Recensione di LE FIDÈLE, il film di Michaël R. Roskam con Matthias Schoenaerts e Adéle Exarchopoulos al cinema dal 6 settembre 2018.
Bruxelles, anni ’90. Gigi è un rapinatore di banche. Bibi lavora nell’azienda di famiglia ed è una pilota di auto da corsa. Fra i due nascerà una travolgente storia d’amore che verrà messa continuamente a dura prova. Lo spettatore li conoscerà capitolo dopo capitolo: prima l’uomo; poi la ragazza; e, infine, nell’epilogo, intitolato “Pas des fleurs” da una frase che caratterizza il loro primo incontro.
Roskam gioca con i generi cinematografici, cercando di creare un ibrido tra gangster movie, love story melodrammatica e film d’autore.
Le Fidèle parte “in quarta” con un incipit interessante e una prima parte che trasuda fascino adrenalinico. Le scene delle corse in auto, abilmente girate sia all’interno che all’esterno delle vetture, ci danno l’idea di rischio e spericolatezza, ma soprattutto delineano lo scenario che fa da sfondo all’intera vicenda: le gare automobilistiche ci rimandano, infatti, ad un ambiente ricco ed elitario, a cui ruota intorno, però, quello della malavita, più o meno organizzata.
Le rapine danno modo al regista di esprimere tutte le sue capacità nell’uso della macchina da presa. Si pensi alla scena dell’attacco al portavalori da parte della banda di Gigi, magistralmente coreografata quasi fosse un macabro balletto.
Chiude il primo capitolo un ottimo colpo di scena, intelligente e funzionale al racconto.
La storia d’amore tra i due protagonisti nasce in maniera banale ma accattivante. Gigi e Bibi sono presentati come due caratteri forti e indipendenti, che amano il rischio e che sembrano essersi trovati fra tanti. E’ proprio sulla relazione tra i due che si fonda tutta la seconda parte.
Non è affatto una colpa per Roskam, quella di incentrarsi sulla coppia, anche perchè gli attori, Matthias Schoenaerts e Adéle Exarchopoulos, che li portano in scena, sono molto abili a trasmettere quell’alchimia fatta di tenerezza e sensualità. Ma, così facendo, il regista finisce per trascurare l’aspetto da polar francese, da action movie che c’è, ma rimane in sottofondo, lasciando invece troppo spazio al dramma che diventa eccessivo.
Stacchi ed ellissi temporali improbabili lasciano incredulo lo spettatore il quale assiste curioso alla nascita di una storia tra un uomo e una donna che, poco dopo, è già inspiegabilmente consolidata e unico motivo di vita per i due.
Questo amore folle, inoltre, porta ad una sorta di annullamento dei protagonisti. Gigi è un delinquente elegante e affascinante che finisce per diventare un amante disperato; Bibi, pur di far sopravvivere la loro liason, rinuncia alle gare, si sottopone a terapie ormonali per rimanere incinta e vive solo in funzione di lui e del loro grande amore.
Tutto, sin dal titolo, ci rimanda inequivocabilmente al concetto di fedeltà e, più in generale, di confiance, di fiducia, tema che più volte viene citato all’interno della pellicola.
Fedeltà e fiducia sono di norma alla base di rapporti sani e duraturi. Non è il caso per Gigi e Bibi. Eppure la loro relazione nasce, cresce, viene portata avanti allo stremo e supera persino la morte.
Anche loro in qualche modo “subiscono” una crescita forzata. Se Gigi inizialmente, come un ragazzino, non ha il coraggio di presentarsi alla sua innamorata per quello che è davvero, poi, dovrà affrontare una serie di avversità che la sceneggiatura di Roskam gli farà piovere addosso. Idem per Bibi, che, da ragazza ingenua che accetta i silenzi, le omissioni, le bugie dell’uomo, diventa una donna capace d’inventarsi di tutto per salvaguardare la sua storia d’amore, pronta a dimenticare chi fosse prima che il compagno le sconvolgesse la vita fino all’esaurimento delle forze.
Se il tentativo di miscelare più generi sembra interessante, almeno su carta, il risultato sullo schermo è, purtroppo, inferiore alle aspettative. Le Fidèle perde progressivamente la carica e il fascino con cui inizialmente cattura lo spettatore e lo trascina mano a mano in un viaggio di emozioni sempre più contrastanti, dalla curiosità alla suspense, alla commozione forzata, che, inevitabilmente, lo spiazzano e lo distraggono dal focus del film. Focus che rimane poco chiaro anche una volta raggiunto il finale.
Violetta Biagiotti
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