12 soldiers: l’inno al patriottismo americano di Nicolai Fuglsig

La recensione di 12 soldiers, il debutto cinematografico di Nicolai Fuglsig con Chris Hemsworth, dall’ 11 luglio al cinema.

Locandina italiana del film 12 Soldiers

Settembre 2001. Dodici soldati americani partono volontari per una missione apparentemente suicida in Afghanistan. Obiettivo: debellare le truppe talebane dal nord della regione. A capo della spedizione c’è il giovane Mitch Nelson (Chris Hemsworth), un “berretto verde” poco temprato dagli orrori della guerra ma animato da un forte spirito di iniziativa. Con lui i valorosi compagni dell’unità speciale 595 – fra i quali si distingue lo spigoloso profilo di Michael Shannon – e gli uomini del generale Dostum (Navid Negahban), afghani nemici di Al Qaeda. Con una strategia che salda sinergicamente attacchi via terra e attacchi aerei, i due generali riusciranno non solo a espugnare la roccaforte talebana di Mazar-i-Sharif, ma anche a scrivere una vera e propria pagina di storia patria. Storia rimasta strettamente segreta fino al debutto in libreria di Horse Soldiers, il romanzo di Doug Stanton da cui il film è stato tratto. Compito dell’adattamento cinematografico è spettato a Ted Tally Peter Craig – le menti, rispettivamente, dietro Il silenzio egli innocenti e gli Hunger Games – che così commentano il loro lavoro:

«Siamo rimasti colpiti dal coraggio e dall’ingegno dei soldati americani e dei loro alleati afghani. E ciò che lo rende ancora più affascinante è che si tratta di combattenti del XXI secolo trasportati in un ambiente e una cultura molto antichi. Erano i soldati più addestrati degli Stati Uniti e ora erano costretti a improvvisare in modi che nessuno aveva previsto.»

Chris Hemsworth in una scena del film 12 Soldiers – Photo courtesy of 01 Distribution

Meritevole di restituire al grande schermo una pagina di storia altrimenti sconosciuta, 12 soldiers finisce purtroppo per imporsi come un semplice e prevedibile inno al patriottismo americano. Un kolossal capace di intrattenere il grande pubblico con una collaudatissima combo di effetti speciali e retorica cameratesca, ma nulla di più. Dominato da atmosfere che ricordano i migliori videogiochi di guerra più che la poesia di certo cinema militare, il film di Nicolai Fuglsig dà quasi l’impressione di annaspare alla ricerca di un’epicità perduta. E peggio: è colpevole di allontarsi dai modi del fotoreportage tipici del suo regista per abbracciare quelli di certo cinema hollywoodiano, per cui: ecco l’eroe drammaticamente costretto ad abbandonare la propria famiglia, l’alleato ambiguo che si rivela poi un fedele brother-in-arms, la battaglia decisiva che assume i toni del duello.

Insomma, in un insieme dove tutto sembra inevitabilmente appiattirsi su certe stereotipizzazioni tipiche dell’industra cinematografica statunitense, 12 soldiers ha però il merito di portare con sè un forte potenziale inespresso. L’esordio in pompa magna di Fuglsig (35 milioni di budget) rivela una regia solida, ben documentata e capace di tenere salde le fila temporali di un’azione altrimenti dispersiva. Pur nella molteplicità di personaggi, dispersi ora tra una cellula Alpha ora tra una cellula Charlie, lo spettatore non fatica a seguire gli sviluppi di una trama potenzialmente ricca e complessa. Anzi, finisce addirittura per soridere di certe sequenze comiche del film. Per cui sì, anche senza medaglia al valore, 12 soldiers resta comunque un prodotto interessante. Per tutti i filo-americani da mercoledì al cinema!

Alessandra Del Forno

 

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