un film di guerra, così, di giovedì, nel bel mezzo della settimana, non so, come potrei affrontare i giorni a seguire con gli occhi invasi da immagini cruente e scenari devastati che mi si prospettano là sul grande schermo, tentenno, mi ricopro di dubbi e poi, chissà come, raccolgo le forze e mi avvio al mio destino, arrivo al cinema, entro nell’atrio, butto una sbirciatina alla locandina e la scritta
400.000 uomini intrappolati
il coraggio di un popolo per riportarli a casa
mi incuriosisce, son certa che Dunkirk di Christopher Nolan mi sorprenderà, la mia vicina mi srotola in poche parole la trama del film che narra dell’Operazione Dynamo, studiata a suo tempo sui banchi di scuola e di cui ho solo un vago ricordo, siamo nel 1940 a Dunkerque nel nord della Francia ad appena 10 km dal Belgio, Seconda Guerra Mondiale, la Germania nazista invade la Francia e 400.000 soldati inglesi, francesi, belgi e canadesi ritiratisi sulle spiagge francesi vengono accerchiati dall’esercito tedesco e attendono di venire riportati a casa, là, a poche decine di chilometri, dall’altra parte della Manica
passo al vaglio i dati in mio possesso e mi sovviene il cosiddetto “miracolo di Dunkirk”, una missione di salvataggio che si svolge in una manciata di giorni, dal 27 maggio al 4 giugno 1940, e coinvolge centinaia di piccole imbarcazioni guidate da militari e civili, ora ricordo con più esattezza, ah quanti atti di eroismo, entro in sala impavida, mi siedo nella mia solita poltrona tra gli amici di sempre e un immenso pubblico accorso per questo successo internazionale
ecco ci siamo
il film sta per iniziare, mi preparo, trattengo il respiro, irrigidisco le spalle, punto i piedi, socchiudo gli occhi per attenuare le scene di guerra che immagino appariranno di lì a poco amplificate sul grande schermo, rimpicciolisco le orecchie per ovattare le urla strazianti di dolore che mi pare già di sentire, ho un fremito, sì, ce la posso fare
il film ha inizio
e pure lo stupore
sin dalle prime immagini, meravigliose, percepiamo una corsa collettiva verso la sopravvivenza e veniamo rapiti tutti quanti da un’atmosfera unica che ci strega per tutti i 106 minuti di proiezione e ci scaglia in tre diverse dimensioni spaziali e temporali, tre storie sovrapposte e intrecciate che convivono magicamente e ci risucchiano anima e corpo, la prima, sulla spiaggia e il molo, si svolge in una settimana, la seconda, in mare, dura un giorno mentre la terza in cielo copre un’ora di battaglia tra Raf e Lutwaffe
attentissimi seguiamo contemporaneamente la storia del soldato Tommy, un topo in trappola su quella spiaggia infernale insieme ad altre migliaia di soldati, la storia di una delle decine di imbarcazioni civili avventuratasi in soccorso dei naufraghi e infine le imprese di uno Spitfire della Royal Air Force, veniamo tutti trascinati dalle azioni, tuttavia
manca qualcosa
allargo le orecchie, apro bene gli occhi e cerco con attenzione, manca il nemico, lo cerco ovunque, ma non lo trovo, seguo i soldati in fuga, mi incolonno lungo il molo carico di materiale umano, volgo lo sguardo a destra e a manca inutilmente, non c’è, eppure un senso di pericolo ci attanaglia e il nemico è sempre in agguato, incalza, ci tallona e noi vorremmo togliercelo di dosso, scappiamo, abbiamo paura, sospiriamo lasciandoci trasportare dalle musiche della colonna sonora di Hans Zimmer, una meraviglia per l’udito, e dalle immagini ammalianti di Hoyte van Hoytemale
i dialoghi sono rari, che la paura sia muta, che la guerra tolga voce al dolore, allungo le orecchie, e sento solo poche battute, ciononostante il film parla a gran voce e raggiunge ogni angolo del nostro corpo e della nostra mente, è bizzarra la cosa
mancano pure i rivoli di sangue, le membra maciullate, i corpi sbrindellati, evidentemente non necessari per fare di Dunkirk un capolavoro
chapeau Christopher Nolan
Elisa Bollazzi
n.d.r. il film Dunkirk è in DVD dal 17 dicembre 2018, un clic qui per leggere la recensione
Artista e scrittrice si diletta a trasformare in un flusso di parole la sua vita itinerante da una galleria a un museo da una sala cinematografica a un teatro da un incontro con l’autore a una biennale.
Inizia a scrivere a sei anni sotto l’amorevole guida dell’adorata maestra Luigia. Dapprima le vocali: 40 a 40 e 40 i 40 o 40 u in seguito le consonanti, 40 per ognuna e quindi tutte in fila. Di lì a poco vocali e consonanti abbracciate in mille modi all’apparenza indecifrabili: ab ac al am an ao ar as at au av az Ba bo bu Ca cc ci cr cu Da du Aa dd nn pp ss vv zz, inspiegabili suoni che d’un tratto trovano un senso e come d’incanto si trasformano in parole e pensieri. Elisa sa guardare, ascoltare, pensare e ora anche scrivere: il gioco é fatto!
Dal 1990 si dedica con devozione al suo Museo Microcollection
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