La recensione di Ocean’s 8, il film diretto da Gary Ross con Sandra Bullock e Cate Blanchett, al cinema dal 26 luglio 2018.
Chi non ricorda la famosa saga della banda di Ocean, interpretato da George Clooney, che recluta una serie di personaggi tanto strampalati quanto geniali per mettere a segno colpi a casinò, banche e chi più ne ha più ne metta? Ovviamente puntando sempre più in alto e con un’organizzazione e pianificazione che fa della cura dei minimi dettagli la sua arma vincente.
Nel 2018 le carte in tavola vengono cambiate e ci troviamo di fronte allo stesso identico schema ma con un cast tutto al femminile. E che cast! Per questa versione rinnovata la produzione ha deciso di giocarsi alcuni carichi da dieci con alcune tra le attrici più di spicco del momento.
Abbiamo quindi Sandra Bullock nel ruolo di Debbie Ocean, la mente della banda e anello di congiunzione con la trilogia precedente, visto che è la sorella del famoso Danny. Accanto a lei c’è una Cate Blanchett in formissima che, nel ruolo del braccio destro Lou, va a richiamare quello di Brad Pitt e va così a ricreare la coppia a capo delle operazioni.
Insieme alle due, come da tradizione della Ocean-saga, si riunisce un gruppo di personaggi, ognuno con un particolare talento, criminale e non, eterogeneo e sopra le righe. Troviamo Helena Bonham Carter (sempre bravissima), che veste i panni della stilista quasi sul lastrico Rose; Anne Hathaway nel ruolo di una straviziata e stra-cercata mega star di Hollywood, che deve limitarsi a sbattere le ciglia dei suoi occhioni da cerbiatta; fino a Rihanna che interpreta Palla 9, l’indispensabile hacker che in un colpo ambientato nell’era dell’intelligenza tecnologica non può certo mancare.
La trama è semplice, accattivante e collaudata. Debbie si è fatta qualche annetto di carcere per colpa del suo ex, che ha pensato bene di fregarla, e ha trascorso gli anni d’isolamento a progettare, nei minimi dettagli, la rapina del secolo, ovvero come rubare una collana di diamanti dal valore di 150 milioni di dollari durante l’evento più glamour dell’anno, il Met Gala.
Appena uscita si attiva quindi per mettere in piedi una banda fatta di vecchie conoscenze e new entry, in modo da avere ogni persona al posto giusto, vincere l’impossibile scommessa e tenere fede al buon nome di famiglia. Da qui in poi sarà un susseguirsi di reclutamenti, preparazioni, sotterfugi, richiami e rimandi che, anche visivamente, tengono fede al format ed alle caratteristiche del genere heist movie.
Qui la regia è affidata a Gary Ross il quale riesce a confezionare un prodotto che, nonostante presenti la novità di un cast al femminile, deve solo percorrere i binari sicuri dei suoi predecessori, aiutato nel compito pure dalla produzione di Soderbergh – regista dei film precedenti con Clooney. Il suo stile, in questo caso, si differenzia per una visione molto meno vintage (i capitoli precedenti strizzavano l’occhio agli originali degli anni ‘60) e si indirizza verso immagini più patinate e super fashion, una sorta di mix tra Sex and the City ed una crime story sui tacchi a spillo.
Difatti le protagoniste sono sempre perfette, con trucco e parrucco impeccabili, abiti da favola, perfino quando si trovano nelle peggiori bettole, e indossano accessori da urlo. Insomma, già dalle prime scene, ognuna di noi comincia a pensare a quanto vorrebbe far parte di una gang del genere e a come fare per metterne in piedi una!
Le attrici sono assolutamente il punto forte della pellicola dietro a cui si susseguono una serie di immagini di una New York che dà il meglio di sé, seppure rimanendo in secondo piano, dietro al gruppo di criminali più fascinose del grande schermo.
Ocean’s 8 ha anche qualche pecca. Manca forse un vero antagonista che di solito, in questo genere di storie, rappresenta un valore aggiunto quasi imprescindibile, qui non pervenuto. I pregressi delle protagoniste sono quasi totalmente assenti, poco e nulla sappiamo delle otto che vengono subito catapultate nell’azione senza troppi giri di parole.
Per il resto, questa rivisitazione in chiave all-women arriva nel periodo migliore, date le rivendicazioni sulla presenza delle donne in ogni ambito (dal cinema alla politica). La storia è accurata e si snocciola a ritmo serrato e studiatissimo per rendere al massimo in ogni momento.
Il tutto risulta ben oliato ed azzeccato, facendo intuire che questo potrebbe essere solo l’inizio di una nuova saga. Il primo pensiero al sopraggiungere dei titoli di coda, infatti, è solo uno: a quando il prossimo? E devo dire che le otto ragazze sullo schermo si meritano senza dubbio almeno un paio di altri lungometraggi per stupirci ancora e farci vedere quello che sono in grado di fare!
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
Leave a Comment