Solo: A Star Wars Story, il film diretto da Ron Howard dedicato alla gioventù di Han Solo, con Alden Ehrenreich, Emilia Clarke e Woody Harrelson, dopo la presentazione a Cannes 2018 arriva al cinema il 23 maggio 2018.

“Il nuovo film della saga di Guerre Stellari sarà presentato in anteprima a Cannes!”

Ricordate i titoloni di qualche settimana fa, tra l’incredulo e lo scettico, di molte penne cine-agguerrite quando venne svelata la Selezione Ufficiale del 71° Festival de Cannes?

Bene, la tanto attesa anteprima di Solo: A Star Wars Story sur la Croisette è avvenuta e l’amato Ron Howard ha superato la prova a pieni voti. La crema dei giornalisti di settore, prima di diventare critica, in veste di pubblico privilegiato, si è divertita e ha applaudito. La vena di soddisfazione che ha pervaso i corridoi del Palais  speriamo abbia rinfrancato la produzione che ora deve affrontare la prova delle prove: quella col popolo che invade le sale. E si tratta, spesso, di una platea affezionatissima e attentissima ai dettagli, agli omaggi, agli easter egg disseminati nel racconto. Gente che non s’imbroglia né con una storia incongrua, perché conosce la timeline a menadito, né con pirotecnici effetti speciali, perché sa distinguere i twist dal fumo negli occhi.

E quindi, vi domanderete, com’è SOLO: A STAR WARS STORY? 

La verità è che è talmente ben ritmato da portarci direttamente ai titoli di coda senza farci soffrire in alcun istante delle 2 ore e 23 minuti di durata complessiva.
È puro intrattenimento da venerdì sera, di quelli che pretendono il divano pieno di amici e un ciotolone traboccante popcorn sul tavolino da caffè. SOLO è un western intergalattico, in cui non si risparmiano scontri, fughe e tradimenti, e anche i manigoldi hanno un’anima, oltre ad un punto debole pronto a farli cadere.

SOLO ci riporta indietro nel tempo e riesce nell’intento di farci respirare l’aria delle origini, il che non vuol dire sia vintage, impolverato, sorpassato bensì che abbia un’aura speciale, quasi magica, che c’infonde sollievo: non mira a stupire ad ogni costo ma a ricreare una comfort zone di cui sentivamo da anni la mancanza. E, probabilmente, quest’ultimo aspetto è il vero punto di forza di un lungometraggio che non brilla per l’originalità della trama.

Ma facciamo un passo indietro…

E che passo indietro! Chi si è sempre domandato quali drammi avessero costellato l’infanzia di Han Solo, come fosse nata la sua solida amicizia con Chewbecca e perché nutrisse un legame indissolubile col Millennium Falcon, troverà oggi le risposte.

Solo: A Star Wars Story è lo spin-off (il secondo della Star Wars Anthology dopo Rogue One) dedicato a uno dei personaggi più amati della trilogia classica. E il suo scopo è sicuramente quello di rendere la versione giovanile di Han altrettanto accattivante agli occhi di quei veterani che difficilmente riusciranno a sovrascrivere l’immagine di Harrison Ford. L’arma vincente pare essere l’ironia e l’aria da sbruffoncello che l’attore Alden Ehrenreich (classe 1989 e una lunga lista di apparizioni in pellicole importanti) riesce a mantenere con disinvoltura. Quel mix di spavalderia e ingenuità tipica dei giovani col fuoco dentro convinti di conquistare il mondo e che – forse – proprio grazie ad un simile ardore, nella vita faranno grandi cose.

Ora, noi sappiamo come andrà a finire questa storia, conosciamo il futuro di Han Solo ma ciò non ci impedisce di goderci il viaggio e di sperare che l’amore vinca sopra ogni cosa.
Esatto, l’amore è ancora una volta propulsore di un’avventura attraverso galassie tanto lontane quanto inquiete e, insieme alla fiducia negli altri, ci rammenta che questi nuovi episodi nascono sotto l’egida di Disney, una Casa da sempre portatrice di quella speranza di cui abbiamo continuamente bisogno.

In breve: visione adatta a tutti – appassionati, curiosi, indignati. Non il migliore (forse) ma sopravvivrete (di sicuro)!

Vissia Menza