Recensione di Summer (Leto) il film di Kirill Serebrennikov con protagonista Teo Yoo in anteprima a Cannes e dal 15 novembre 2018 al cinema. 

la locandina italiana del film Summer (Leto)

la locandina italiana del film Summer (Leto)

Passato da Cannes e dal Milano Film Festival, senza premi ma con plausi e il titolo simbolico di “film più cantabile” delle rassegne, arriva al cinema Summer (o Leto, come da titolo originale).
Una pellicola che, perfettamente in linea con la sua natura musicale, si divide tra palco e backstage.

Il palco, quello che vediamo per primo, è un bianco e nero di gran classe che inquadra l’ascesa della rockstar Viktor (Teo Yoo) e dei suoi Kino, per molti la band più famosa ed influente della storia russa.

E’ la Stalingrado di inizio anni ottanta, ancora stritolata dalla censura di regime, leggermente in anticipo rispetto alla Perestroika e all’arrivo della democrazia.
Una fase di transizione politica, mentre una transizione musicale (dal punk e glam anni settanta alla new wave di inizio ottanta) accompagna Viktor, il suo mentore artistico Mike (leader degli Zoopark) e la fidanzata-musa Natasha in un intricato triangolo romantico. 

una scena del film Summer (Leto) - Photo: courtesy of I Wonder Pictures

una scena del film Summer (Leto) – Photo: courtesy of I Wonder Pictures

Quello di Leto è sentimento, sì, ma mai banale e mai schedato, anch’esso transitorio e mutevole, in cui l’ascolto di un side-A vale quanto un amplesso.

Poi, nel “backstage”, l’impegnato regista Kirill Serebrennikov (agli arresti domiciliari) è bravissimo a raccontare fra le righe le tensioni, le limitazioni e i sogni di vita e arte, a tappezzare gli ambienti delle sacre immagini anglofone (Bowie, Lou Reed, Iggy Pop, Marc Bolan), ascolti clandestini e distanti per la gioventù della Stalingrado sotterranea.

E a salvarci dal melodramma, dal pietismo e dalle invettive politiche: anzi, quello che resta negli occhi e nelle orecchie è il tumultuoso impeto artistico, espressivo ed emotivo dei protagonisti, che trascina al sing-along anche il critico notoriamente ingessato.

una scena del film Summer (Leto) - Photo: courtesy of I Wonder Pictures

una scena del film Summer (Leto) – Photo: courtesy of I Wonder Pictures

Il contesto sociopolitico e le vicissitudini dei due iconici musicisti sovietici (entrambi scomparsi in giovane età, come da copione rock) sono faccende che vanno infatti principalmente a toccare nervi e viscere della Russia; ma l’intensità di Leto conquista tutti, un romance incendiario e pieno di inni che non disdegna soluzioni da musical fumettoso e narratori che guardando in camera ti dicono che “questo è successo davvero”.

Summer (Leto) invita in uno spaccato storico e artistico interessante e cruciale, facendo presente che non servono per forza gesti eclatanti per fare la storia e la resistenza: infatti come dice Viktor alla sua impossibile metà nella chiusura amarognola “tenersi la mano è la cosa più pericolosa di tutte”.

Voto: 7/10

Luca Zanovello