Southbound – Autostrada Per L’Inferno: da quali mostri scappi?

Recensione del film Southbound – Autostrada Per L’Inferno, l’horror in home video dal 22 febbraio 2018.

la locandina di Southbound

L’horror della settimana è Southbound – Autostrada Per L’Inferno, che giunge in dvd e blu-ray Midnight Factory dopo essere passato – mai in sordina – dalla solita trafila di festival del settore (Sitges 2016) e non (Toronto 2015).
Si tratta di un film molto particolare, difficile da catalogare sin dalla sua natura semi-antologica: Southbound è difatti suddiviso in quattro “episodi”, affidati ad altrettanti registi, che però si fondono e completano a vicenda seguendo una narrazione ed un montaggio ellittici, un formato reso famoso dal tarantinismo di Pulp Fiction.

Ad allontanare il film dall’asfissia dell’horror antologico ci pensano, oltre a questo intreccio di eventi, personaggi e destini, un’estetica uniformata e soprattutto uno scenario condiviso.
Che è quello di una desertica e pressoché deserta strada statale americana che punta verso sud, lungo la quale si accodano nell’arco di una tragica nottata 5 vetture protagoniste, su cui piove una serie tanto divertente quanto disordinata (e un po’ casuale, probabilmente) di incubi terrificanti.

una scena del film Southbound – Photo: courtesy of Midnight Factory

Ecco così due giovani vendicatori grondanti sangue, una rock band al femminile rimasta appiedata, un uomo che investe accidentalmente una ragazza, un altro alla ricerca della sorella svanita nel nulla, una prototipica famigliola borghese in vacanza.
Tutti hanno a che fare con tutti, ognuno col suo rimorso, rimpianto, senso di colpa o espiazione nel bagagliaio, inseguiti (o inseguenti) da un passato tormentato.

A simboleggiare i tormenti interiori, una sequela di tormenti posteriori trasformano la notte nell’inferno: spettri aleggianti, mostri tentacolari dal sottosuolo, ospedali dismessi, locali mostruosi alla Dal Tramonto All’Alba, sette, culti e invasori domestici in maschera.
Nel pot-pourri di Southbound sono più le sorprese delle attese, più le scene d’impatto gore (il sangue non viene risparmiato) che quelle esplicative. Mentre uno speaker radiofonico di WalterHilliana memoria accompagna i viaggi, la remota provincia americana rinnova metaforicamente il peso degli spauracchi e dei pensieri irrisolti.

una scena del film Southbound – Photo: courtesy of Midnight Factory

Alla lunga, Roxanne Benjamin (V/H/S), David Bruckner (V/H/S, Signal), Radio Silence (V/H/S) e Patrick Horvath riescono a circondare lo spettatore di angoscia, nella morsa di disagi auto ed etero indotti. Anche grazie alle scelte musicali ed effetti speciali, entrambi devoti alla cultura 70-80 che all’attualità.

La parentesi migliore è anche la più misteriosa, quella “medica” in cui Lucas cerca di fornire soccorso alla donna investita, trovandosi nei catacombali corridoi di un ospedale dismesso; quello scritto e diretto da Bruckner è il momento più atmosferico, quello che avrebbe meritato più minutaggio e qualche risposta in più, e che simboleggia nel modo più convincente lo spirito originale, tra splatter e spunti filosofico-esistenziali, di Southbound.

Voto: 7/10

Luca Zanovello

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