Attorno a Ingrés e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento. Fino al 20 gennaio 2019 nella nuova Brera.
È una nuova Brera quella che mi ospita per la presentazione del VII Dialogo. A suggerirmelo è James Bradburne, architetto anglo canadese che dal 2016 è direttore del museo milanese. Tre anni di lavori intensi sul riallestimento della collezione e sull’idea stessa della Pinacoteca, con l’obiettivo di “riportare Brera nel cuore della sua città e il visitatore al centro del museo”.
Dunque è una Brera rivisitata nell’intimo quella che mi accoglie in questo uggioso lunedì di ottobre, con i primi freddi che si insinuano nel portone d’ingresso mentre mi asciugo dal viso le goccioline di una pioggia che è quasi una nebbia bagnata sospesa nell’aria, e mi guardo intorno come un segugio cercando l’odore e la traccia della novità.
Ma da fuori nulla sembra cambiato. Lo splendido cortile d’ingresso mi saluta con quella sua pietra venata di rosso; gli studenti assonnati del lunedì mattina mi passano lentamente a fianco con i loro tubi da disegno e i soprabiti appena risputati fuori dagli armadi per il cambio di stagione. Salgo lo scalone dalle pedate larghe, comode, incrociando qualche turista rimandato indietro dalle maschere che mi guarda di sottecchi. Uno tra i migliori aspetti del giornalismo è poter assaporare questi luoghi a porte chiuse, come fossero lì tutti per me, solo per me.
Oltrepasso le porte di vetro automatiche che danno accesso all’anello della collezione e mi basta un attimo perché il segugio che è in me si renda conto di averla trovata. Eccola lì: la tanto agognata traccia di mutamento. È come se il vento impetuoso in odore di innovazione mi travolgesse immediatamente. La prima cosa a colpirmi sono i colori dell’ambiente. Nuove le belle tinte alle pareti, a calce, opache e pensate per trasformare la visita in un’esperienza emozionale. Nuove le luci, meravigliosi faretti che sembrano illuminare e dare risalto a ogni opera come fosse l’unica presente in sala. E poi la disposizione. Tutte le opere su un unico registro, affiancate con armonia l’una all’altra, ad altezza di visitatore. La sensazione che resta è quella di una Brera alla fine di una cura ringiovanente e miracolosa che, in pochi mesi, ha spazzato via quasi un secolo e mezzo.
La nuova Brera è un museo moderno fatto a misura di ospite. Nessuna parete a mosaico, dove decine di opere, disposte su più registri e quasi ammucchiate l’una sull’altra sembrano spintonarsi per essere notate dall’occhio intimorito del visitatore. La vecchia Brera, pur con tutti quei suoi capolavori, mi ha sempre restituito la sensazione che si prova ad andare all’Ikea la domenica pomeriggio: un inferno dantesco di anime che vagano in un ambiente sovraffollato e sul cui viso sembra dipingersi fin dal primo passo nel percorso museale un unico, pregnante pensiero. Ma chi me lo ha fatto fare.
Arrivo compiaciuta nell’ultima delle 38 sale, quella dedicata ai Dialoghi. Ed è la ciliegina sulla torta. Perché parte della cura di giovinezza del museo è la scelta di sostituire le classiche mostre temporanee con intimi accostamenti tra pochi prestiti d’eccezione da parte dei migliori musei del mondo e i capolavori interni alla collezione permanente.
Il VII Dialogo – Attorno a Ingrés e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento – vede il consesso tra otto splendide donne dalle linee morbide e lo sguardo consapevole. La magia del realismo di autori come Ingrés e Hayez risiede nella capacità di restituire nell’imperfezione della natura di un volto l’infinita bellezza della personalità umana. Otto donne strette tra abiti di metà ottocento che fanno mostra di caratteri diversissimi in un dialogo tanto intimo quanto armonico. Voci dissimili che danno vita a una sinfonia da cui il visitatore si lascia cullare.
Il Ritratto di Caroline Gonse – la “Gioconda” del Museo Ingrés – con quei suoi occhi grigi e profondi e quell’accenno di sorriso indecifrabile, siede accanto allo sguardo severo di Selene Taccioli Ruga e ai suoi impalpabili pizzi di tulle diafano. Ma la meraviglia più sorprendente si nasconde nel delicatissimo rossore di pesca delle gote dell’Odalisca di Hayez, e nella tenerezza di quella piega tra il braccio e il seno che sfugge dal panno latteo che la s-copre.
Grazie cara, nuova Brera.
Federica Musto
INFORMAZIONI UTILI
VII Dialogo – Attorno a Ingrés e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento
Fino al 20 gennaio 2019
Pinacoteca di Brera, via Brera, 28 – Milano (M2 – Lanza)
Mappe, orari e biglietti sul sito: https://pinacotecabrera.org/
Foto: si ringrazia l’ufficio stampa
La più giovane del gruppo, blogger appassionata d’arte (suo è il sito A Spasso con Apollo e Dionisio), instancabile frequentatrice di gallerie e musei. Aspirante giornalista culturale, il suo stile fresco e sincero vi spingerà a scoprire più di una mostra.