Recensione di Loro 1, prima parte del nuovo lungometraggio firmato da Paolo Sorrentino con Toni Servillo. Al cinema dal 24 aprile 2018.

la locandina del film LORO 1

la locandina del film LORO 1

Un film sul personaggio italiano più potente degli ultimi cinquant’anni diretto dal regista italiano più acclamato degli ultimi venti: come si può tenere l’hype sotto controllo?
LORO, film in due parti sull’Italia berlusconiana secondo Paolo Sorrentino, è uno di quei progetti che, al di là dell’odi et amo, tutti attendono, curiosano, tweetano ed infine guardano.
Non senza pregiudizi e preconcetti, con il retaggio inevitabile di un personaggio tanto epocale quanto controverso, raccontato da un regista fedelissimo a se stesso, alla sua impronta cinematografica e alle sue infinite (auto)contemplazioni.

È didascalica, quasi lapalissiana, la premessa: a tutto schermo, Sorrentino chiarisce che Loro parla di fatti ed eventi frutto dell’incontro tra realtà e finzione, con più “licenze” che cronaca. Ma la tagline, sibillina, avverte: “tutto vero, tutto falso”.
Una mano avanti ed una in tasca dunque, per tutelarsi e per abbandonarsi alla seducente ed inquietante ricostruzione dell’Italia anni 2006-2010, con all’opposizione l’ex Premier Silvio Berlusconi, che per lunghi tratti sarà solo “LUI”, ma soprattutto con il suo riflesso sociopolitico ad abbagliare, galvanizzare e guidare “loro”, l’interminabile codazzo di quelli che vogliono potere, soldi e fama, coloro che vogliono contare ed essere qualcuno.

Kasia Smutniak e Riccardo Scamarcio in LORO 1 - Photo by Gianni Fiorito

Kasia Smutniak e Riccardo Scamarcio in LORO 1 – Photo by Gianni Fiorito

Prima che appaia il Berlusconi sorentiniano, spodestato dalla sinistra, oppositore in stand-by più guascone che sovrano, con ghigno e modi un po’ troppo farseschi by Toni Servillo, la scena è infiammata dal carosello di miserabili ambizioni di chi sogna di seguirne le tracce.

Qui c’è il bello e l’ipnotico di Loro 1, che paradossalmente si infiamma prima che il volto più atteso ed ingombrante faccia la sua entrata in scena: la storia lascia i riflettori ai “pesci piccoli” (per non dire spazzini) e al loro miglior rappresentante Sergio Morra (leggi Tarantini, uno strepitoso Riccardo Scamarcio), mentre Sorrentino inquadra gli attori non protagonisti del sogno italiano, le spore di quella mentalità, quella scala di valori, di vizi ed imprenditoria da Lui sponsorizzati nel bene e nel male.

E’ l’asse sbilenco che connette politica e spettacolo, alleanze e tradimenti, mestizie e velleità di Morra, perfettamente “mediocrizzato” dal migliore Scamarcio che possiate immaginare, della sexy Kira (Kasia Smutniak, anche lei finalmente convincente), del patetico Ministro Recchia-Bondi (Fabrizio Bentivoglio) e una gran fetta di Italia imbambolata tra tv, casting, promesse e frustrazioni.

Toni Servillo e Giovanni Esposito in LORO 1 - Photo by Gianni Fiorito

Toni Servillo e Giovanni Esposito in LORO 1 – Photo by Gianni Fiorito

Tecnica ed estetica di Sorrentino rimangono le stesse, piacciano o meno, anzi talvolta vanno persino oltre gli standard, cesellando con le solite simbologie zoologiche, metafore disseminate in una Roma bifronte, nudi surreali, acrobazie sessuali kitsch e narcotiche, musiche perfette (da Kylie Minogue a Lcd Soundsystem passando per gli Stooges e Concato, tutto si amalgama) e Luca Bigazzi che non perde mai un colpo.

Il regista napoletano rivendica il suo stile con ancor più coraggio e menefreghismo, coerentemente creativo e volutamente spiazzante: è così tambureggiante il pre-Silvio che, quando Lui entra in scena, l’impatto diminuisce e il motore rallenta. A tratti, sembra di slittare da un rave party allucinogeno in Costa Smeralda ad una puntata di Crozza, dal turbine narrativo affollato e cocainomane (potremmo definirlo “glam-pulp”, quello di Sorrentino) all’one man show che probabilmente seguirà.

La buona scrittura tiene duro e guida ai titoli di coda, un po’ in affanno, senza un gancio particolarmente accattivante verso la seconda metà di Loro; che, inevitabilmente, ci dirà se le ottime sensazioni del “primo tempo” siano legittime e se l’Italietta asservita al potere sia stata efficacemente catturata nel suo romantico ed imperituro autolesionismo.

Voto: 7/10

Luca Zanovello