La recensione del libro Rimbaud e la vedova di Edgardo Franzosini, tra le letture consigliate di questa estate 2018.
È una sfida al perfezionismo quella di Edgardo Franzosini nell’ultima fatica edita per i tipi di Skira: Rimbaud e la vedova (2018). Con la dovizia di un esegeta e l’amore di un discepolo, Franzosini ci accompagna per una novantina di pagine in una ricostruzione preziosissima di quello che fu il soggiorno di Arthur Rimbaud nella primavera del 1875 a Milano. Procedendo per illazioni, congetture e – perchè no? – anche provocazioni, l’autore cerca di renderci un profilo attendibile del poeta e della Milano di quegli anni. Una Milano in piena fase di assestamento tra la demolizione dello storico Coperto dei Figini e la vivacità di acuni salotti culturali, primo fra tutti quello della contessa Maffei. Ed è una Milano che del passaggio di Rimbaud purtroppo non ha lasciato traccia, nemmeno una piccola umile targa vicino a quella casa (oggi distrutta) che in piazza del Duomo 39 lo ospitò per alcune settimane.
Era la casa di una vedova, «una vedova molto civile», «una brava donna»: e questo è tutto. Altro non si sa di lei, se non che, forse, fu una delle quattro amanti più importanti della vita del nostro giovane poeta. Ma lo fu davvero? O è quello che vogliono farci pensare Isabelle e Paterne Berrichon? La coppia, formata rispettivamente da sorella e cognato di Rimbaud, passerà infatti alla storia – per dirla con le parole di Franzosini – come un formidabile duo di «impostori e manipolatori» che tentò ogni strada per «impedire a Rimbaud di essere Rimbaud», cioè un geniale poeta, certo, ma dalla vita sessuale sregolata e ambigua (vedasi il rapporto con Verlaine). In ogni caso, al di là dei vari sforzi di mistificazione operati dai parenti, molti interrogativi restano aperti: chi era questa donna? È a lei che Rimbaud recapitò una copia de Une saison en Enfer durante il suo viaggio a Milano? Era affascinante o era più animata da un senso di «nobiltà materna inesprimibile»?
Lungi dal rispondere a questi interrogativi, Franzosini si limita a riproporli alla nostra attenzione e, soprattutto, alla nostra curiosità. Con un piede nella scarpa della narrativa e uno in quella della saggistica, ci ritroviamo infatti a seguire con trepidazione gli sviluppi di una trama che si destreggia abilmente nel mare magnum di lacune lasciate dalla bibliografia. Ai lettori di ferro Rimbaud e la vedova riesce a regalare piccole gemme preziose: dall’ipotetico itinerario percorso da Rimbaud alla volta di Milano fino ai pettegolezzi circa la sua indole inquieta e fascinosa. Per non procedere oltre nello spoiler, vi lasciamo con un assaggio del libro:
“Gli occhi erano azzurri assai belli, ma avevano un’espressione sorniona che nella nostra indulgenza prendemmo per timidezza”, è l’opinione di Mathilde Mauté de Fleurville coniugata Verlaine. Per il marito di Mathilde invece “una specie di dolcezza sorrideva e brilava in quei crudeli occhi azzurro-chiari”. Un azzurro che Jean Richepin diceva di non aver mai visto a nessuno, prima di allora, occhi che mettevano a disagio “tanto erano chiari”.
Presentato il 10 maggio al Circolo dei Lettori di Casa Manzoni, il libro lasciava presagire la corposità del proprio patto narrativo già dalle parole che lo scrittore Hans Tuzzi e il poeta Valerio Magrelli spesero nella sua presentazione. Se amate la letteratura francese e se per l’estate non sentite il bisogno di una lettura leggera e disimpegnata, ecco, allora buttatevi sulle pagine (e sul vivace apparato di note) dell’ultimo libro di Edgardo Franzosini: 12,90€ nelle librerie.
Alessandra Del Forno
Amante del cinema documentario e di tutto ciò che riesca a sublimare in immagini la poeticità del quotidiano, Alessandra è una giovane laureata che vede in Wenders, Tarkovskij (e Aldo, Giovanni e Giacomo) la strada verso la felicità. La potete trovare ogni due lunedì del mese tra i cinefili del LatoB e tutte le altre sere tra gli studenti di documentario della Luchino Visconti a Milano.