RED ZONE – 22 Miglia di Fuoco per la salvezza di Mark Wahlberg e la sua squadra

La recensione del film Red Zone – 22 Miglia di Fuoco di Peter Berg, con Mark Wahlberg e John Malkovich, al cinema dal 15 novembre 2018. 

la locandina italiana del film Red Zone – 22 Miglia di Fuoco

James “Jimmy” Silva (Mark Wahlberg), lavora per una organizzazione paramilitare americana. È uno di quei soggetti usati per rendere possibili missioni al limite dell’impossibile. Lui e il suo team sono fantasmi dalla potenza di fuoco illimitata grazie ad un angelo custode: la Red Zone. La Red Zone è una squadra tattica e super-tecnologica dislocata a centinaia di chilometri di distanza, che tutto può vedere (e far saltare in aria). Silva è in grado di abbattere muri, guidare in città sconosciute e diventare invisibile per mezzo della privilegiata visuale della misteriosa unità coordinata dall’altrettanto misteriosa figura dell’Alfiere (John Malkovich).

Oggi il gruppo di Silva si trova nel sud-est asiatico per scortare dall’ambasciata americana all’aeroporto, sito a 22 miglia di distanza, un importante informatore, Li Noor (Iko Uwais, The Raid), che tutti vogliono morto prima che sveli coordinate preziose. I 35 chilometri e poco più che li separano dalla destinazione finale diverranno un percorso ad ostacoli su cui si presenteranno sicari, traditori, vari corrotti e un intero campionario di brutti ceffi. Le esplosioni, i cazzotti e una serie di sorprese grondanti sangue si susseguiranno ininterrottamente sino all’ultimo istante.

Mark Wahlberg in una scena del film Red Zone – Photo: courtesy of Lucky Red

Red Zone – 22 Miglia di Fuoco è il nuovo lungometraggio diretto da Peter Berg, alla quarta collaborazione con Mark Wahlberg, decisamente diventato il suo attore feticcio.

Insieme, per la prima volta i due realizzano una storia originale, che non sia un sequel o l’adattamento di fatti altrimenti narrati. E anche a questo giro vincono la scommessa. Mettono in scena un adrenalinico spy thriller che ci inchioda alla poltrona per tutti i 94 minuti di durata. Nella corsa contro il tempo – durante la quale si devono decifrare codici ideati dai migliori hacker e risolvere il mistero di chi stia realmente orchestrando una missione che ad ogni curva pare imboccare la direzione sbagliata – ci illudiamo di essere dall’altra parte dello schermo, in una posizione che ci rende complici.

Il ritmo serrato, le battute e le soluzioni adottate giocano sapientemente con la nostra ansia e aprono di diritto la porta ad un secondo capitolo. Perfetto espediente per appagare la nostra curiosità sulle sorti di alcuni e per regalarci un altro giro sulle montagne russe. Red Zone, infatti, è un racconto, ancorato al reale, su come si svolgano le battaglie e le rappresaglie nel nuovo millennio. E pone l’accento su chi, quanto e cosa siamo disposti a sacrificare pur di avere informazioni in grado di influire sugli assetti politico-economici globali.

John Malkovich in una scena del film Red Zone – Photo: courtesy of Lucky Red

La pellicola riesce a rimanere in perfetto equilibrio tra questa fame di realismo e la voglia di azione, tra la necessità di suspense e la ricerca di divertimento. L’assenza di una “storia vera” alle spalle della sceneggiatura probabilmente è l’elemento che ha permesso di trovare l’alchimia necessaria al successo del progetto. Un progetto teso a somministrarci una dose massiccia di intrattenimento. 

Red Zone – 22 Miglia di Fuoco è quindi proprio quello che promette sin dal titolo: un ottimo divertissement tanto per gli interpreti quanto per lo spettatore. Un action che non abusa del green screen. Una perfetta evasione da venerdì sera che difficilmente deluderà i partecipanti. La lucidità di Silva mentre è sul campo, il suoi deliri di onnipotenza e la sua simpatica follia sono lo spasso che andavamo cercando!

Vissia Menza

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