Recensione di Oltre la notte, il film di Fatih Akin con Diane Kruger al cinema dal 15 marzo 2018.
Katja è una ragazza con una vita che si è rimessa sui binari giusti dopo una gioventù un po’ turbolenta e ribelle, fatta di feste, alcol e qualche spinello di troppo. Un giorno s’innamora di Nuri, il ragazzo di origine turca, che ai tempi le vendeva l’erba. Si sposa con una cerimonia poco convenzionale all’interno del carcere in cui il futuro marito sta scontando una pena, neanche a dirlo, per reati legati alla droga. Quella formata dai due è sicuramente una coppia sopra le righe che, grazie all’amore e alla nascita del piccolo Rocco, riesce a tornare sulla retta via e a concentrarsi su casa, lavoro e il domani.
Tutto però cambia tragicamente una sera apparentemente come tante. Al pomeriggio la donna aveva lasciato il bambino in ufficio dal papà, tornata a riprenderlo ad attenderla trova un posto di blocco. Il motivo è un’esplosione, le vittime sono proprio il marito e il figlio. Da questo momento niente sarà più lo stesso. La sua vita va in frantumi, letteralmente, in pochi istanti. E, da adesso, le sue giornate saranno ricolme solo di dolore, ricerca di una risposta, indagini, famiglia (quella che le è rimasta) e domande su un futuro che aveva programmato con l’uomo che amava e che le è stato portato via dagli indiziati, ovvero da cittadini tedeschi affiliati all’NSU (Gruppo Neonazista).
Fatih Akin, regista che abbiamo conosciuto per il bellissimo La sposa turca del 2004 e per il divertente Soul Kitchen del 2009, con Oltre la notte presenta un lavoro dalle tematiche sociali forti, prediligendo un racconto molto personale che passa direttamente attraverso gli occhi della protagonista, una bravissima Diane Kruger (miglior attrice a Cannes 2017). È proprio grazie alla superba interpretazione dell’attrice tedesca, che qui recita nella sua lingua madre, che viviamo l’inferno di una giovane a cui è stato tolto tutto senza nessun motivo se non il puro odio razziale.
Toccare il tasto dei nuovi movimenti neonazisti, che in Germania hanno colpito in diverse occasioni, analoghe a quelle descritte nel film, è una scelta forte e spiazzante, soprattutto in questi anni in cui, quando si parla di terrorismo, si pensa ad altre matrici. La schiettezza di Akin, anch’egli di origine turca e nato ad Amburgo, città dove è tornato a girare, è un aspetto che rende lo spettatore ancora più incredulo e partecipe del dolore causato da un simile crimine.
Peculiare è anche la decisione, in sceneggiatura, di dividere la storia in capitoli ben distinti che analizzino in particolar modo i temi della famiglia, della giustizia e della vendetta, presentati come atti separati e con un loro inizio e una fine. Una scelta che mantiene l’attenzione sullo specifico argomento, e scava in profondità senza le distrazioni provocate da eventuali sotto-trame.
Attraverso il rapporto tra la vittima e il suo avvocato difensore, un bravissimo Danis Moschitto, il quale impegna tutto se stesso nell’ottenere la giusta pena per i due assassini, lo spettatore è messo di fronte alla freddezza ed al distacco con cui la Legge (tedesca in questo caso) si pone nei confronti del più efferato dei crimini. Le severe procedure d’indagine stridono però con l’emotività di chi, dall’altra parte del banco, prova ogni sentimento possibile tranne la capacità di rimanere oggettivo e distaccato ma vorrebbe solo urlare al mondo la propria sofferenza.
Il tema della vendetta di Katja è ugualmente sentito e rappresentato, con tutta la sua fermezza prima, i suoi dubbi poi e la sua freddezza nel finale. L’autore usa i vari alti e bassi dell’umore della sua eroina, che va e torna dall’inferno più di una volta, per cercare di spiegare quanto sia indecifrabile l’animo umano – sia da parte di chi si sente autorizzato a prendersi la vita di una persona per le proprie ideologie di supremazia della razza, sia da parte di chi si trova a giustificare qualunque mezzo possibile per ottenere una giustizia dovuta.
Siamo difronte ad un film atipico, sicuramente diverso dai precedenti lungometraggi del regista. Anche se con qualche lacuna (non tutte le storie si chiudono), Oltre la notte si pone come un lavoro maturo e coraggioso che va a colpire in modo risoluto ed univoco un argomento che forse trova ancora poco spazio sui media. Quello dell’odio razziale a sfondo nazista è, infatti, uno dei temi che il regista sente particolarmente vicino e qui non manca di presentarcelo con tutta la crudezza e sensibilità del caso.
Oltre la notte non vi lascerà indifferenti.
Anna Falciasecca
Bionda, sarcastica, appassionata di regia e di viaggi cerca di unire le sue passioni scrivendo un blog di viaggi, sceneggiature (che stanno comode nei cassetti) e recensioni. Il suo motto è “Blond is a state of mind”, modifica continuamente idea e tiene i piedi in diverse scarpe, tutte rigorosamente tacco 12. Le uniche cose che non cambierà mai sono: Woody Allen e Star Trek, di cui è incallita fan.
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