Hotel Gagarin: trovare il bello e realizzare i propri sogni laddove meno te lo aspetti

La recensione di Hotel Gagarin, la commedia di Simone Spada al cinema dal 24 maggio 2018.

la locandina del film Hotel Gagarin

Italia. Son tempi di crisi, di lavoretti che non pagano, di lunari da sbarcare, di arte del barcamenarsi e di carriere che non regalano nessuna soddisfazione. Questa è la situazione, non proprio idilliaca, dei sei protagonisti di Hotel Gagarin, persone comuni che hanno maniere più o meno creative di arrivare alla fine del mese, facendo spesso di necessità virtù. Tutto cambia però quando ai nostri eroi sembra presentarsi l’occasione della vita, tanto inaspettata quanto incredibile: vengono chiamati per formare la troupe di un film da girare in Armenia.

Gli improbabili tecnici, viste le condizioni in cui versano nel quotidiano, non ci pensano due volte a intraprendere la nuova e improvvisa avventura. Il più felice è Nicola (Giuseppe Battiston), insegnate, grande appassionato di tutto quello che riguarda l’ex Unione Sovietica, che dopo anni di sogni nel cassetto, da un giorno all’altro trova un fantomatico produttore cinematografico interessato alla sua sceneggiatura.

Lo sgangheratissimo gruppo parte quindi alla volta di queste terre selvagge senza immaginare, almeno all’inizio, di non essere altro che burattini mossi da un paio di loschi figuri che hanno architettato tutto per intascarsi i soldi dei finanziamenti europei destinati alla pellicola. Lo scoppiare della guerra a pochi giorni dal loro arrivo nell’albergo in cui soggiornano, l’hotel Gagarin appunto, disperso in mezzo al nulla, non fa che aggravare la situazione, con tanto di produttore che scappa con la medesima velocità con cui è apparso.

Lungi dal deprimersi, i nostri trovano un modo per trascorrere le lunghe giornate invernali e giustificare la loro permanenza lì. Addirittura, aiutano gli abitanti di un villaggio vicino a dare un senso alle loro esistenze.

Giuseppe Battiston nel film Hotel Gagarin – Photo: Andrea Miconi

Simone Spada, con Hotel Gagarin, ha sicuramente l’intenzione di confezionare una piccola storia di speranza e sogni infranti e ricostruiti. Gioca la carta dei protagonisti sgangherati i quali, più che in cerca di autore sembrano in cerca di un vero e proprio senso.

Gli ingredienti, in teoria, potrebbero anche esserci tutti, inclusi location lontana e paesaggi surreali (forse la parte migliore del film). Il problema è che il risultato è una sceneggiatura abbastanza povera e telefonata, con figure stereotipate e monodimensionali, e un susseguirsi di situazioni che vorrebbero essere goliardiche invece sono grottesche e ricordano la brutta copia della geniale serie Boris (se non la conoscete, ripescatela).

Qua e là, poi, vengono sparse battute, scene e soluzioni che non raccontano nulla di nuovo. Oltre alla trama in sé, anche alcuni momenti, che vorrebbero omaggiare opere del passato, appaiono forzati e piatti. Uno su tutti, la partita di pallone con porte organizzate alla bell’e meglio in mezzo alla neve che vorrebbe essere un inchino alla ben più nota partita di Mediterraneo (prendendone in prestito pure le battute).

Luca Argentero nel film Hotel Gagarin – Photo: Andrea Miconi

Hotel Gagarin è un lungometraggio che ambiva ad emergere. Il messaggio che vuole lanciare è chiaro, purtroppo però la sceneggiatura e la messa in scena cadono e scivolano sul terreno del già visto senza lasciare spazio alla sorpresa, ingrediente minimo per poter apprezzare una storia lacunosa e prevedibile.

Gli attori fanno del loro meglio col materiale a disposizione e non possono, di conseguenza, che ritrarre in modo caricaturale i rispettivi personaggi. I grandi nomi come Claudio Amendola, Giuseppe Battiston, Luca Argentero e Barbara Bobulova non riescono, purtroppo, a salvare l’insalvabile sebbene siano un gruppo ben assemblato.

La nota positiva sono sicuramente i paesaggi mozzafiato. A parte questo, però, la pellicola lascia un senso di “non concluso”. Quindi, per ora possiamo tranquillamente passare sopra a questo lavoro tenendo aperta una porticina ai prossimi… che si spera potranno regalarci le stesse buone intenzioni ma un po’ più di sostanza.

Anna Falciasecca

 

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