Recensione del film L’uomo che uccise Don Chisciotte di Terry Gilliam, al cinema dal 27 settembre 2018. 

L’uomo che uccise Don Chisciotte poster

La locandina italiana del film L’uomo che uccise Don Chisciotte

In media, noi esseri umani stiamo su questa terra 80 anni, e alcuni – Seneca compreso – dicono che dovremmo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Quindi, quando una persona realizza finalmente il sogno di vedere sul grande schermo un film su cui ha passato circa un terzo del tempo che ha da vivere (per l’esattezza, 28 anni), l’empatia verso la sua storia non può che essere direttamente proporzionale al cuore che ci ha messo.

Il “sognatore incallito” in questione è il regista americano naturalizzato britannico Terry Gilliam (Brazil, La leggenda del re pescatore, Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo) e il film è la sua ultima fatica (e non è un modo di dire): The Man Who Killed Don Quixote, personalissima, ricca, densa, e ancora più romantica e commovente versione del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes (1605-1615).

Questo film è il prodotto di una passione e perseveranza fuori dal comune, quella di un uomo che davvero, proprio come il suo protagonista, crede nell’impossibile. E’ dal 1989 che Gilliam ha in mente il “cavaliere dalla triste figura”, e dopo innumerevoli tentativi di produzioni fallite (come è raccontato nel bel documentario Lost in la Mancha del 2002), un’alluvione, i problemi di salute del protagonista dell’epoca (Jean Rochefort) e la perdita dei diritti sulla sceneggiatura, dopo l’anteprima al Festival di Cannes, questo film folle e disperato esce finalmente nelle nostre sale.

Adam Driver e Jonathan Pryce in una scena del film L’uomo che uccise Don Chisciotte - Photo: courtesy of M2 Pictures

Adam Driver e Jonathan Pryce in una scena del film L’uomo che uccise Don Chisciotte – Photo: courtesy of M2 Pictures

Ed è un Gilliam allo stato più puro, quello che vedremo sul grande schermo, una magia per gli occhi e una festa – un po’ malinconica – per il cuore.

Toby è un cinico regista pubblicitario, ma non è sempre stato così. Anche lui è stato un visionario, tanto da pensare di mettere in scena, tanti anni prima, la sua rivisitazione del Don Chisciotte in un piccolo e sperduto paesino spagnolo. Ma le persone che presero parte a quel folle progetto non ne sono mai uscite, e Toby non ne aveva tenuto conto. Adesso tocca a lui salvarli (e salvarsi) non tanto dalla follia, quanto da un destino molto più grigio di quanto tutti avevano sognato di vivere.

Cuore e anima trapelano da ogni comparto del film, a partire dal cast. Un Adam Driver strepitoso (nella parte di Toby) che mette in scena un arco di trasformazione toccante, un vero e proprio viaggio dell’eroe con tanto di elisir finale. E un Jonathan Pryce nel ruolo di Don Chisciotte che regala momenti di altissima poesia quasi neorealista, disposto anche a farsi deridere e prendere in giro dal mondo intero pur di non smettere mai di credere. Proprio come il nostro Terry, e proprio come tutti coloro che hanno un sogno e hanno un po’ paura di cadere ma molta di più di non poter mai provare la commozione che si prova nel vederlo realizzato.

L’uomo che uccise Don Chisciotte - Jonathan Pryce

Jonathan Pryce in una scena del film L’uomo che uccise Don Chisciotte – Photo: courtesy of M2 Pictures

Ma il film non è solo un sentito elogio di tutto ciò che è visionario, fantastico e magico, ma è anche una profondissima riflessione sul fare cinema e sul raccontare storie. 

Siamo davvero sicuri che Gilliam s’identifichi in Don Chisciotte? Anche lui lotta contro i mulini a vento, è vero, ma c’è molto di lui anche in Toby, inseguito dalle richieste e dalle pretese assurde dei produttori, e alle prese con le sue stesse creazioni, che continuano a sfuggirgli di mano.

Questo film dopotutto, spogliato dalle sue sfavillanti scenografie, sembra volerci ricordare una cosa tanto ovvia quanto poco considerata: fare cinema, raccontare storie, ha sempre delle conseguenze. E credere che non sia così è da ingenui, proprio come il nostro Toby-Da-Giovane. Non si può giocare con le vite degli altri, mischiare la realtà alla finzione e poi alla fine di tutto calpestare ciò che ne rimane. Far credere loro di essere valorosi cavalieri o dolci fanciulle da salvare con un futuro davanti pieno di grandi avventure. La realtà fa ancora più male dopo aver avuto il privilegio di vivere, anche solo qualche ora, nella finzione di qualcun’altro. Niente è per sempre, e quando la magia finisce, la triste, grigia e piatta realtà torna a svuotare le vite, e le conseguenze possono essere disastrose, per le persone fragili. 

L’uomo che uccise Don Chisciotte - Adam Driver

Adam Driver in una scena del film L’uomo che uccise Don Chisciotte – Photo: courtesy of M2 Pictures

Non per Toby, che la vita ha trasformato in un duro, disilluso, senza amore, senza memoria. Ma il momento per ricordare arriva per tutti, arriva sempre, e il percorso che si troverà a fare è proprio quello a ritroso che lo porterà alla consapevolezza delle sue responsabilità verso i troppi conti in sospeso. 

“Pensi che spiegare spieghi ogni cosa?” Dice il visionario Don Chisciotte al “babbano” Toby-Da-Grande. 

E allora come possiamo provare a fare arte, coinvolgendo le persone nelle nostre invenzioni, ispirandoci alla realtà, trasfigurandola, senza far diventare matta la gente? Facendo le cose con il cuore. Mantenendo le nostre promesse. Non scendendo mai a compromessi. Che è poi esattamente ciò che ha fatto Terry Gilliam con il suo Don Chisciotte. Non l’hai mai abbandonato, dopo tutto questo tempo. 

Se questo non è vero amore, io non so davvero che cosa sia.

Margherita Giusti Hazon