Un commento conclusivo sulla 72esima edizione della kermesse cinematografica elvetica in compagnia di Diego Ricco.
Reportage serali, interviste con gli ospiti, gallerie fotografiche e nuove recensioni ogni giorno, per noi di MaSeDomani agosto vuol dire Locarno film festival. E anche in questo 2019 l’abbiamo seguito dall’inizio alla fine. Sebbene un articolo sui vincitori sia stato pubblicato poche ore dopo la premiazione, all’appello manca ancora un ultimo commento: quello che fa il punto su Locarno 72 dalla prospettiva del pubblico di Piazza Grande.
Per due settimane, in quella platea c’era una nostra vecchia conoscenza. Una persona che si è goduta i film sotto le stelle chiacchierando con i vicini di pardo-seggiola e tastando il polso del popolo festivaliero. Torna con noi Diego Ricco, musicista, speaker radiofonico e imprenditore luganese con cui abbiamo già avuto il piacere di commentare il Festival in passato.
L’edizione numero 72 si è distinta per essere stata la prima sotto la direzione artistica di Lili Hinstin. E la prova più dura da superare è stata proprio cercare di soddisfare coloro che gremivano ogni sera Piazza Grande. Non deve essere stato semplice per la neodirettrice decidere il palinsesto destinato a una platea così esigente. Ecco le sensazioni percepite, dal suo interno, dal nostro ospite.
Caro Diego, ben ritrovato. Partiamo con una domanda generale: nell’insieme com’è andata quest’anno?
Ben ritrovato a tutto il pubblico di MaSeDomani.
Quest’anno è andato benissimo, sono entusiasta della nuova direzione artistica del Festival.
Chiudendo gli occhi quali sono le prime due cose che ti vengono in mente?
La prima immagine è quella del poster di Maradona che rappresenta il calciatore giovane con uno sguardo fermo ed etereo, non ancora consapevole di cosa sarebbe stata la parabola del suo personaggio. Percorso poi narrato egregiamente nel documentario di Asif Kapadia.
Come seconda immagine, invece, la protagonista del cortometraggio di Enrico Ghezzi sugli scontri del G8 a Genova. Essa rappresenta a pieno la maniera trasversale e dissacrante di vedere l’arte dell’immagine e di stimolare una riflessione del suo autore. Il conferimento del premio dell’Utopia al critico cinematografico italiano è stato uno dei momenti più alti che abbia mai vissuto a Locarno. Diverse standing ovation del pubblico hanno omaggiato Ghezzi prima e dopo la proiezione. Anche in questo caso, il mio apprezzamento va a Lili Hinstin per aver riconosciuto il merito ad una persona coraggiosa, che ha fatto tanto per diffondere il cinema proponendo “Cose mai viste…”
Per un attimo focalizziamo sulla gente, come ti è parsa? Con lo scorrere dei giorni, hai notato cambiamenti di atteggiamento? C’è stato un momento/ una sera in particolare in cui ti sei reso conto che stava tornado (o svanendo) la fiducia nel Festival?
Da quello che ho potuto vedere e percepire, in particolare in Piazza Grande, ho notato un pubblico entusiasta che ha apprezzato il cartellone. Mi sono comunque confrontato con pareri discordanti: chi condivideva il mio entusiasmo per le scelte di Lili Hinstin e del suo staff e chi invece aveva un occhio più critico. Sicuramente la serata di Once Upon A Time… in Hollywood di Quentin Tarantino ha segnato l’apice della Piazza, mettendo assieme cinefili e il grande pubblico fan dei Blockbuster.
Fermo restando che la totalità delle proposte di una manifestazione di simile portata non possa andare a genio a tutti, della Selezione Ufficiale quale titolo ti ha stupito?
Rimanendo in Piazza Grande, dove son riuscito a visionare la maggior parte delle pellicole, posso dire con certezza che per me è stata l’edizione più bella degli ultimi 10 anni. Non c’è stata una serata dove sia uscito deluso dalla proiezione. Posso citare 7500, lungometraggio d’azione che pur essendo girato in soli 4/5 metri quadri, mi ha tenuto incollato allo schermo per 1 ora e mezza; interessanti pure la Fille du Bracelet, Instinct e Camille, opere validissime, dure in certi passaggi ma che ti fanno pensare anche una volta rincasato. Una Piazza Grande che ha saputo emozionare, stupire e far riflettere senza mai annoiare, e questo con un programma di una ventina di film è veramente eccezionale, complimenti ai curatori.
In merito al Concorso Internazionale, sarà che sono stato fortunato, ma i due titoli che ho visto – Terminal Sud e The Last Black Man in San Francisco – mi sono piaciuti. Due validissime proposte, avrebbero forse meritato di più nel Palmarès; alcuni addetti ai lavori erano del mio stesso avviso.
Tra i lungometraggi visti, quali secondo te, proprio grazie a tale vetrina, riusciranno ad approdare nelle nostre sale nei prossimi mesi?
A parte Tarantino che vedremo al cinema tra meno di un mese, Diego Maradona potrebbe essere interessante data la fama del personaggio. Potrebbero farcela pure la Fille du Bracelet e, perché no, Days of the Bagnold Summer.
E le opere rossocrociate come ti sono sembrate?
Ne ho vista solo una e, di nuovo, sono rimasto stupito in positivo: Die fruchtbaren Jahre sind vorbei. Una commedia divertente a tratti surreale girata in Svizzera tedesca. Ben fatta e non banale. Sarebbe bello approdasse nelle nostre sale!
Cosa ne pensi del vincitore del Premio del Pubblico UBS?
Premio meritatissimo. Il film narra la storia di Camille Lepage, fotografa di guerra scomparsa giovanissima mentre faceva il suo lavoro. Una storia difficile da riportare sul grande schermo senza cadere in moralismi o romanzare troppo i fatti. Il regista ci è riuscito benissimo: è riuscito a toccare ed emozionare il pubblico della Piazza.
E di Instinct, che si è aggiudicato il Variety Piazza Grande Award?
Sono contento del riconoscimento. Instinct è stato uno dei titoli che ho apprezzato di più. I profili psicologici dei due protagonisti sono costruiti veramente bene. Due personaggi che a tratti possono addirittura irritare il pubblico nei loro atteggiamenti, ma il cinema deve fare anche questo, colpirti per smuoverti e farti riflettere.
Data la tua vasta conoscenza musicale, quale pellicola ti ha colpito più per la colonna sonora che per la trama?
Once Upon A Time … in Hollywood con una compilation di brani noti (e meno noti) degli anni 60 che accompagna tutto il lungometraggio riuscendo a farti immergere nel mood malinconico, spesso ironico, di una Hollywood che stava transitando verso una nuova era. Scelte musicali accorte e particolari, contrastanti in certi momenti con la drammaticità della narrazione, cosa tipica di Tarantino.
Se vi fosse un ipotetico questionario coi suggerimenti agli organizzatori, quali ti sentiresti di dar loro per il 2020?
Continuare a puntare sul cinema come arte e non cercare di trasformare il Festival in una manifestazione generica di intrattenimento estivo per la città di Locarno. Ciò va fatto in altri momenti e con altre modalità. Dobbiamo ricordarci che la kermesse trae la sua forza ed il suo prestigio proprio dalla sua specificità. Un po’ di nostalgia del Festival di una decina di anni fa ce l’ho, il cinema era protagonista e la vita notturna spumeggiante. Erano altri tempi, senza restrizioni di orari e divieti, erano meno formali e vi erano molte iniziative collaterali. Era più genuino e soprattutto l’affluenza di gente “extra festival” era maggiore.
Lili Hinstin ha portato una sua visione cinematografica precisa, penso a certe scelte come John Waters, la nuova sezione Crazy Midnight o, per esempio, il cortometraggio in Piazza Grande New Acid (che non mi è piaciuto ma lo ritengo comunque una idea interessante). Lei e il suo staff vanno sostenuti a continuare su tale linea con coraggio e libertà d’azione. Nel corso degli ultimi anni il pubblico è diminuito e alcuni appassionati di settima arte hanno abbandonato la platea, spero che la nuova era riesca a farli tornare a frequentare Locarno.
Investire sulle infrastrutture, penso alla situazione del Fevi o di Piazza Grande (sedie ecc…), è un punto che deve restare in agenda. E cercare di fare tornare Locarno a essere luogo di dibattito, il cinema può essere un grande incubatore di riflessione e confronto.
Ritengo azzeccata la scelta della nuova direttrice artistica e spero che gli anni a seguire confermeranno il mio entusiasmo. Il Festival di Locarno, nella sua storia, ha avuto il coraggio di evolversi, se in bene o in male è molto soggettivo, sono però convinto che il Pardo continuerà a ruggire anche nei prossimi anni.
Nel ringraziare Diego per la disponibilità, speriamo che #Locarno72 sia piaciuto anche a voi quanto a noi. Vi ricordiamo che abbiamo tenuto un diario dove durante l’anno potrete rileggere gli articoli e sfogliare le gallerie fotografiche. E non dimenticate che la 73esima edizione della manifestazione si terrà dal 5 al 15 agosto 2020.
All’anno prossimo!
Intervista a cura di Vissia Menza
Nota: un clic sulle parole in rosso per leggere gli approfondimenti correlati al commento a Piazza Grande e dintorni
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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