Recensione di LIGHT OF MY LIFE, storia di padre e figlia in una realtà cupa e distopica. Al cinema dal 21 novembre 2019.
SCHEDA FILM
TITOLO ORIGINALE Light of my Life
REGIA: Casey Affleck
CAST: Casey Affleck, Anna Pniowsky, Elisabeth Moss
DURATA: 115 minuti
DATA DI USCITA: 21 novembre 2019
DISTRIBUTORE: Notorious Pictures
RECENSIONE
Scena iniziale: un padre è impegnato a raccontare una favola alla sua bambina che è coricata accanto a lui in una tenda da campeggio.
Tutto potrebbe apparire normale se non fosse che quella tenda è il loro unico rifugio. Il campeggio ed il continuo peregrinare sono la loro armi di sopravvivenza. E quelle storie diventano il modo per rendere unico e indelebile il rapporto tra i due.
Perché tutto questo?
Perché i protagonisti vivono in un futuro non molto lontano in cui la popolazione della Terra è stata decimata da un’epidemia una decina di anni prima e quasi tutto il genere femminile ne è stato vittima. L’unico modo che questo papà ha di proteggere la sua bambina è quello di tenerla nascosta al mondo camuffandola da ragazzo ed evitarle qualunque contatto con gli uomini, troppo violenti. Nessun essere di sesso femminile infatti è al sicuro: diventato merce rara, ora lo si caccia per consegnarlo ad un destino oscuro.
Fin qui la trama potrebbe risultare interessante. Tanto più che la sceneggiatura, pensata per diversi anni prima di vedere la luce, cavalca l’onda di pellicole e serie TV su futuri distopici e ha spunti intriganti. Invece, Light of my Life non si può dire che centri il punto e purtroppo fa acqua da tutte le parti.
Innanzitutto l’attore, qui anche regista e autore. Casey Affleck ci vuole presentare una storia cercando di dosare tutti gli elementi che il genere richiede. Vuole rivelare poco per volta cosa abbia portato l’umanità a tale situazione e vuole farcelo scoprire attraverso piccoli indizi, alcuni flashback (che dovrebbero spiegare la situazione ma risultano stucchevoli) e qualche personaggio che incute timore.
Nulla da eccepire se non fosse che Affleck non riesce a dare un tocco originale e convincente ad uno scenario già esaminato in altre produzioni – e quindi teoricamente familiare.
Il racconto poi tradisce una delle regole principali della scrittura, ovvero che tutte le trame e sottotrame devono chiudersi. Ebbene, qui non solo non viene dato abbastanza spazio all’antefatto, che dovrebbe essere la spina dorsale del film, ma si arriva alla fine senza spiegare nulla.
Inoltre l’autore, sempre Affleck, timoroso che non passassero i concetti di amore tra padre e figlia; della necessità di proteggere l’unica persona rimastagli (la moglie, neanche a dirlo, è morta); e della forza del legame tra i due, continua a riproporre la stessa scena più e più volte, in un loop che sembra interminabile. I due si accampano, poi vengono scoperti, cambiano luogo, si riaccampano e così via.
In conclusione, la pellicola poteva essere buona, l’argomento poteva incuriosire e poteva inserirsi nel filone dei lungometraggi distopici con una loro dignità, invece fallisce su ogni fronte.
Oltre alla bella performance della giovane Anna Pniowski nella parte della figlia, Light of my life è un film ben girato, con alcuni momenti crudi e alle volte anche efficaci ma si perde, come spesso capita nelle opere prime scritte, dirette e interpretate dalla stessa persona, in troppe scene autoreferenziali e esageratamente cariche di pseudo-lezioni di vita che mettono a dura prova sia la resistenza che l’indulgenza dello spettatore.
Un film che si può vedere con la consapevolezza però che le domande di rito (Cosa è successo? Perchè? Che fine hanno fatto i protagonisti?) rimarranno tutte, inesorabilmente, senza risposta.
Anna Falciasecca
TRAILER UFFICIALE
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
A me sinceramente il film e’ piaciuto,e non trovo la trama stucchevole e retorica,anzi al contrario fa capire la difficolta’ di un genitore nello spiegare alla propria figlia i cambiamenti del suo corpo in un contesto atipico,cioe sempre con la preocupazione latente del pericolo di sfuggire a situazioni pericolose ,sotto le sembianze o approcci umani il cui unico scopo e’ di portarti via tua figlia,Questo mi fa venire in mente il vivere di certe culture afro,arabe che lasciano che le loro figlie vengono portate via in tenera eta’ da personaggi infimi e crudeli,il regista fa capire che i figli sono un bene prezioso e quindi dobbiamo combattere x difenderli a prescindere dal contesto in cui viviamo.Ho trovato molto tenero l’imbarazzo del padre nello spiegare alla figlia il perche della scelta nel farla passare x un maschio