Insyriated: la guerra vista attraverso una tenda

Recensione di Insyriated, il film con una strepitosa Hiam Abbass al cinema dal 22 marzo 2018.

la locandina italiana del film Insyriated

Ci sono film che scelgono di raccontare capitoli di storia abbagliando e/o sgomentando col potere delle immagini. Ce ne sono altri pacati, in cui gli eventi sono solo sussurrati, abbozzati, mai palesemente mostrati. E poi ci son opere che paiono focalizzare su un soggetto ma lo sfondo è il reale argomento su cui riflettere. Insyriated appartiene a questa categoria.

Insyriated è il lungometraggio del belga Philippe Van Leeuw, premiato prima dal pubblico di Panorama alla Berlinale 2017, poi ad una serie di altri festival. È un dramma che si svolge tra le mura domestiche di un appartamento, bello, ampio e luminoso, in cui vive una famiglia alla quale non sembra mancare nulla. C’è una donna che fa i mestieri, i bambini che corrono per casa e c’è Oum Yazan, che tutto tiene sotto controllo. Oum Yazan è una bella signora sopra i cinquanta, determinata, e all’occorrenza di polso, che riesce a mantenere unito il piccolo gruppo. Perché al di fuori di quelle stanze pulite e organizzate, il mondo sta crollando.

una scena del film Insyriated – Photo: courtesy of Movies inspired

Siamo a Damasco, una città assediata, in cui i cecchini rendono i cortili impercorribili e la gente comune è un pupazzo con cui fare pratica di tiro. Le bombe vengono sganciate senza apparente obiettivo e interi quartieri son popolati per lo più da fantasmi. È il paradiso dello sciacallo, del ladro, dello stupratore e del militare che abusa del proprio ruolo. È uno scempio umano, oltre che un cumulo di macerie in cui è difficile ravvedere un senso.

In mezzo a tale disastro, la nostra Oum Yazan (una meravigliosa Hiam Abbass, Blade Runner 2049) cerca di tenere l’ordine, perlomeno entro le mura domestiche. Dà riparo agli ultimi vicini e si ostina a non voler rinunciare a casa propria e alla sua routine, tanto dignitosa quanto oramai surreale. È lei a proteggere tutti dal mondo esterno, quel posto diventato ostile in ogni direzioni si guardi. Un mondo che i ragazzi possono vedere soltanto di sfuggita, da dietro una tenda o di notte, sempre e unicamente da una finestra.

una scena del film Insyriated – Photo: courtesy of Movies inspired

Sono dei reclusi, hanno paura ma superata la crisi tornano alla normalità dei piccoli gesti. E noi siamo con loro, condensiamo in poco meno di 90 minuti ventiquattro ore di claustrofobia in cui l’ansia è provocata più dagli esseri umani che dalle esplosioni di ordigni. Ci sentiamo vulnerabili, senza una protezione e con una grande voglia di uscire, andare a teatro o in qualsiasi altro luogo di svago, lontano da lì e fatichiamo a non urlare “via, via, correte!” Loro però in quella casa sono obbligati a restare.

Insyriated è uno di quei film per cui torni dalla Berlinale soddisfatto. Sai che sarà acclamato da pubblico e critica ma il suo cammino verso le sale, verso la distribuzione capillare, sarà impervio. Dopo molti mesi, tanti chilometri e probabilmente qualche reticenza, la pellicola approda in questi giorni nei cinema della Penisola. E sulle spalle di una manciata d’attori, rinchiusi tra quattro pareti per nulla solide, simili più a una prigione che a un rifugio sicuro, si regge il racconto, un racconto in grado di mostrare l’irruenza e la follia della guerra con il solo potere di uno sguardo.

una scena del film Insyriated – Photo: courtesy of Movies inspired

E sono gli occhi della nostra protagonista ad accompagnarci attraverso i momenti peggiori, le decisioni spetteranno a lei, le bugie e il peso di ogni scelta, pure. Colpevole oltre il ragionevole dubbio. Perché salvare i più giovani e fragili ha un prezzo terribile in cui l’impopolarità è il minore dei mali. La guerra, quella degli altri, che travolge i comuni mortali, è cosi: alle vittime innocenti è chiesto di superare il disumano e alla fine i vincitori stanno sempre altrove.

Insyriated è doloroso, necessario, da non perdere.

Vissia Menza

 

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