L’amore secondo Isabelle: Claire Denis alla ricerca del “sole interiore”

Recensione del film L’amore secondo Isabelle di Claire Denis, al cinema dal 19 aprile 2018.

la locandina italiana del film L’amore Secondo Isabelle

Il fuoriclasse nello sport lo riconosci in modo semplice: è quello che se ne sta in disparte o finge di farlo, che ti disorienta con un atteggiamento a basso profilo e poi quando stai per rilassarti ti trafigge con un colpo inatteso e magistrale.
A ben vedere, il ragionamento calza perfettamente anche per la questione cinematografica e per i suoi “top players”. Una di essi è, senza dubbio, la regista parigina Claire Denis.

L’Amore Secondo Isabelle è la sua tredicesima regia, passata dalla “Quinzaine” di Cannes 2017, un progetto che trae libera ispirazione da Frammenti Di Un Discorso Amoroso dello scrittore francese Roland Barthes e da un suo singolo concetto, quello di Agonia.
La Denis parte dalla parola e la trasforma in chiave, evocandone un significato strettamente correlato alla sopraffazione causa pene d’amore. E’ questo lo stato in cui versa la cinquantenne Isabelle (Juliette Binoche e il siero dell’eterna giovinezza), col suo cuore irrisolto e il carosello di uomini schizofrenici della sua vita.
La conquista dell’amore vero – o qualcosa di simile – è eclissata da una serie interminabile di rapporti sentimentali made in 2018, incerti e idiosincratici, pavidi e facili da smentire.

una scena del film L’amore secondo Isabelle – Photo: courtesy of Cinema s.r.l

Qui, nel crocevia del dramma sentimentale, la fuoriclasse Denis trasforma una sinossi piuttosto prevedibile e schematica in un film profondo, magnetico ed ironico, che sale progressivamente di giri e sfocia in un atto finale che irradia tanto di speranza quanto del suo esatto contrario.
L’Amore Secondo Isabelle è un film nobile e raffinatissimo, un gioiello capace di rimanere sobrio e persino mascherato, che incastona le gemme maschili del cinema francese (Xavier Beauvois, Gérard Depardieu, Philippe Katerine, Nicolas Duvauchelle) sulla mai banale sofferenza di Isabelle-Binoche.

Se il “sole interiore” presente nel titolo originale viene svelato alla fine, il resto del film è un percorso sconquassato e piovoso di frustrazioni di cuore, nel quale l’autrice applica la sua laurea in condizione umana; ma la morale è sospesa e anche le colpe della disperazione della protagonista restano aleggianti.
Non solo non si casca mai in retorica e “guilty party”, ma è stupendo il modo in cui prende forma una divertita, disillusa ricetta per limitare i danni affettivi.
Se è di pochi registi l’abilità di deframmentare l’animo umano senza pedanteria ma addirittura sorridendone, alla ricerca di qualche fragile punto di riferimento, Claire Denis dimostra non solo di possederla, ma di saperla custodire e far evolvere anche dopo venti anni di capolavori. Da non perdere.

Voto: 8/10

Luca Zanovello

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