La nostra intervista a John Waters, ospite d’onore del 72° Locarno film festival.
La leggenda del cinema di mezzanotte John Waters è stato premiato ieri sera al Festival di Locarno con il Pardo d’Onore.
Il “Papa del trash”, autore di film iconici come Hairspray, Pink Flamingos e Cry Baby, è stato anche protagonista di una retrospettiva di cinque titoli a Locarno72.
Abbiamo incontrato John Waters a Locarno e il “Papa del trash” ci ha parlato senza filtri del suo cinema, della sua carriera e del suo nuovo libro, Mr. Know-It-All: The Tarnished Wisdom of a Filth Elder, appena uscito negli Stati Uniti.
Riguardando i suoi film nel 2019, sembra che il mondo diventi di anno in anno più somigliante a quello che raccontava: è un merito del suo cinema o un demerito della realtà?
John Waters: (ride) E’ sicuramente un bene per me, ma forse non per il mondo. Oggi il clima-Trump ha rovinato anche il cosiddetto cinema “camp”, ha fatto diventare le cose così grottesche che è difficile che il cinema possa fare di meglio. Guardando il lato positivo di questo, la gente può ridere delle cose che vanno male, usare l’arma dell’ironia, quindi penso che un certo tipo di cinema sia utile in una situazione sociopolitica del genere.
Ma sicuramente l’attualità del mio cinema non serve granché a produttori e distributori: a loro non interessa se un film ha successo dieci anni dopo, a loro serve che un film faccia incassi nel momento in cui esce…
E non è sempre stato così, nella sua carriera…
John Waters: Esatto. Female Trouble (uno dei titoli riproposti a Locarno72 ndr) per esempio fu un insuccesso al box office e lo stesso accadde con Cry Baby. Ora molta gente ha rivalutato i miei film e soprattutto Cry Baby grazie ai passaggi in tv e perché c’è un attore consacrato come Johnny Depp.
Ma loro non voglio un successo postumo, lo vogliono nel momento in cui il film esce al cinema.
E quando usciva un film come Pink Flamingos, veniva rapidamente etichettato come “camp” o “trash”…
John Waters: Non lo definivano nemmeno “camp”, lo definivano direttamente “pornografia”. Ho avuto un sacco di cause in tribunale, senza mai vincerne una.
Addirittura il proprietario di un cinema qui in Svizzera rischiò la galera solo per aver proiettato il film. Quella fu la prima controversia, quando uscì il film il MoMa, il Museo di arte moderna di New York comprò una copia del film e pensavo che questa cosa mi avrebbe in qualche modo riabilitato.
In realtà non è stato così.
John Waters: Vedere un film del genere alle 10 del mattino, come facevano i membri delle giurie, può davvero farlo risultare osceno, ma se lo vedi a mezzanotte col pubblico giusto non lo è affatto.Dipende dal contesto.
Il film aveva solo pessime recensioni. L’unica persona che ne parlò bene fu Fran Lebowitz su Interview, la rivista di Andy Warhol.
Ma alla fine abbiamo costruito una carriera su queste recensioni pessime. Anche sul poster abbiamo messo la citazione “il film più disgustoso mai realizzato”, per trasformare le stroncature in pubblicità.
E’ un meccanismo che oggi non si potrebbe ripetere, i critici sono troppo “hip” per innescare questo meccanismo. Sono più scaltri, non scriverebbero mai una recensione che potresti utilizzare a tuo favore.
Da qui al Pardo d’onore a Locarno…
John Waters: Sono molto felice perché di solito questi elogi li senti solo al tuo funerale, invece ora ricevo questi premi prestigiosi. In Francia mi hanno dato una medaglia, è molto buffo, non la indosso oggi però (ride ndr). David Simon di The Wire mi ha consegnato il Writers’ Guild Award… Senza alcuna ironia, mi fa davvero piacere ricevere questi riconoscimenti.
Sono cose che danno coraggio ai giovani, che tutto può succedere nella vita.
La mia carriera è andato oltre le mie più rosee aspettative, in fondo volevo solo fare dei film di mezzanotte fighi, tutto qui.
Da piccolo leggevo Variety, volevo che succedessero delle cose, non ero un ingenuo o un outsider, non vivevo in un camper o facevo il criminale. Anche se è quello che la gente pensava quando vide per la prima volta Pink Flamingos, pensava che fosse un documentario. Mi chiedevano: “vivi ancora lì dentro o ti sei trasferito?”.
Si rendeva conto che con Pink Flamingos stava realizzando qualcosa di così innovativo?
John Waters: Ne ero conscio, perché volevo fare un film di successo, che colpisse. E nel contesto del genere, Pink Flamingos lo è stato.
La prima volta che l’ho visto assieme a un pubblico, durante la scena finale (quella con la cacca di cane ndr) non sapevano neanche come reagire, ma pareva che dovessero assolutamente parlarne a qualcuno.
Una scena memorabile…
John Waters: Era un momento surreale, una trovata per far parlare e che ha funzionato molto più di quanto potessi immaginare.
Divine invece lo odiava perché la gente gli chiedeva sempre di quello, ma avrebbe dovuto vantarsene, questo dimostrava quanto fosse un bravo attore, altro che metodo di recitazione, è come fare i propri stunt!
L’unica altra persona che conosco che avrebbe fatto una cosa del genere è Johnny Knoxville, lui l’avrebbe mangiata senza dubbio. In Jackass rivedo lo spirito dei miei primi film, infatti siamo molto amici.
E’ ancora possibire creare cult del genere?
John Waters: Non ho mai voluto creare dei film cult, era piaciuto a della gente ma aveva fatto perdere un sacco di soldi ai produttori. Il problema era che piaceva alla gente intelligente e non a milioni di persone stupide. E questo non va bene nell’industria…
C’è qualcosa che invece non rifarebbe?
John Waters: Desperate Living. E’ il film che è andato peggio al botteghino, il meno gioioso e quello considerato più politicamente scorretto dal movimento transgender.
Quando uscì il movimento lesbo lo contestò, dicevano un uomo non poteva fare una commedia sulle lesbiche, invece oggi fanno proiezioni del film nelle università per raccogliere fondi. Vedi, non si sa mai…
Ah, sono un sostenitore delle lesbiche. Gli uomini gay devono essere riconoscenti alle lesbiche, perché quando ci fu la crisi legata alla diffusione dell’AIDS furono loro a lottare in prima linea per supportarli e lottare per l’ottenimento delle medicine necessarie.
Lo fecero in maniera altruistica, spesso gli uomini gay se lo dimenticano.
E’ stato Hairspray il punto di svolta della sua carriera?
John Waters: Sì, ricevere il Tony Award per Hairspray fu un momento decisivo. Però se mi guardo indietro, è stato un successo molto graduale in realtà. Con alti e bassi, certo. Multiple Maniacs e Female Trouble ad esempio non furono certo hit, ma progressivamente sono diventati tra i più popolari e richiesti nelle retrospettive e nel mercato dell’home video.
Come nascevano i personaggi indimenticabili dei suoi film?
John Waters: Avevano sempre origine da qualcosa di personale, non per forza dalla mia persona ma da qualcosa che vedevo in casa o fuori, da storie che leggevo, ma quasi sempre filtrati da stimoli molto personali.
Non erano calcolati per essere divertenti o forzatamente oltraggiosi, così come quando ho scritto Hairspray non volevo fare un “film commerciale”, lo è semplicemente diventato. Volevo che tutti i miei film diventassero dei successi, delle hit, dal più “commerciale” al più scomodo.
E volevo che tutti incassassero tantissimo, perché solo così potevo fare quello successivo. E’ così che funziona.
Si diverte più a scrivere o a girare?
John Waters: Non mi sono mai divertito molto a girare un film, ci sono spesso state situazioni di ripresa abbastanza complicate, con scene ripetute allo sfinimento.
Quindi meglio scrivere: anzi, direi che il momento più divertente e liberatorio è pensare il film, elaborarlo nella mente ancor prima di scriverlo. La parte brutta e faticosa è farlo diventare reale!
Ecco perché non potrei mai girare un film che non ho scritto. Dov’è il divertimento?
Polyester e altri suoi film dimostrano di avere molto oltre il “cattivo gusto”: speranza, umanità, orgoglio per la propria identità. Non si arrabbia quando viene chiamato sempre e solo regista “trash” negli articoli?
John Waters: Ho sempre detto di essere un ottimista (ride ndr)! Ed è quello in effetti il senso di cui i miei film sono pervasi, in fondo.
Con l’eccezione, ancora una volta, di Desperate Living, che era effetticamente deprimente, e non è un caso che sia stato un grosso insuccesso.
Se pensi ai finali di film come Pink Flamingos e Female Trouble, ma anche Polyester, i protagonisti ottengono esattamente quello che sognano, quello che auspicano. I loro sogni diventano realtà, anche se per vie traverse o assurde.
Ma non sono lieti fine tradizionali, vince quasi sempre la persona sbagliata o nel modo sbagliato.
John Waters potrebbe nascere artisticamente negli Stati Uniti di Trump, oggi?
John Waters: Certo, è la condizione ideale per ribellarsi! Quando vado a fare incontri nelle università americane dico ai ragazzi: “Perché non vi incazzate? Perché non fate qualcosa?”.
Però non citerei esplicitamente la politica o Trump: circoscriverebbe il film in un periodo storico, mentre io voglio film che duri per sempre.
Ma qualcuno lo farà, verrà spedito a Hollywood con 80 milioni di budget per un film che probabilmente gli brucerà la carriera, perché è un film per il “qui ed ora”. Una specie di meccanismo usa e getta.
Come si è evoluta la moralità?
John Waters: Ora la moralità, è molto maggiore rispetto al periodo in cui uscivano i miei film. Questo significa che ci sono molte più regole da infrangere! Negli anni sessanta e settanta si faceva sesso con 10 persone ogni notte, ora ti serve un avvocato per chiedere a una persona di uscire con te.
Ho sperimentato entrambe le situazioni. Sono due estremi, e io prenderei in giro entrambi, non importa a quale dei due mondi senta di appartenere.
Se fossi nato oggi, farei film che prendono in giro questa situazione sociale o politica, cercherei di trarne vantaggio.
Si considera politicamente scorretto?
John Waters: Paradossalmente, mi ritengo politicamente corretto. Prendi l’esempio di Hairspray, non ho mai deriso o dileggiato le persone grasse o brutte, gli outsiders, alla fine vincono loro. Dipende come tratti la cosa.
Perché prendo in giro cose che amo, e questo viene percepito.
Quando abbiamo fatto il casting per Hairspray abbiamo messo un annuncio che cercava “ample women”, donne abbondanti… Era molto corretto se ci pensi, ma si sono presentate solo 8 persone.
Quando è stato fatto il remake c’erano centinaia di candidate, questo significa che il concetto del film ha fatto sentire bene le ragazze sovrappeso. Penso proprio che non abbia mai fatto incazzare nessuno.
L’unico film che oggi mi causerebbe serissimi problemi, come dicevo, è Desperate Living, per il movimento transgender, che oggi viene trattato e narrato in modo molto diverso.
E’ possibile essere ancora così potenti e rivoluzionari, col cinema?
John Waters: Non su Youtube. Il cinema richiede un lavoro meno veloce, meno immediato, mentre il trend odierno è a rapido consumo. Nella musica è diverso, un Bieber può nascere e crescere direttamente su Youtube, non un filmmaker.
Quando uscì Pink Flamingos ci vollero due anni perché venisse distribuito in tutto il Paese, prima era qualcosa che veniva mostrato una volta a settimana, nel weekend, a mezzanotte.
Oggi magari uscirebbe ovunque, subito, ma se non facesse un buon incasso verrebbe immediatamente tolto dalla programmazione.
Potrei paragonarlo a Spring Breakers, che venne definito “il film più irresponsabile mai uscito”. Un film che però come vedi ha incassato poco. Eppure era un ottimo film. Ottimo, ma non bello come Pink Flamingos. (ride ndr)
E poi c’è la carriera da attore…
John Waters: Sì, ho adorato partecipare a Alvin Superstar – Nessuno Ci Può Fermare (nel 2015) o ne Il Figlio Di Chucky, della saga de La Bambola Assassina. Ma anche in serie tv come My Name Is Earl. L’ho fatto perché volevo fare qualcosa che la gente non si aspettava. Dunque, non recitare in film indipendenti o sofisticati, ma in grandi film blockbuster.
Però è buffo, a New York, quando prendo la metropolitana, la gente mi riconosce solo per essere stato in un film con Chucky!
Nel film di Alvin c’è una scena in cui critico il modo di mangiare di Alvin e lui risponde: “non giudicarmi, ho visto cosa hai combinato in Pink Flamingos”. Non ci potevo credere che avessero messo questa allusione in un film per bambini!
E sempre per “colpa” di Alvin in aeroporto dei bambini mi hanno avvicinato perché mi hanno riconosciuto… Mi hanno circondato e fatto fare la figura del molestatore!
C’è anche un suo cameo in uno stupendo episodio dei Simpson…
John Waters: Sì, mi chiamarono per propormi la cosa e io ne fui onorato, era un episodio molto coraggioso, ebbe un grande significato perché fu uno dei primi casi in cui venne trattata la questione dei diritti degli omosessuali. Ma non ho contribuito a scriverlo o a definire il personaggio, era tutto pronto.
In Mr. Know-It-All, il suo nuovo libro, dispensa consigli su argomenti disparati: come è nata questa idea?
John Waters: Il mio consiglio parte dal presupposto che, a ben vedere, sono 50 anni che ho successo.
In “Role Models”, un mio libro precedente, avevo parlato dei personaggi che mi hanno ispirato, ora vorrei passare agli altri un po’ della mia esperienza e conoscenza.
Ho avuto uno strano successo a Hollywood, pagato grandi cifre per i film che sono andati peggio, è bizzarro se ci pensi.
Alla fine non ho neanche dovuto cambiare così tanto, o scendere a compromessi. Se avessi cambiato i film, smussandoli, nel 2019 non li proietterebbero più da tempo. Invece lo fanno.
E quando morirò, forse, l’impennata di vendite dei dvd li rimanderà in pari. (scoppia a ridere ndr)
Il suo cinema è stato definito una “rivalutazione dei valori”, mi sembra una definizione perfetta…
John Waters: Sono d’accordo, alla fine di “Mr. Know-It-All” infatti ringrazio i miei genitori per avermi imposto molte regole di buon gusto, senza di esse non mi sarei potuto divertire ad infrangerle.
Quindi sì, dobbiamo conoscere i valori della società e della famiglia, peraltro non sono contrario a tutti loro, credo che alla fine si diventi una bizzarra, stramba versione dei propri genitori in ogni caso. Quindi prendi le cose buone che fanno e pensano, rigettando quella piccola parte che non condividi o non senti giuste. Ma ti servono valori e regole, dei paletti e dei confini: senza tutto questo, come li oltrepassi?
Tuttavia oggi in America alcune regole sono estreme e ridicole ed ecco perché Trump non durerà: perché regole ridicole faranno sentire la gente ridicola, e la gente in fondo non vuole sentirsi tale.
Si può ancora usare il termine “camp” oggi?
John Waters: Nemmeno delle vecchie checche che parlano di Rita Hayworth in un negozio di antiquariato userebbero più il termine camp. Non conosco nessuno che è tanto gay da farlo.
E comunque camp era un termine “segreto” che usavano solo i gay, quando volevi fare una cosa fatta bene ma l’esito era terribile. Non è come il MET Ball (gala annuale benefico del Metropolitan Museum of Art’s Costume Institute di New York ndr), che usa il camp come tema ma che in realtà spende miliardi per vestiti perdendone totalmente la filosofia…
A proposito di miliardi: sono gli incassi che fanno i film di supereroi. Cosa ne pensa?
John Waters: Quando penso che quei film fanno 300 milioni di dollari al box office, rimango basito. Non so neanche di cosa diavolo parlino! Nei trailer vedo solo pessimi effetti speciali e il green screen. Sono freddi come dei progetti scientifici. Magari sono io che sbaglio nei confronti dei Marvel, e forse sbaglio in molte altre cose, ma non sopporto i cinema moderni, con poltrone su cui sdraiarsi e con un tizio che passa a portarti il cibo… Ma questo è quello che funziona.
Sai perché i produttori non vogliono commedie? Perché l’umorismo è difficile da globalizzare, quello che è divertente in America probabilmente non lo è in Italia. Sei italiano, no?
Sì.
John Waters: Voi avete fatto le peggiori traduzioni dei titoli dei miei film! Hairspray è diventato Grasso E’ Bello! Un’oscenità! E Serial Mom è diventato La Signora Ammazzatutti! C’entrano proprio poco… Ti prego, dimmi che avete smesso di farlo!
Luca Zanovello
ndr. Oltre all’intervista a John Waters nel nostro diario trovate tutti gli articoli da #Locarno72
Si ringrazia l’ufficio stampa per l’opportunità
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole
Leave a Comment