Recensione del film Ritorno al bosco dei 100 acri con Ewan McGregor, al cinema dal 30 agosto 2018.
L’estate, in genere il periodo più infelice per quanto riguarda le uscite cinematografiche, ci regala nel 2018 un film, Ritorno al bosco dei 100 acri, che merita una visione. Se non altro per la familiarità dei personaggi e per i buoni sentimenti che pervadono tutte le storie Disney. In particolar modo questa, che abbandona il mondo delle animazioni per tornare ad un lungometraggio dal sapore un po’ vintage.
Facciamo però un passo indietro e tuffiamoci nel mondo di Winnie The Pooh e del suo amico umano Christopher Robin, le cui avventure risalgono ai libri illustrati di A. A. Milne, nel lontano 1924. Questi racconti, lontani dalle storie a cui sono abituati i bambini d’oggi, mantengono un fascino immutato, capace di catturare anche gli animi meno avvezzi a rappresentazioni di epoche lontane.
Per quanto riguarda la trama è molto semplice, Christopher Robin (Ewan McGregor) ha passato la sua infanzia trascorrendo la maggior parte del tempo insieme ai suoi amici, un orsacchiotto, una tigre, un asinello, un coniglio e qualche altro compagno di avventure. Le giornate scorrono liete fino a quando il bambino comunica agli amichetti di doverli lasciare perché andrà a scuola. Tra discorsi, festa d’addio e promesse di non dimenticarsi gli uni degli altri, Christopher va incontro al suo destino, diventa grande e si lascia, fisicamente e metaforicamente, la fanciullezza alle spalle.
Scorrono gli anni e il nostro protagonista è oramai adulto. Si è sposato; è diventato padre di una bambina tanto sveglia quanto curiosa e bisognosa delle sue -scarse- attenzioni; e ha un lavoro che lo priva di tutte le energie, anche del tempo che prima riusciva a dedicare agli affetti. In un inaspettato quanto improbabile tuffo nel passato, il suo vecchio amico Pooh, annoiato e senza più i vecchi amici, decide di fare un salto nel vuoto e d’oltrepassare la misteriosa porta che lo condurrà nel cuore di Londra, più precisamente davanti alla casa del vecchio confidente. Da qui l’inizio di una nuova avventura che riavvicinerà i due e, soprattutto, farà capire a Christopher quanti anni abbia perso ad inseguire le cose sbagliate, in un mix di sensi di colpa e di ritorni sui propri passi.
Il regista Marc Foster, già noto al grande pubblico per aver diretto Monster’s Ball, Neverland e Il cacciatore di aquiloni, riesce a tenere le redini della storia giocando bene con la macchina da presa e con scelte stilistiche che enfatizzano il senso fiabesco e portano lo spettatore a sentirsi dentro alla favola insieme ai suoi personaggi. I “movimenti ad allargare” e i cambi di punti di vista (da orsacchiotto a umani) donano al tutto un senso di empatia efficace ed immediato.
Gli attori riescono ad immedesimarsi perfettamente in quello che deve essere un racconto di Casa Disney. Se la moglie di Christopher, interpretata da Hayley Atwell, ha fin da subito un ruolo positivo, che sostanzialmente non cambia sino alla fine, McGregor è colui che compie il vero viaggio. È l’eroe che passa dal bambino innocente all’adulto distaccato fino al padre ritrovato, in un inno ai valori fondamentali che si conclude con un tripudio di morale, come si confà in questo genere di fiabe.
La pellicola è quindi una fedele trasposizione cinematografica dei vecchi libri (anzi, citando una frase di Terminator-Genisys, “vecchi ma non obsoleti”) che fin dalle loro origini hanno narrato il passaggio dalla fanciullezza all’età della maturità.
Ritorno al bosco dei 100 acri è un’opera più che godibile, che già dai titoli di testa si presenta come il mezzo immaginario per andare in un mondo fantastico. Il messaggio che riceviamo è tanto semplice quanto universale. Ed è proprio il senso di pausa e di riflessione che questa pellicola ci dà con dosata leggerezza, a farci uscire dalla sala accompagnati da un rinvigorito senso di spensieratezza. Cosa si può volere di più?
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
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