate senza far cadere il copione e in modo non perfetto a quella generale, senza recitare incantesimi. Noi di MaSeDomani saremo in platea ad applaudirvi, vestiti eleganti e mai di viola.
Vi auguriamo che la Dea Bendata vi assista e che nuove e meravigliose opere siano presto sui palcoscenici italiani!
Sarah Pellizzari Rabolini
Sarah è un’insegnante e una scrittrice. Ha pubblicato poesie, racconti e romanzi (l’ultimo è R come Infinito). Ha partecipato a diverse antologie tra cui La Vita vista da Qui (Morellini Editore), è stata finalista di concorsi e premi letterari. Pratica la mindfulness ogni giorno e crede che scrivere sia una vera terapia per l’anima.
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