La recensione di Sophia Antipolis, il film di Virgil Vernier in anteprima al Locarno Festival 2018.

il film Sophia Antipolis Virgil Vernier

il film Sophia Antipolis Virgil Vernier

Non interista, bensì violenta: Sophia Antipolis è un parco tecnologico sede di aziende elettroniche e informatiche situato grossomodo tra Cannes e Nizza.
Distante pochi chilometri, sì, ma ad anni luce dalle eleganti passeggiate lungomare: gli edifici essenziali e squadrati, immersi nell’oscurità di un entroterra periferico e svantaggiato, raccontano un contesto insolito e un po’ difficile da comprendere per chi non lo ha mai visto e, soprattutto, non ci vive.

Il regista Virgil Vernier prova a raccontarlo, anzi a sviscerarlo, attraverso la vita di cinque persone “intrappolate” lì, accomunate da vite strascicate, mediocri prospettive e un inquietante fatto di cronaca: la sparizione di una ragazza che porta il nome della città.

una scena del film Sophia Antipolis - Photo courtesy of Locarno Festival

una scena del film Sophia Antipolis – Photo © Kazak Producttions

In prima mondiale a Locarno 2018, Sophia Antipolis porta con sé l’esperienza cinedocumentaristica del suo autore (che proprio al festival svizzero presentò il doc Orléans nel 2012), che si manifesta in un racconto di fiction sì, però affondato in un preciso e realistico contesto geografico e socio-culturale.
Quello appunto di una zona contraddittoria e poco conosciuta come il “backstage” della Costa Azzurra, che potrebbe essere una banlieue come tante, ma che porta con sé lo stridente ed impietoso contrasto con l’attiguo, sfarzoso contraltare.

I protagonisti di “Sophia” sono casalinghe disperate, vedove solitarie e credulone, fanatici religiosi, picchiatori notturni e poliziotti corrotti, umani insoddisfatti e traballanti che convergono e si amalgamano (ma neanche troppo) in una storia di cronaca nera, più allusa che esplicita.

una scena del film Sophia Antipolis - Photo courtesy of Locarno Festival

una scena del film Sophia Antipolis – Photo © Kazak Producttions

Lo stile di Sophia Antipolis è ruvido e “modesto” come i semi-vivi che narra, contribuisce a renderli reali e realistici, ci avvicina agli apici patetici.
Anche se allontanerà gli esigenti di una trama solida e di densità di eventi, il film di Vernier porta con sé buone idee, personaggi profondi e un’atmosfera che non se ne va dopo la visione; attraverso le parole e gli indizi sulla morte di Sophia, ma soprattutto le sequenze notturne e pensierose su scorci del territorio che scorrono oltre il finestrino dell’auto, si fanno strada tangibili disagi, uno statico senso di minaccia sociale e individuale, la paura delle zone d’ombra.

Voto: 7/10

Luca Zanovello