La recensione di Jeannette – L’infanzia di Giovanna D’Arco, il nuovo film di Bruno Dumont in anteprima al Locarno Festival 2018.

la locandina internazionale del film Jeannette di Bruno Dumont

la locandina internazionale del film Jeannette di Bruno Dumont

La piccola Jeannette (Lise Leplat Prudhomme) si avvicina alla macchina da presa, guarda dritto dentro con incosciente determinazione e grida forte: contraddicendo il Dio in cui crede quasi ciecamente, e il mondo che conosce, quello della Francia rurale del 1400, che guarda da distanza di sicurezza una nazione soggiogata dagli inglesi.

Jeannette diventerà Giovanna D’Arco: santa ma eretica, devota ma guerriera, con la fede cattolica in una mano e la spada nell’altra per cambiare il corso della storia e diventare mito, icona ed eroina.
E’ il momento più potente e “oltraggioso” di Jeannette – L’Infanzia Di Giovanna D’Arco, la nuova tappa del percorso cinematografico di Bruno Dumont, è quello che disintegra definitivamente la quarta parete tra noi, lei e le entità superiori che la motivano.

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco - Photo: courtesy of Locarno Festival

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco – Photo: courtesy of Locarno Festival

Il decimo film del geniale autore francese, passato in due decadi dalle cattedre di filosofia al duplice “Grand Prix” di Cannes, è fin dal soggetto un caso unico di coraggio d’avanguardia, che dopo il recente Ma Loute (2016) prosegue il processo di distacco dal realismo drammatico di Dumont a guadagno di una condotta più stravagante.

Come quella, in forma di musical dai suoni contemporanei, che ci rivela la precoce gioventù di un personaggio del calibro di Giovanna D’Arco. Dumont adatta piuttosto liberamente “Les Mysteres de la charite de Jeanne d’Arc” dello scrittore e saggista Charles Péguy, esplorando con licenza di ateismo l’estasi spirituale della “Pulzella d’Orléans”.

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco - Photo: courtesy of Locarno Festival

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco – Photo: courtesy of Locarno Festival

Uno il coraggio non se lo può dare, diceva qualcuno, ma il coraggio uno non può neanche toglierselo.
Il regista maneggia in un colpo solo uno dei personaggi più adorati e venerati dal suo Paese, la materia spirituale, il tête-à-tête col Divino, la guerra riflessa negli occhi di una bambina, le voci interiori e quelle esternate, in parole sacre su base elettronica.
Roba da far girare la testa a chiunque. Dumont integra tutto in un film che, per sua stessa ammissione, vuole essere sempre sensuale e mai cerebrale, “svecchiare” il mito ed illustrarne la genesi, aspetto poco scandagliato di un personaggio di cui è già stato detto, al cinema e non, pressoché tutto.

Il risultato di Jeanette è sbalorditivo, non solo nel fascino estetico, sonoro e (minimalisticamente) coreografico, ma anche per l’impeccabile sospensione del giudizio teologico, il rispettoso scetticismo nel raccontare il tormento e l’estasi di Giovanna.

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco - Photo: courtesy of Locarno Festival

una scena del film JEANNETTE L’infanzia di Giovanna D’Arco – Photo: courtesy of Locarno Festival

Se l’ardita cornice artistica potrà forse suscitare qualche sterile polemica negli integralisti religiosi e cinematografici, è comunque innegabile la riuscita dell’esperimento, con musiche variegate dell’artista Igorrr (dalla drum n’ bass al rap, non manca nulla) ad accompagnare il percorso dall’infanzia, in cui l’esordiente Lisa Leplat Prudhomme conquista, alla giovinezza di Giovanna D’Arco.

Mistico, “posseduto” come le danze disordinate che prendono corpo, Jeannette esplora strade nuove mantenendo la seducente introspezione umana tipica del “Dumontismo”. Lo spaccato biografico di Jeannette tratta un delicato simbolo con tutti i riguardi, ma con l’ardore viscerale che serve per rivelarne qualche sfumatura nuova ed incantevole.

Luca Zanovello