Recensione di Martin Eden, il film di Pietro Marcello in anteprima a Venezia 76 e nei cinema dal 4 settembre 2019.
SCHEDA DEL FILM
REGIA: Pietro Marcello
CAST: Luca Marinelli, Jessica Cressym, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi
DURATA: 129 min.
DISTRIBUTORE: 01 Distribution
DATA DI USCITA: 4 settembre 2019
RECENSIONE
Quando Martin Eden, giovane marinaio di umili origini, si innamora di Elena, giovane borghese colta e raffinata, sente che il suo destino è elevarsi per lei. Il suo sogno è diventare scrittore, ma la strada da fare sarà lunga e tortuosa. Influenzato dal vecchio intellettuale Russ Brissenden e dalla sua idea di socialismo, entra in conflitto con Elena e il suo mondo borghese.
Martin Eden (1909) è il romanzo più bello di Jack London, quello che ha dentro di sé il vero cuore pulsante dello scrittore statunitense. Il protagonista del libro è quasi un suo alter ego e proprio qui ne risiede la potenza. Martin Eden è un Gatsby più pratico e meno visionario, più vicino al popolo e meno mondano. Ma in egual misura entrambi sono pieni di ideali, innamorati dell’amore, autodidatti, vibranti. Entrambi si sono elevati grazie alla cultura e grazie a loro stessi, ma non sono riusciti a salvarsi e sono finiti per soccombere schiacciati dalle loro idee. Due eroi autodistruttivi che solo due penne come quelle di London e Fitzgerald potevano creare.
Per la solita regola del “se vuoi scrivere bene devi scrivere di ciò che conosci”, se metti in scena un personaggio che non hai creato tu, perlomeno te lo devi sentire cucito addosso. Il regista casertano Pietro Marcello ci prova e lo fa a modo suo: dalla California sposta la vicenda a Napoli; sceglie un attore perfetto per la parte nei lineamenti e nelle spalle, e ci mette dentro tutto il suo stile. Ma questo è abbastanza per rendere giustizia a una storia e un personaggio così densi e importanti?
Il Martin Eden di Marcello è lontano dalle gloriose paillettes di Baz Luhrmann, da quel tocco maestoso e visivo. Ma a livello formale è un film che ha uno stile altrettanto definito, originale e personalissimo, e quindi coraggioso.
Marcello viene dal documentario, e nella sua prima opera di finzione non riesce proprio a rinunciare alla sua vera indole, quella di raccontare la realtà. Così nonostante la classicità della storia, opta per scelte che sente più sue, e fa bene: una struttura rosselliniana fatta di ellissi che negano quasi l’esistenza di una sceneggiatura; un uso inedito della pellicola 16 mm con l’alternanza di piani temporali attraverso inserti documentaristici; una colonna sonora che confonde invece che accompagnare.
Tutto questo è affascinante, diverso, fuori da ogni logica industriale, finalmente un atto di coraggio nel cinema italiano. Ma se mettiamo da parte la forma e guardiamo la sostanza, ci rendiamo conto che manca qualcosa.
Il Martin di Marcello non strugge, non emoziona. Non si sente l’odore del porto, delle sigarette, dell’inchiostro. I temi importanti del testo – l’amore, la lotta di classe, l’individualismo – sono toccati in modo superficiale, passeggero. L’amicizia con Russ Brissenden quasi non si capisce da cosa nasca e perché si alimenti.
Lo stesso vale per l’amore per Elena: oltre alla bellezza, questa donna, che cosa possiede di così unico da stregare il giovane Martin? Il gelo regna sovrano, mentre il romanzo è tutto un ardere, un volersi toccare e poi respingersi, un magnetismo di sguardi e di pulsioni di poli opposti.
Luca Marinelli sì, convince, e mantiene un’interpretazione credibile per tutto il film, soprattutto nella seconda parte dove riesce ad incarnare molto bene il tema di tutta la storia, più che mai universale: dove sono le persone che dicono di amarci quando abbiamo bisogno di loro? Come mai appaiono proprio quando sembriamo più appetitosi e meno disperati? Martin, come Jack London (e come Pietro Marcello?), ha dovuto lottare e andare contro l’autoconservazione per diventare scrittore. E forse prima di (spoiler) uccidersi, questo pensiero gli avrà reso la morte ancora più amara: quanto sarebbe stato bello se mi avessero accettato quando non ero niente, ma ero solo me stesso?
Questa sofferenza, questo male di vivere, questo essere maledetto, però, sono lontani dalle immagini di Pietro Marcello, che sono bellissime, sì, ma poco umane, poco sporche, poco vere. Troppo poco per essere abbastanza.
Margherita Giusti Hazon
TRAILER UFFICIALE
Laureata in Lettere Moderne, Margherita lavora alla Fondazione Cineteca Italiana, collabora con la rivista Fabrique du Cinéma, ha in corso alcuni progetti come sceneggiatrice e ha pubblicato il suo primo romanzo, CTRL + Z, con la casa editrice L’Erudita.
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