La recensione di Cafarnao – caos e miracoli, l’ultimo film di Nadine Labaki sul tema del maltrattamento infantile, dall’11 aprile al cinema.
In competizione prima per la Palma d’oro a Cannes e poi per l’Oscar come miglior film straniero a Los Angeles, Cafarnao – caos e miracoli è stato entrambe le volte surclassato dai suoi compagni. È il caso, come si ricorderà, di Un affare di famiglia di Kore’eda prima e di Roma di Alfonso Cuarón poi. Tuttavia, il film di Nadine Labaki ha trovato presto il modo di far parlare di sè.
Il film, caratterizzato da una delle accoglienze critiche più controverse degli ultimi anni, è infatti stato al centro di molte polemiche. Può un lungometraggio che attinge a piene mani da quanto di più sporco il cinema possa offrire da raccontare – una storia d’abuso infantile – riuscire a uscirne pulito come una rosa, o meglio, come una palma? Ha senso offrire il gran Premio della giuria a un film accusato di aver studiato a tavolino i modi più ovvi per smuovere i cuori di un festival? L’operazione – umana, ancor prima che professionale – della Labaki è stata messa duramente sotto accusa.
Eppure, è difficile non riconoscere al suo film un grande impegno etico, oltre che emotivo. Per un risultato capace, sì, di fare breccia tra i palmarès di un festival ma anche, soprattutto, nelle vite di chi lo recita. I protagonisti sono infatti tutti reclutati dalla strada e c’è una grande aderenza fra il ruolo da loro recitato nel film e la vita realmente vissuta al di fuori. In particolare, Zain (Zain al-Rafeea) è davvero un profugo siriano che all’età di 12 anni si è rifugiato in Libano, a Beirut. E appena l’anno scorso è riuscito a trasferirsi stabilmente con la sua famiglia in Norvegia, dove ora gode del diritto d’asilo e frequenta la prima scuola della sua vita.
Il film della Labaki, che non segue questa seconda parte della sua vita, ma ne ha in qualche modo agevolato le sorti, è in questo senso un vero “cafarnao” di tematiche. Dalla crisi dei rifugiati siriani a quella delle baraccopoli libanesi, dal maltrattamento infantile all’abuso sui minori. Il tutto per approdare a un epilogo spiazzante: Zain che cita in tribunale i propri genitori per averlo fatto nascere. Ma, d’altronde, si può comunque parlare di nascita quando non esiste un documento a certificarlo?
«Nel corso delle mie ricerche ho riscontrato una grande quantità di situazioni analoghe. Bambini i cui genitori non hanno i mezzi per registrarne la nascita e finiscono così per essere invisibili agli occhi della legge e della società. Muoiono senza che nessuno se ne accorga perché di fatto non sono mai esistiti».
Cafarnao – caos e miracoli, forte di ricerche durate 3 anni e più di 500 ore di girato, spazia attraverso le più disperate vicende umane con grande tatto e umanità. È un film coraggioso, ma delicato. Capace di unire la bellissima complicità fraterna de I bambini del cielo al dramma urbano di film come Turtles can Fly. Ma il tutto senza rinunciare all’ironia. Per un risultato di 123 minuti teneri, violenti, sfaccettati, proprio come le vite dei suoi protagonisti. Dall’11 aprile al cinema!
Alessandra del Forno
Amante del cinema documentario e di tutto ciò che riesca a sublimare in immagini la poeticità del quotidiano, Alessandra è una giovane laureata che vede in Wenders, Tarkovskij (e Aldo, Giovanni e Giacomo) la strada verso la felicità. La potete trovare ogni due lunedì del mese tra i cinefili del LatoB e tutte le altre sere tra gli studenti di documentario della Luchino Visconti a Milano.
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