Alla scoperta della retrospettiva dedicata a Max Beckmann al Museo d’Arte Mendrisio fino al 27 gennaio 2019.
Abbiamo parlato recentemente del fermento culturale che si sviluppò a Vienna tra ‘800 e ‘900, di quella rivoluzione per mano di Klimt e Schiele che fece da trampolino per l’arte moderna, mentre in Francia l’impressionismo e il fauvismo portavano all’attenzione del mondo l’estro di Matisse, di un giovane Picasso, di Cézanne e di molti altri nomi che abbiamo imparato ad amare. Al fianco di questi grandi personaggi, c’erano colleghi di pari talento. Artisti che in alcuni casi ebbero immediato successo, ma la cui allure col tempo è rimasta relegata agli ambienti frequentati da esperti e appassionati, oppure il cui lavoro non è riuscito ad avere la medesima fortuna semplicemente perché essere nel posto giusto al momento giusto può far la differenza tra avere o meno una carriera folgorante.
Tra i pittori dal talento estremo, le cui opere seppero da subito sedurre i propri contemporanei, dobbiamo annoverare anche Max Beckmann. Un autore considerato, insieme a Matisse e Picasso, tra i Maestri dell’arte moderna. Un espressionista che ha lasciato una delle più lucide e travagliate testimonianze sulla vita nel secolo scorso, stranamente ancora poco conosciuto in area italofona.
Max Beckmann (1884 – 1950)
Nacque a Lipsia nel 1884. Si dimostrò abile con matita e pennello sin da giovanissimo, cosa che lo portò a studiare all’Accademia di Weimar. Viaggiò molto. S’innamorò del bel paese e dei capolavori di Tintoretto e Michelangelo (un cordone ombelicale che mai reciderà). E si spostò presto a Berlino dove si unì alla Secessione.
La sua non fu un’esistenza tranquilla, come emerge in modo dirompente nei suoi lavori. Le vicende storiche lasciarono un segno indelebile nella sua anima e la sua mano seppe trasporle su tela. Sono scene dal tratto pulito, mai morbose, che esprimono un’angoscia contagiosa e tangibile, efficace monito per le generazioni a venire degli effetti degli orrori causati dall’uomo.
È proprio l’esperienza della prima guerra mondiale (fu ausiliario sanitario) ad allontanarlo definitivamente dall’impressionismo (della Secessione berlinese) per abbracciare il verismo e subire il fascino del cubismo. Le trasformazioni della sua pittura saranno spesso, infatti, dettate dalle tragedie del suo tempo. Perché alla Grande Guerra seguì a tambur battente il nazismo e il secondo conflitto mondiale. E la sua produzione divenne lo specchio tanto dei tormenti del passato quanto degli incubi del futuro.
Venne annoverato tra gli artisti degenerati e nel 1937 dovette lasciare la Germania. Spese una decade difficile in esilio ad Amsterdam quindi andò alla conquista del Nuovo Mondo, dove visse momenti di largo riconoscimento prima di andarsene, all’improvviso, nel 1950 mentre stava recandosi al Metropolitan Museum di New York a vedere l’esposizione di una sua opera – Autoritratto in giacca blu (purtroppo non presente oggi al Museo).
Max Beckmann in mostra a Mendrisio
L’antologica in questi mesi in Ticino offre una ricchissima e intima panoramica di quest’autore poco celebrato nella nostra terra. Era una voce preziosa – e solitaria – del Novecento ed esserne consapevoli aumenta l’attrattiva e l’importanza di organizzare una visita.
Ebbe una vita straordinaria. Il percorso espositivo, inevitabilmente cronologico, ci fa indossare la pelle di un sopravvissuto, ad un’epoca in cui l’essere umano ha dato il peggio di sé ma è riuscito anche a dargli fama e onori. La sua arte – mai dimentica dei grandi maestri – è versatile e spazia da un tagliente bianco e nero al colore acceso; da scene orribili e ambienti claustrofobici a forme morbide e figure piene; dai disegni dal fronte ai dipinti con tocco ironico.
C’è un’alternanza di ferocia e bellezza tale da rendere l’esperienza intensa, a tratti enigmatica, sempre appassionante.
Era prolifico. In totale sono 30 i dipinti (di cui 8 gli autoritratti), 17 gli acquerelli, 80 le grafiche e 2 le sculture che ci regalano la rara opportunità di scoprire le tante tecniche sperimentate da Beckmann. Soprattutto le grafiche (sviluppate dal 1917 al 1922 e dopo il 1945) che, oltre a riflettere pagine di storia nerissima, ci presentano l’evoluzione del suo concetto di spazio, la sua ricerca di un ponte tra realtà e sogno, il suo legame con Rembrandt (non perdete le acqueforti).
Ed era un visionario. Parecchi sono i simboli, le allegorie e gli oggetti (specchi, libri, fiori e quant’altro) disseminati nei suoi quadri che cercano un dialogo e innescano una sorta di sfida con l’osservatore. Impossibile quindi chiudere senza prima invitarvi a soffermarvi sulla fotografia della mostra con Picasso e Matisse che trovate nella prima sala; sull’ovale Rêve de Paris Colette (1931, foto in alto) che allude ad un secondo occhio sul sogno; e sulla sua personalità perentoria, evidente negli autoritratti, capace però di gesti inattesi – vedasi la Natura morta con sterlizie (1950) nel cui specchio si scorge un uomo dallo sguardo scherzosamente malizioso, il suo.
Vissia Menza
INFORMAZIONI UTILI
MAX BECKMANN
Dipinti, sculture, acquerelli, disegni e grafiche
28 ottobre 2018 – 27 gennaio 2019
Indirizzo: piazzetta dei Serviti 1 – Mendrisio
Orari: martedì – venerdì 10.00-12.00 / 14:00-17:00; sabato – domenica 10:00-18:00
Chiuso: il lunedì (festivi aperto)
Prezzi, mappe e tutti i contatti sul sito: http://museo.mendrisio.ch
Nota: la mostra è stata realizzata grazie al sostegno della famiglia Beckmann e al contributo di Siegfried Gohr, tra i massimi studiosi dell’artista.
Fonte e foto: si ringrazia l’ufficio stampa
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”