Recensione di Escobar Il fascino del male, il film biografico diretto da Fernando Leon De Aranoa con Javier Bardem e Penelope Cruz al cinema dal 19 aprile 2018.
Virginia Vallejo è una nota giornalista della televisione colombiana fin dalla fine degli anni 70. Famosa e stimata nel suo Paese, per lavoro si trova ad avere a che fare con diverse personalità di spicco della politica, dell’economia e della cronaca nazionale. Tutto cambia nel momento in cui conosce Pablo Escobar, ai tempi personaggio in forte ascesa sulla scena economica della Colombia e con traffici ancora non ben definiti.
Da subito affascinata dalla forte personalità di Escobar, la Vallejo riesce a passare sopra alla poca limpidezza dei suoi traffici (per dirla in modo soft) e ad intrattenere una relazione che, partita come passionale e clandestina, la poterà alla deriva. Si ritroverà, infatti, a vivere una vita fatta di paura, minacce di morte, appostamenti, fughe e tentativi di uscire da un girone infernale di cui non aveva preso le giuste misure.
Escobar Il fascino del male è tratto proprio dal libro della Vallejo, Lovinig Pablo, hating Escobar, in cui la scrittrice parla appunto del suo travagliato rapporto con chi, nel giro di pochi anni, è diventato il ricercato numero uno al mondo. Si parte dai primi incontri, dall’infatuazione, fino ad arrivare alla sua collaborazione con la giustizia, a cui darà fondamentali informazioni per permetterne la cattura.
Il regista, Fernando Leon De Aranoa, lavora bene su un materiale cha è tra l’autobiografico e il romanzato e crea una storia di impatto che riproduce la realtà dell’epoca in modo veritiero e convincente. Dalla ricostruzione degli ambienti, delle istituzioni, dei programmi televisivi, a come si muovevano le informazioni e il traffico di droga tra gli anni 80 e 90; da come ci si arricchiva e ci si nascondeva, fino ai costumi e al trucco. Ogni dettaglio è curato e offre una panoramica a 360 gradi di un periodo che oggi ci sembra distante anni luce.
I due attori principali la fanno, ovviamente, da padrone. Javier Bardem, nel ruolo di un oltremodo imbruttito e “panzuto” Escobar, riesce a interpretare il protagonista con un’ambivalenza tale da non farci capire se alla fine lo odiamo o lo amiamo. Il manierismo che contraddistingue la sua recitazione è qui al servizio di un personaggio dalle diverse sfaccettature, quasi a personalità multipla, e non lesina nel diventare spigoloso e fastidioso (anche fisicamente) soprattutto nella seconda parte del film, quando la sua parabola è destinata ad un’inesorabile discesa. La sensazione è proprio quella che l’attore spagnolo sguazzi con soddisfazione nel regalare ai posteri il suo volto e la sua fisicità ad un individuo da molti descritto come diabolico.
Penelope Cruz è, dal canto suo, l’altro carico da dieci della pellicola: riesce ad interpretare una donna che passa dall’amore folle alla paura, sino al disgusto sempre per lo stesso uomo. Il suo mettersi a disposizione dei vari alti e bassi della relazione tra i due, senza risparmiarsi (come si potrebbe fare altrimenti con un gigante della trasformazione come il suo consorte nelle stesse scene?), la fa apparire come la scelta ideale per sostenere la convivenza sullo schermo con un Berdem che si è cucito addosso un personaggio pesante e complesso.
Escobar Il fascino del male è una pellicola che si sofferma su un paio di aspetti principali della parabola del più famoso, e pericoloso, narcotrafficante del secolo scorso. Glissa volutamente sulla mera cronaca e sull’elenco dei fatti, per integrarli in modo dosato nelle interazioni tra i due. E sono proprio le loro vicende personali a portarci a spasso all’interno della cronaca del periodo. È proprio attorno ai loro occhi e alle loro discussioni che si muove tutto il mondo della povertà, dei ricatti, della cruda spietatezza del traffico di cocaina tra Colombia e Stati Uniti. Questo escamotage ci regala quindi un racconto non eccessivamente personale che ci fa rivivere, grazie all’intrattenimento di un prodotto cinematografico, quanto successe in quegli anni e tenne banco per due decadi.
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.