Recensione di JUDY, il film biografico con Renée Zellweger al cinema dal 30 gennaio 2020.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Rupert Goold
CAST: Renée Zellweger, Jessie Buckley, Rufus Sewell
DURATA: 118 min.
DATA DI USCITA: 30 gennaio 2020
DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
RECENSIONE
L’ultimo periodo della vita della grande attrice e cantante Judy Garland, sul finire di una carriera sfolgorante iniziata giovanissima con la Dorothy del Mago di Oz. Un mix di fama e successo, relazioni e pensieri tormentati, il rapporto amore/odio con il palcoscenico e il dramma familiare che la spinse a fare i bagagli e a trasferirsi a Londra.
La vita presenta sempre il conto. E il conto, la piccola Judy, nata sul palcoscenico, diventata Dorothy e tenuta in piedi da pastiglie per dormire e pastiglie per non avere fame, l’ha pagato troppo presto.
Il biopic di Rupert Goold tralascia tutto quello che c’è stato in mezzo, per concentrarsi sui due momenti cruciali della sua vita, che poi sono quelli della vita di tutti noi: l’inizio, e la fine.
Ogni cosa ha origine da un’altra. Spesso non se ne tiene conto, ma ogni cosa che ci accade è un pezzo del puzzle che costruirà la nostra vita. Quello di Judy è un puzzle pieno di pezzi mancanti. Il più importante è proprio il cuore di quel puzzle, e sta al centro: la sicurezza di sé.
Il biopic ha una struttura di continui avanti e indietro nel tempo fra il 1939 e il 1969, efficaci e ben costruiti. Nonostante sia il classico film biografico, Judy emoziona e commuove. Scontato, se consideriamo che quella raccontata non solo è la storia di una persona vera, che davvero ha vissuto quei tormenti, quelle angosce, e sempre in solitudine. E se consideriamo che a questo mondo, stella del cinema o cassiera di un cinema, le persone troppo sensibili hanno tutte lo stesso destino: soffrire.
Alla fine il film riesce ad essere anche universale: universale quando Judy trova in due spettatori, suoi fan numeri 1, un caldo rifugio, una spalla su cui piangere e su cui contare. Il regista racconta pochi altri momenti di conforto, perché le tenerezze riservate alla sua persona furono davvero poche, e questo fa male.
Sono invece tante le accuse, le imposizioni, le incomprensioni, le pressioni, i litri di alcool e le pastiglie ingerite, le persone sbagliate, le persone malvage incontrate, e pochissime le ore di sonno.
Straziante e sincera l’interpretazione della Zellweger, che replica ottimamente la voce, la postura, le espressioni tremendamente umane di una donna che nonostante dentro avesse l’inferno, fuori si ostinava ad emanare luce. Questa la vera forza della Garland, che si è sempre rialzata per salire sul palco e regalare al suo pubblico quella gioia che lei non possedeva e non sapeva tenere un po’ per sé.
Nonostante alcune sequenze narrativamente un po’ furbe e personaggi poco approfonditi, Judy rimane un biopic interessante. Ma soprattutto rende omaggio, onore e ridà voce a una donna meravigliosa che si è senta troppo in fretta.
D’altronde non si può chiedere a una stella di durare per sempre.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER ITALIANO
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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