Disobedience con Rachel Weisz: quando c’è tutto ma manca qualcosa 

La recensione di Disobedience, il film di Sebastián Lelio con Rachel Weisz tratto dall’omonimo romanzo di Naomi Alderman. Al cinema dal 25 ottobre 2018. 

Dopo un passaggio al Toronto Internationl Film Festival nel settembre 2017 e l’uscita negli USA ad aprile scorso, arriva nelle sale italiane Disobedience, ultima pellicola del regista cileno Sebastián Lelio (GloriaUna donna fantastica), che adatta insieme alla sceneggiatrice Rebecca Lenkiewicz il romanzo omonimo di Naomi Alderman e torna a mettere al centro del suo cinema figure di donne tormentate e a parlare del peso della religione.

La locandina italiana del film Disobedience

Londra, comunità ebraica ortodossa. Ronit (Rachel Weisz) torna a casa, dopo essersi rifatta una vita a New York, per il funerale del padre, e ritrova i suoi due migliori amici di un tempo, Dovid (Alessandro Nivola) ed Esti (Rachel McAdams), che nel frattempo si sono sposati. Ma la passione giovanile che in passato aveva travolto Ronit ed Esti, torna a riaccendersi in un amore proibito pericoloso per entrambe. 

Non solo amore proibito, per Lelio, che qui mette in scena diversi scorci d’amore che convivono in una società rigida e claustrofobica. Amori che hanno tutti in comune la stessa cosa: la contraddizione. C’è l’amore per Dio, che plasma, indirizza e impone tutte le cose e di cui non ci si sente mai abbastanza meritevoli; l’amore fra Esti e Dovid, la cui miccia è stata più l’imposizione dell’affinità, ma che rimane comunque un amore quasi tenero e che può far del bene; l’amore fra Ronit e Dovid, amici da sempre, legati da un affetto incondizionato.

Nessuno di questi amori, però, in realtà appassiona e coinvolge tanto da arrivare ad empatizzare con i personaggi. 

Il film ha tutte le carte in regola, ma alla fine sembra manchi qualcosa.

Alessandro Nivola nel film Disobedience – Photo: courtesy of Cinema srl

May you live a long life, ripetono tutti durante il funerale del padre di Ronit, stimato rabbino della comunità, come un mantra, un monito: prediligi una vita lunga e dignitosa a una vita di grandi emozioni. E questo vale anche per il film. Non osa. Non sorprende. Non emoziona.

Innegabile che sia interpretato meravigliosamente. Un gradino più in alto di tutti la Weisz, che con uno sguardo magnetico e malinconico mette in scena un personaggio sofferente così realistico, contraddittorio e mesto da sembrare di trovarsi di fronte ad uno specchio. Quante volte di fronte alla possibilità di raggiungere una persona a cui desideriamo avvicinarci, ci ritroviamo nostro malgrado a fuggire? Eppure pensavamo di aver raggiunto il libero arbitrio. La Weisz incarna alla perfezione il conflitto fra la necessità di rivoluzionare la propria vita brillante, forse, ma grigia e senza amore e la voglia di crogiolarsi dentro a quel vuoto emotivo rassicurante. La paura ci lacera? Meglio fuggire. E vivere una long life che ci faccia stare sereni.

Rachel McAdams e Rachel Weisz nel film Disobedience – Photo: courtesy of Cinema srl

Ciò che manca a questo film – in alcuni passaggi così sobrio ed elegante da emanare quasi calore – è la sensazione di trovarsi di fronte alla storia di un amore davvero potente. 

Le persone per strada, gli sguardi dei conoscenti, le macchine, Dovid, gli oggetti di casa: la presenza di tutti questi fattori esterni serve ad aumentare la tensione e il bisogno – delle protagoniste ma anche degli spettatori – di vederli scomparire, per lasciare spazio al silenzio di un bacio in un vicolo. Ma quella sensazione di deserto intorno alle amanti, di senso di vuoto ovattato dove le due donne dovrebbero far scomparire tutto il resto per esistere solo l’una per l’altra sembra non arrivare mai. Lo si attende, è ben preparato, ma non arriva. Non c’è quella tensione in cui per la prima volta lui e lei, o lui e lui, o lei e lei – come in questo caso – si ritrovano finalmente da soli, uno davanti all’altra, senza nessun fattore esterno o contesto che possa portarsi via il momento.

Niente di obbligatorio, però sarebbe stato bello vivere quella sensazione insieme a loro.

Margherita Giusti Hazon

 

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