La recensione di Ogni giorno, il film tratto dall’omonimo romanzo di David Levithan, amatissimo dagli adolescenti di tutto il mondo. Al cinema dal 14 giugno 2018.
Ogni giorno è il lungometraggio diretto da Michael Sucsy, tratto dal libro dell’autore di opere per ragazzi David Levithan. Lo scrittore, che con questa storia ha conosciuto il successo planetario, ha fornito quindi la base per una sceneggiatura che, tutto sommato, con qualche licenza dettata da esigenze di drammaticità, è rimasta fedele all’originale.
Ma andiamo con ordine.
La trama ci racconta di Rhiannon (Angourie Rice, già vista tra gli altri ne L’Inganno di Sofia Coppola), una sedicenne dalle mille qualità, brava a scuola, presente con gli amici, testa sulle spalle e diligente a casa, insomma, la figlia che ogni famiglia vorrebbe avere. L’unica nota stonata è quel pizzico d’insicurezza, tipica della sua età, che la porta a trascinare la relazione con Justin (Justice Smith), il classico atleta bello e scostante, che sta con lei più per status symbol (l’accoppiata brava ragazza – atleta più in vista del liceo è una carta vincente per il pubbico americano) che per vero amore (che invece crede di provare lei).
Tutto procede sui soliti noiosetti binari della normale vita da liceo fino a quando la nostra protagonista non si trova innamorata del misterioso A., un’anima che ogni giorno si sveglia nel corpo di una persona diversa, sempre della stessa età e sempre legata in qualche modo alla persona precedente.
Da questo momento comincia il vero nocciolo del film, ovvero l’amore impossibile tra un’adolescente che, come tutti gli adolescenti, è alla ricerca di se stessa e di conferme, e.. un’anima. Il legame tra i due è tale da far loro vivere una storia che più strana non si potrebbe immaginare. Come potrebbe essere, infatti, semplice amare una persona che oggi è un ragazzo e domani una ragazza, e con cui non si possono fare progetti di alcun tipo?
Ecco, Ogni giorno punta ad insegnare proprio questo, ovvero che l’amore vero prescinde dalle apparenze e si rivolge, con questo messaggio, ad un pubblico di teeneger, l’unico, forse, in grado di apprezzare una simile pellicola.
Michael Sucsy porta sullo schermo una storia patinata e accattivante, intrisa dei melodrammi tipici del genere, con la pretesa d’impartire una lezione profonda. Il lavoro che ne esce però è, cinematograficamente parlando, paragonabile ad una qualunque puntata di una qualunque serie per adolescenti di medio livello. Difficile trovare dello spessore e un significato in qualcosa che è un susseguirsi di situazioni degne di una puntata di Beverly Hills 90210, Dawson’s Creek o qualsiasi altro prodotto destinato ai ragazzi delle High School della provincia americana.
Gli unici elementi che ci ricordano che non siamo in una serie televisiva sono le apparizioni della sempre brava Maria Bello il cui ruolo – è la madre di Rhiannon, che deve prendersi cura della famiglia dopo l’esaurimento del marito – è forse la cosa più di livello dell’intera storia (e se pensate che la sua presenza sullo schermo è riducibile ad una manciata di minuti, la dice lunga sulla validità di quanto le ruota attorno).
Capiamoci, Ogni giorno non è un brutto film, è che probabilmente non è proprio un film. È un insieme di buoni sentimenti, buoni propositi, pretese moraleggianti e situazioni fantasy che si pongono come mezzo per insegnare la retta via ai comuni mortali, badando tanto all’apparenza e poco alla sostanza. Tutto questo nel modo più melenso e stereotipato possibile.
Parlare senza entusiasmo di questa trasposizione cinematografica significa forse ferire l’orgoglio di milioni di teenager innamorati del libro ma, alla fine, i loro giovani cuori riusciranno sicuramente a trovare dei nuovi protagonisti da amare e per cui perdere pazzamente la testa. È questione di attendere il prossimo best-seller per ragazzi di cui, speriamo, la traduzione in pellicola non si rivelerà altrettanto pretenziosa e superficiale.
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
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