Scappa – Get Out: come interpretare la mina vagante degli Oscar 2018?

Un commento al film Scappa – Get Out, il thriller/ horror d’esordio dietro la macchina da presa di Jordan Peele candidato a quattro premi Oscar®.

la locandina italiana del film Scappa – Get Out

Il 23 gennaio, all’annuncio delle nomination degli Oscar®, un nome su tutti balzò all’occhio: era quello di Get Out – Scappa, prodotto dal Re Mida dell’horror indipendente Jason Blum (e la sua casa di produzione Blumhouse) e scritto e diretto dall’esordiente Jordan Peele.
Con le sue quattro candidature, compresa quella cruciale di Miglior Film, Get Out ha trasformato un piccolo film già divenuto fenomeno di culto (e di studio economico, con i suoi 255 milioni di dollari incassati a fronte dei 5 costati) in un oggetto misterioso, discusso e soprattutto travisato.

Il perché è evidente. Nel trailer (tra qualche riga) un ragazzo afroamericano (Daniel Kaluuya, The Black Panther) visita la ricca famiglia della sua bianca compagna, ignara del divide “cromatico”. Musiche inquietanti ci suggeriscono che i suoceri non prenderanno bene la cosa. La situazione degenera e il monito, come da titolo, è “scappa!”

Facile, facilissimo allora pensare che Get Out sia un thriller sociale, una favola nera delle derive razziste della provincia borghese americana che prende spunto dai recenti fatti di cronaca ed intorta l’opinione pubblica.
I tempi dettano le interpretazioni, le nomination certificano: “ce l’hanno venduto come horror, ma non lo è”.

Glissando sugli osceni luoghi comuni che, anche nelle migliori famiglie cinefile, riconducono forzatamente il cinema d’orrore alla serie B, il dubbio sulla natura “atmosferica” del film è lecito.
Del resto era dagli anni novanta, da IIl Silenzio Degli Innocenti (1991) a Il Sesto Senso (1999), che non si vedeva materia accostabile all’horror dalle parti dell’Academy e nei “giri che contano”.
Quando ai Golden Globes il film di Peele viene incluso e premiato nella categoria “Best Musical or Comedy”, la frittata è completa.

Catherine Ann Keener e Bradley Whitford nel film Get Out – Photo: courtesy of Universal Pictures

Allora di cosa stiamo parlando? Horror, commedia o dramma sociale? Il purista, l’etichettatore e l’ossessivo-compulsivo tremano.

La risposta c’è, ed è negli scorrevolissimi cento minuti di Get Out, che dopo un primo atto di tensione e di presagi ed un secondo di pura suspence disseminata tanto di indizi validi quanto di volutamente fuorvianti, rivela con un twist ingegnoso la sua vera natura: quella di un horror cristallino, mix di terrori terreni e paranormali, ironico ma tremendamente diabolico e strettamente aderente al cinema di mezzanotte.

L’eventuale satira sociale di Peele, afroamericano di New York City, è semmai in senso diametralmente opposto rispetto a quello che i soloni gli vorrebbero appioppare, e denuncia l’abuso di “allarme razzismo”, giocando (velatamente) non tanto coi nostri pregiudizi quanto con i “pregiudizi sui pregiudizi”.
Viene alla mente l’epocale Society di Brian Yuzna, pieni anni ottanta, in cui le implicazioni socio-politiche erano vassalli al servizio dell’horror, se non direttamente pretesti. Il film citato, giustappunto, rimane nella memoria cinefila, ma prettamente del suddetto genere.

Definita la natura di Get Out, resta il secondo enigma: perché un film del genere, seppur ottimo in tutti i suoi dipartimenti, fa man bassa di illustri consensi oltre ogni aspettativa razionale?
Probabilmente, e paradossalmente, la risposta è la stessa di cui sopra: prima di manifestarsi come delirante e fantasioso orrore, Get Out stana con una bellissima sceneggiatura le curiosità di chi lo vorrebbe vivere come commedia, appaga l’appetito di chi cerca tesi sociali e rivendicazioni razziali con un’esca sull’amo fatta di piccoli bluff, ma nel contempo mantiene vive la sensazione prioritaria (come in effetti sarà) che i mostri sono pronti a saltar fuori dagli armadi.

Get Out, horror per filosofia, narrazione e tranelli, è così ispirato e fresco, “moderno” nel senso più proficuo del termine, da riuscire non solo a tenere sulla corda, ma anche ad affabulare. Sui titoli di coda, conquista inequivocabilmente anche chi non era lì per quello, togliendosi lo sfizio di sedersi in canottiera e ciabatte (firmate) al tavolo dei nobili. Con loro buona pace.

Luca Zanovello

n.d.r. il film Get Out – Scappa è in home video su Amazon.it dal 20 settembre 2017.

Daniel Kaluuya nel film Get Out – Photo: courtesy of Universal Pictures

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