ESCAPE ROOM: ingegnati o muori

La recensione in anteprima di Escape Room, il film horror di Adam Robitel al cinema dal 14 marzo 2019. 

La locandina del film Escape Room

Quando pensi a un pugno di sconosciuti rinchiusi in una stanza, se sei ottimista la mente va a Cube – Il Cubo (1997) e alle imperscrutabili, esistenziali implicazioni di un enigma di portata atavica.
Se sei una via di mezzo, magari, ecco che riaffiorano l’exploit di Saw – L’Enigmista (2004) e la sfilza di sequel sempre meno divertenti.
Se sei pessimista, restando in zona horror, pensi alla saga del Grande Fratello, del celebre regista del brivido Endemol.

E anche i sei sfortunati eroi di Escape Room (Adam Robitel, The Taking) a ben vedere finiscono segregati per loro scelta. Dove? In un’escape room definitiva, quasi impossibile da risolvere, invitati da misteriosi programmatori di divertimento per le masse. Il movente? Un sacco di soldi, insieme all’orgoglio di uscire trionfanti dal labirinto di indizi che verrà presto aperto al pubblico.

una scena del film horror Escape Room – Photo: Sony Pictures Italy

Timidina, secchione, maschiaccia, bruto, alcolista e manager: gomito a gomito per un Breakfast Club letale, tra pareti che nascondono insidie un po’ troppo realistiche e gli immancabili fantasmi del passato da scacciare con lavoro di squadra e problem solving.

Riapplicando la formula dell’invito al delitto senza cena, tramite adescamento finanziario (vedi antesignano La Casa Dei Fantasmi, anno 1959), Escape Room ripercorre quella linea retta che, passando per il massacro, congiunge la disperazione alla redenzione.
Massacro si fa per dire, perché il film di Robitel urla l’orrore sottovoce e non sfiora mai, neanche con l’immaginazione, l’eccesso. E si tiene ben distante da letture eccessivamente contorte e psicoanalitiche della prigionia e delle nuove frontiere del divertimento adolescenziale.

una scena del film horror Escape Room – Photo: Sony Pictures Italy

Anzi per lunghi tratti, porta dopo porta, Escape Room diventa un semplice giochino di sopravvivenza come fosse uno slasher, con un assassino impalpabile che cambia in ogni locale forma ed arma.
Pescando qualche jolly, che rende il film meno anonimo del previsto e potenziale caposerie.
Come un bagaglio di creatività superiore alle aspettative, che si traduce in meccanismi, dinamiche e tranelli acrobatici e visionari, ben supportati dalla regia temeraria di Robitel.

Escape Room è un po’ il cuginetto (in adorazione) del cuginone Final Destination, come lui crea la tensione e l’oppressione con un meccanismo semplice e fantasioso, ma imprevedibile proprio perché dona alla morte una forma ineluttabile ma infinitamente mutevole.
Con la solita ironia da horror concesso ai minori, che sa però fare un passo indietro quando serve.
Voto: 6,5/10

Luca Zanovello

 

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