Recensione di Doppio Amore, il nuovo film diretto da François Ozon, al cinema dal 19 aprile 2018.

la locandina italiana del film Doppio Amore

la locandina italiana del film Doppio Amore

A meno di due anni dal composto e raffinatissimo Frantz, François Ozon controbilancia la sua poliedricità con Doppio Amore, film altrettanto elegante ma nettamente più malefico, immerso in una placenta uterina oscura e psicoanalitica.
E’ l’adattamento del romanzo Lives of the Twins della scrittrice di culto Joyce Carol Oates, ed è una storia di amore mentale e carnale nelle nebbie di anomalie nevrotiche e genetiche.
Quelle dell’incantevole protagonista Chloe (Marine Vacht, già col regista in Giovane E Bella), involucro bello e interno fragile, che si innamora e accasa con il suo affascinante analista Paul (Jérémie Renier, In Bruges).
La passione si guasta quando Chloe incontra fortuitamente Louis, sosia perfetto del compagno, ma con un carattere marcatamente subdolo ed aggressivo. E’ un gemello mai dichiarato o una psicotica “seconda vita” di Paul? Chloe cerca la verità, scopre segreti che fanno crollare tutto ma, forse, un perverso ed appagante Doppio Amore.

Un titolo che una volta tanto viene tradotto (quasi) fedelmente, ma che potrebbe essere fuorviante nel suo classicismo. Doppio Amore è materia reproba e perversa, uno degli atti più insidiosi della carriera di Ozon.
Accostamenti e omaggi sono o possono essere molteplici: sulla solita, sofisticata base di dramma sentimentale, l’autore parigino riversa molto sospetto di Polanski, diagnosi psicosomatiche alla Cronenberg e Zulawski, persino teorie del doppio (schermo compreso) di De Palma.

Jérémie Renier e Marine Vacth in Doppio Amore - Photo: courtesy of Academy Two

Jérémie Renier e Marine Vacth in Doppio Amore – Photo: courtesy of Academy Two

Influenze proprie ed altrui convergono così nel gioiello che è Doppio Amore, spugna di subdola tensione sia negli spunti di classe, sia nelle sfrontate esagerazioni, nei numerosi momenti sopra le righe che restano in carreggiata grazie alla minuzia del regista.
Aiutato da un adattamento libero ma lucido della Oates, un thriller-drama stratificato – o meglio intrecciato – che ragiona argutamente sul sistema solare dell’attaccamento, della segretezza, delle pulsioni, di limiti e rese della psicologia.
Ma soprattutto sul parto e sulle implicazioni gemellari, letteralmente e simbolicamente infinite, da illo tempore fonte di nera narrativa.

La noblesse del cinema di Ozon è eccezionale come le sindromi che racconta, e si riflette nella forma smagliante dei due (o tre?) protagonisti, pansessuali e panseNsuali. La distribuzione di colpe e irrisoluzioni diventa equa e ineluttabile, genetica e psicologia diventano rispettivamente genitore e tutore spietati.
Significati tanti, sfumature da seconda visione pure, così come i meriti artistici di un film che in un colpo solo turba, eccita e spaventa.

Voto: 7,5/10

Luca Zanovello