SEARCHING: sai leggere tra le righe (di una chat)? – Recensione film

Un commento a Searching, il film con John Cho e Debra Messing in anteprima al Sundance 2018 e in uscita al cinema il 18 ottobre.

la locandina italiana del film Searching

E’ il cinema al tempo della tecnologia social. E ancor di più al tempo dei budget risicati.
L’unione delle due cose regala lo spunto creativo al regista e sceneggiatore Aneesh Chaganty, che con il thriller “via desktop” Searching diventa uno dei casi più intriganti e premiati dell’ultima edizione del Sundance Film Festival.

Quella che è una struttura narrativa crime piuttosto ordinaria viene applicata a un esperimento curioso ed ambizioso, la sovrapposizione quasi scientifica dello schermo di un computer a quello cinematografico. Una gabbia un po’ claustrofobica, piena di possibilità ed insidie, da cui personaggi e chi guarda non escono per cento minuti.

La sparizione della sedicenne Margot, post-millennial, porta il suo apprensivo padre David (John Cho, Star Trek Beyond) ad improvvisarsi investigatore; l’uomo, con l’aiuto di una vera detective (Debra Messing), ricostruisce gli ultimi movimenti, contatti e decisioni della figlia nella notte fatidica.
Come? Interamente attraverso il contenuto del laptop della ragazza, scandagliando conversazioni online, dirette streaming, profili dei suoi social media e quant’altro possa contenere un hard disk.
Con il solo ausilio delle tracce informatiche, il puzzle si ricompone portando con sé (sorpresa!) qualche spunto e significato in più del previsto.

John Cho in una scena del film Searching – Photo Credit: Sebastian Baron

Era facile infatti figurarsi Searching come un esercizio originale ma fine a se stesso. Del resto, c’era già stato un tentativo simile, l’horror Unfriended (2014), riuscito dal punto di vista formale ma tendenzialmente insignificante da quello contenutistico.
Searching evita la trappola spingendo il concetto a un livello superiore: le webcam non mostrano solo quello che avviene, ma anche quello che è accaduto e che accadrà dopo, trovando di volta in volta il modo di sprigionare, raccontare e mostrare le mosse che portano alla risoluzione del caso.

E mentre ci si avvicina alla verità, guarda caso, essa diventa l’ultimo dei problemi.
Quello vero è la distanza tra un padre e la figlia che pensava di conoscere, le sue zone d’ombra, i dolori e le insicurezze sparpagliate tra nickname, videochat ed emoticon. Linguaggi nuovi e talvolta geroglifici per una generazione sopra, sfumature quasi impercettibili di digital divide che si traducono in abissi di incomprensioni e reciproche mancanze.

E’ così che Chaganty, al suo primo lungo e con l’aiuto del co-sceneggiatore Sev Ohanian (già produttore di Fruitvale Station), nobilita il progetto. Che stupisce non tanto per il suo (tiepido) sbrogliarsi poliziesco, ma per il modo scorrevole e quasi mai didascalico con cui le schermate web si fanno narratrici rivelando i fantasmi dei protagonisti e l’irrisolvibile rebus della genitorialità.
C’è anche tempo per qualche preziosismo satirico: nei confronti dei “leoni da tastiera”, di chi abusa della rete, di chi con parole, commenti sprezzanti e diffamazione, può fare danni complici e compatibili con quelli di orchi e malviventi.

Voto: 7/10

Luca Zanovello

 

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