l’attesa s’impadronisce del sonno, mi giro e rigiro nel letto finché non mi sveglio all’alba ansiosa di vedere la pellicola vincitrice della Palma dʼoro allʼultimo festival di Cannes, il film The Square, il nuovo lavoro di Ruben Östlund, regista svedese che tutti ricordiamo per Forza Maggiore del 2014, una perla rara
la giornata trascorre troppo lentamente e carica di preoccupazioni, vorrei fossero subito le 21.00 ma devo pazientare, i minuti si accumulano a fatica uno sull’altro quand’ecco giunge l’ora, mi affretto al cinema, entro in sala e mi accomodo tra il pubblico trepidante, mi premuro di silenziare il cellulare, allerto allerto la vista, l’udito e il cuore
ci siamo
la trama è ormai nota, ne parlano tutti e da tempo, Christian, un Claes Bang impeccabile, è il direttore di un museo d’arte contemporanea a Stoccolma, separato e padre di due bambine, alle prese con la promozione di The Square, opera concettuale di un’artista argentina, una porzione quadrata dai contorni illuminati collocata nella piazza antistante il museo in sostituzione di un monumento storico
l’innovazione al posto della tradizione
The Square e la sua insegna “Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri”, un quadrato e la sua insegna, coprotagonisti ammalianti
con questa frase ben incisa nella mente e con il cuore intenerito da tanta bontà ci immergiamo nella proiezione e di lì a poco veniamo rapiti da immagini strepitose, scroscia nell’aria un applauso corale a Fredrik Wenzel, il direttore della fotografia, le nostre orecchie si raddrizzano allertate, ogni frase è un verdetto, i nostri sentimenti vengono scossi da ciò che scorre dinnanzi a noi, in ogni istante, su quello schermo enorme che nel buio, ahimè, ingigantisce la pochezza dell’essere umano, eccoci lassù, noi con i nostri molteplici difetti, Christian, il narciso per eccellenza, a rappresentarci tutti, chi più chi meno, ci sarà pure qualche pregio, mi chiedo avvilita, aguzzo meglio lo sguardo, stropiccio gli occhi, ma vedo solo diffidenza, timore, freddezza, cerco meglio tra la folla, nemmeno l’ombra di un briciolo di empatia, la gente cammina per le strade, vicini ma lontani, lì, ma altrove
d’un tratto un episodio raggela il pubblico presente e perfino quello assente, il nostro Christian si distingue, è esemplare, riprendo a respirare, rilasso le spalle, che sollievo ce l’ha fatta, e ora cosa succede, non credo a quello che vedo, ma di chi ci si potrà mai fidare in questo mondo, povero Christian derubato di orologio, cellulare e polsini d’oro svaniti nel nulla
siamo tutti affranti
il nostro coinvolgimento lievita, affianchiamo Christian nella sua indagine privata sul furto subito, cerchiamo un senso nella sua relazione anomala con un’inquietante giornalista americana e ci preoccupiamo per la trascuratezza con cui pianifica la campagna pubblicitaria per The Square
pare stia perdendo il controllo della situazione
proseguiamo nella visione del film con sospetto guardandoci alle spalle timorosi di chiunque, inforco gli occhiali e mi getto là sul grande schermo, voglio vederci chiaro, mi siedo al tavolo tra gli invitati durante la cena di gala quand’ecco succede l’impensato, il terrore dilaga, ognuno si arrocca in se stesso finché succede dell’altro, aiuto, ma come è possibile, in men che non si dica abbandono il grande schermo impaurita e riprendo posto nella mia comoda poltrona, il capo reclinato in segno di vergogna, siamo forse tutti così, mi domando incredula
stento a crederlo
una vocina dal lato destro della sala pare darmi involontariamente una risposta, il quadrato è sempre vuoto, è vero, è proprio così
e tutti gli giriamo intorno
Elisa Bollazzi
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Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
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