La recensione di LORO 2, seconda e conclusiva parte del nuovo film di Paolo Sorrentino con Toni Servillo. Al cinema dal 10 maggio 2018.
Partiamo dal fondo: dalla cartolina conclusiva di Loro 2, secondo ed ultimo atto del Berlusconi(smo) secondo Paolo Sorrentino, precisamente da quel vulcano artificiale sistemato a villa Certosa e fatto eruttare a comando dal compiaciuto padrone di casa.
Nel futile e sensazionalistico gingillo, ostentato in pubblico ma azionato nella privata solitudine, si annida una moltitudine di significati del film, dell’immarcabile protagonista e dell’incompiutezza del suo ritratto cinematografico.
Il traino era scattato già sul finire della parte prima, ma è in Loro 2 che il racconto dell’Italia “delle libertà” si accentra e, trascurando quasi tutte le implicazioni dei loro, punta dritto al suo incontrastato piatto principale.
Il quale, per quanto Toni Servillo ce la metta tutta tra espressioni “cavalleresche” perlopiù riuscite e qualche scivolone di cadenza partenopea di troppo, appare a conti fatti una figura troppo ingombrante e sfaccettata per essere catturata ed uniformata dalle pagine di un copione.
Silvio Berlusconi è un piovrone più fantasioso di qualsiasi restituzione, un’entità vulcanica, appunto, di animo placidamente magmatico, che abbraccia e si invischia in talmente tanti affari da aver bisogno più di una serie o una saga che un film in due parti e, soprattutto, di interpretare se stesso.
Mettiamoci poi che Loro 2 affronta in maniera più (melo)drammatica e statica le questioni, stabilendosi quasi interamente nella tenuta sarda di un Berlusconi tornato leader politico, attingendo un po’ dappertutto, dalla politica allo spettacolo, dalle feste esagerate e opulente alla deriva matrimoniale con Veronica Lario (Elena Sofia Ricci), senza trovare una coerenza semantica.
Spingendo fuori dall’inquadratura gli elementi più freschi e genuini della parte uno – leggi il tragicomico omino Scamarciano e tutta la vasca dei pesci piccoli e affamati – Sorrentino si perde nei risvolti di un personaggio titanico, uniformemente indescrivibile.
Ma non è solo questo: il regista napoletano arriva in fondo col fiato corto, confezionando nel computo generale un ritratto sfocato dello spaccato sociopolitico, dei suoi vizi e delle sue virtù, in una visione d’insieme che accenna questioni irrisolte, siano esse filosofiche, morali, sociali o semplicemente fattuali. Come dice del resto lo stesso protagonista, “quando qualcuno cerca di influenzarmi con la psicologia non succede niente, quando lo faccio io parte il contagiri”.
La visione d’insieme di Loro è deficitaria proprio perché la scrittura sembra perdersi nell’universo di un uomo (e suoi derivati) che è un calderone ribollente, una megalomane controversia così costante da diventare coerente.
Da qualche parte di questa galassia, anche le certezze di Sorrentino si smarriscono e chiedono informazioni ai passanti; persino le sue metafore, i suoi simboli e le sue esagerazioni divengono improvvisamente di imbarazzante innocuità.
Nel declino dell’iniziale vigore c’è spazio anche per una superflua parentesi sul terremoto a L’Aquila, pane raffermo e compassato per denti retorici, talmente poco sorrentiniano che sembra imposto.
Ripercorrendo a ritroso l’intero tragitto di Loro, la sensazione è quella di un viaggio suggestivo ma incompleto, più improvvisato che studiato, a cui sfugge la sintesi di tutte le sue riflessioni, conducendo ad un capolinea di gran lunga più estetico ed autocontemplativo che utile o analitico.
Voto: 5,5/10
Luca Zanovello
Responsabile della sezione Cinema e del neonato esperimento di MaSeDomaniTV (il nostro canale Youtube) Luca, con grazia e un tocco ironico sempre calibrato, ci ha fatto appassionare al genere horror, rendendo speciali le chiacchiere del lunedì sulle novità in home video, prima di diventare il nostro inviato dai Festival internazionali e una delle figure di riferimento di MaSeDomani. Lo potete seguire anche su Outside The Black Hole