MUSEO – Folle (ma non troppo) rapina a Città del Messico

La recensione di Museo – Folle rapina a Città del Messico, il nuovo film con Gael García Bernal dal 31 ottobre al cinema.

La locandina del film Museo – Folle rapina a Città del Messico

Mentre il Latino-America continua a confermasi una piccola fucina di talenti, ecco arrivare nelle nostre sale un’ultima fatica firmata Messico: Museum. A quasi quattro anni di distanza da Güeros, dramma in B&W che aveva consacrato Alonso Ruizpalacios sulla scena internazionale, il pluripremiato regista messicano torna sul grande schermo con un altro sferzante capitolo di storia patria. Distribuito in Italia col titolo Museo – Folle rapina a Città del Messico, il film affonda le sue radici in un fatto di cronaca realmente accaduto: la rapina del Museo Nazionale messicano la notte del Natale 1985.

Il furto, avvenuto per mano di due semplici universitari, è quanto basta per innescare l’intreccio di un film in realtà ben distante dagli schemi del heist-movie tradizionale. Museo è più un film sull’indolenza, la noia e l’identità ferita di una generazione che non sa da che parte voltarsi. E nel dubbio si volta ad Acapulco e ai suoi ricchi trafficanti d’arte. Ma si può davvero trafficare ciò che è parte integrante del DNA di un paese? I due ladri, Juan e Wilson, scopriranno a loro spese quanto la risposta a questa domanda sia in realtà un fardello insostenibile.

una scena del film Museo – Photo: courtesy of I Wonder Pictures

Con la goffaggine di due bambini finiti in un gioco più grande di loro, Juan e Wilson daranno corpo a 128 minuti di puro delitto e castigo personale. La facilità con cui è stato portato a segno il colpo è la stessa che presto elimina ogni possibile compratore dalla scena. La refurtiva degna del più inestimabile valore finisce per non averne nessuno. Una ragazzata nata per noia si trasforma in un crimine contro la nazione. Cosa resta di tutto ciò? Uno zainetto da boy-scout e un incontro quasi felliniano con una donna di mondo.

La via verso l’autodistruzione è però costellata di felici digressioni sulla cultura ancestrale del paese: la maschera funeraria di Pakal, i reperti precolombiani, le Rovine Maya di Palenque… La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Manuel Alcalá e rincasata da Berlino con un Orso d’Argento, dà splendidamente spazio a una memoria poco nota al grande schermo. E per farlo sceglie uno dei volti più noti e amati del suo paese: quello di Gael García Bernal!

Il risultato è un film godibile e interessante, seppur non scevro da imperfezioni. Difficile empatizzare coi personaggi (per l’eccessiva esuberanza di uno e arrendevolezza dell’altro) o stupirsi di fronte a un colpo di scena. Tuttavia, l’idea di percorrere la strada maestra del cinema di genere per avventurarsi poi negli anfratti più intimi della storia di un paese è sicuramente vincente. Dal 31 ottobre nelle sale!

Alessandra Del Forno

Leave a Comment