Recensione d MARIA MADDALENA, il film con Joaquin Phoenix e Rooney Mara al cinema da 15 marzo 2018.

la locandina italiana del film Maria Maddalena

la locandina italiana del film Maria Maddalena

Prevedevo di non rimanere sul bordo della poltrona, con occhi anfetaminici, durante la visione di Maria Maddalena, film biografico sulla controversa e poco definita discepola di Gesù Cristo. Perché non sono quello che si dice un provetto chierichetto e soprattutto perché sono saturo di comodi biopic e di storie che Hollywood mutua dalla realtà, a discapito di fantasia, immaginazione ed inventiva.
E’ pur vero che il cinema ha saputo scandagliare meandri dell’universo cattolico in modo efficace ed interessante, estendendo la portata di alcuni film su scala universale: L’Ultima Tentazione Di Cristo di Scorsese e La Passione Di Cristo di Gibson, per esempio, tra colta provocazione ed altrettanto colto realismo avevano dato voce insolita e conturbante alla materia cristiana. E, soprattutto, mi avevano conquistato. Non è sempre festa.

In Maria Maddalena, il regista australiano Garth Davis (Lion – La Strada Verso Casa) parcheggia parzialmente il Messia (Joaquin Phoenix) e lo veste dei panni di “non protagonista”, mettendo al suo posto, al centro dell’attenzione, la donna che fu a lui più prossima ed intima, la seguace Maria Maddalena (Rooney Mara).
Lei, senso di giustizia e bellezza sopra la media, diventa lo specchio e il nervo dell’ascesa, delle speranze, delle paure e della tragica fine di Gesù.
La Storia e il clero la ricordano, poi la dimenticano, poi la santificano, la sua fama nei secoli passa drasticamente da prostituta a profeta, da ingannatrice a unica vera confidente.
Davis prova a raccontarla e a “redimerla”, nei caotici e disperati giorni del 33 d.C..

oaquin Phoenix e Rooney Mara nel film Maria Maddalena - Photo: courtesy of Universal Pictures

oaquin Phoenix e Rooney Mara nel film Maria Maddalena – Photo: courtesy of Universal Pictures

Atei, agnostici e credenti, sostenitori e detrattori di Maria Maddalena donna si ritrovano uniti nella sonnolenza di Maria Maddalena film, due ore sotto regime di giallognola fotografia (ma era davvero così giallognola Gerusalemme?) e di lenta parabola cristiana nelle tappe che conosciamo fin troppo bene.
La liaison Mara-Phoenix nasce sul set, la loro intesa cinematografica muore scena dopo scena, e sancisce il fallimento concettuale del film e la sua verosimiglianza: tutto dovrebbe vertere sull’ambiguo, sfumato rapporto umano tra Gesù e M.M., che però sullo schermo si sfilaccia e non lascia sostanza narrativa utile e/o d’impatto, né a livello duale né singolare.
Ed è disastroso anche il cocktail di documentazione storica e di ricostruzione prettamente biblica (anche piuttosto sensazionalista), come il momento della risurrezione di Lazzaro, che diventa quasi un momento alla Romero.

L’alibi di Davis, e soprattutto delle sceneggiatrici Helen Edmundson e Philippa Goslett (quest’ultima parzialmente redenta dalla sua firma in calce al copione dell’ultimo film di J. C. Mitchell), è l’altissimo coefficiente di difficoltà insito nella descrizione di un rapporto così fragile da essere diatriba infinita per la Chiesa stessa. Le aggravanti, che mi costringono a buttare la chiave, una rara imprecisione focale ed una chiosa di malproprio femminismo opportunista.

Qualcosa a cui aggrapparsi? Le musiche di Hildur Guðnadóttir e del recentemente scomparso Jóhann Jóhannsson.

Luca Zanovello